sabato,Aprile 27 2024

Operazione Atto Quarto a Reggio, Bombardieri: «Imprenditori da vittime a complici e ‘ndrine che si rigenerano: occorre costanza nel contrasto» – VIDEO

Arresti e sequestri eseguiti questa mattina contro le cosche di 'ndrangheta Libri e Tegano - De Stefano

Operazione Atto Quarto a Reggio, Bombardieri: «Imprenditori da vittime a complici e ‘ndrine che si rigenerano: occorre costanza nel contrasto» – VIDEO

«Questa operazione pone alla nostra attenzione due aspetti di estrema gravità: la costante pervasività delle ‘ndrine Libri, Tegano e De Stefano, a Reggio Calabria e oltre, e la loro capacità di riorganizzarsi sul territorio. Nonostante le indagini e gli arresti precedenti, continuano ad infiltrandosi pericolosamente nell’economia e a gestire affari addirittura dal carcere.

Un potere esercitato facendo leva su imprenditori compiacenti. Imprenditori vittime di intimidazioni e ricatti che, di fatto cedendo al pagamento delle somme estorte e poi andando oltre, diventano complici del malaffare».

Questo il quadro complesso delineato dal procuratore capo della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, in occasione della conferenza stampa svoltasi in questura questa mattina.
Con il questore della provincia di Reggio Calabria, Bruno Megale, il capo della Squadra Mobile di Reggio Calabria, il primo dirigente Alfonso Iadevaia, il vice questore aggiunto Paolo Valenti, il procuratore ha illustrato l’operazione Atto Quarto. Inferto, nelle prime ore di questa mattina, un duro colpo alle cosche di ‘ndrangheta Libri e Tegano – De Stefano del mandamento di centro di Reggio Calabria. In mano a loro si trovavano alcune aree della città.

I numeri dell’operazione


In fase preliminare eseguite a Reggio Calabria e in altre città italiane, misure cautelari a carico di 28 persone soggetti (23 in carcere e 5 agli arresti domiciliari). Allo stato sono indagate per associazione mafiosa, estorsione, tentato omicidio, detenzione illegale di armi, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Sequestrato il compendio aziendale di 11 società riconducibili ad imprenditori ai quali è stato contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.


Condotta dalla Squadra Mobile della Polizia di Stato, con il coordinamento della Dda di Reggio, in fase esecutiva si è avvalsa anche del personale della Sisco di Reggio Calabria, della divisione Anticrimine e dei commissariati distaccati, delle Squadre Mobili di Bologna, Brindisi, Catanzaro, Cuneo, Verbania, Verona e Udine, Crotone, Cosenza, Enna, Catania, Messina, Siracusa. Hanno collaborato anche equipaggi dei reparti Prevenzione Crimine di Calabria e Sicilia. La denominazione Atto Quarto si deve al fatto che essa costituisce il naturale seguito delle investigazioni note come Theorema – Roccaforte, Libro Nero e Malefix.


Le intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche e le dichiarazioni imprenditori vittime di estorsione, hanno condotto all’operazione di oggi. Emerge con chiarezza un molteplice ruolo degli imprenditori, quelli collusi, quelli intimiditi, quelli coraggiosi. Quest’ultimi hanno consentito di portare alla luce un accordo stabiliva una vera e propria spartizione delle zone dove esercitare la pressione estorsiva.

Le direttive dal carcere

Indicazioni venivano fornite anche in stato di detenzione, come nel caso di Edoardo Mangiola, capo del locale di Spirito Santo. «Già detenuto, perché tratto in arresto nel corso dell’operazione Malefix, attraverso l’utilizzo di telefoni citofono abilmente modificati, occultati e introdotti all’interno degli istituti di pena ove era recluso, continuava a gestire affari e a impartire direttive». Lo ha spiegato il capo della Squadra Mobile di Reggio Calabria, il primo dirigente Alfonso Iadevaia.

«Fattiva era la collaborazione del figlio Beniamino che, per esempio, era stato incaricato dal padre detenuto di recuperare una partita di 800 gr di cocaina da un garage del Nord Italia da destinare allo spaccio in Calabria. Soprattutto nel periodo di detenzione, dunque Mangiola, si metteva in contatto con il figlio e con gli altri sodali. Era avvenuto anche in occasione di altre compravendite di droga per esempio con soggetti catanesi». Lo ha spiegato il vice questore aggiunto Paolo Valenti.

Ruoli di vertice anche durante e dopo la detenzione

«Abbiamo constatato che molti dei soggetti raggiunti oggi da misura cautelare, erano già stati condannati e avevano già scontato la pena in carcere per reati e contesti analoghi. Dunque una volta tornati in liberà non solo hanno ripreso il ruolo di vertice nella consorteria, ma lo hanno anche rafforzato. Un quadro preoccupante che evidenzia l’altissima capacità di rigenerazione delle cosche. Una situazione che non ci consente di abbassare la guardia, imponendoci di essere costanti e continui nella nostra azione di contrasto e di investigazione repressiva.

Un’azione che certamente necessita di uno sforzo investigativo notevole. Anche se nessuno già oggi si risparmia, dobbiamo fare di più. Serve uno sforzo di sistema, occorrono forze di polizia giudiziaria sufficienti, che siano ancora più numerose e stabili. Sappiamo essere, questa degli organici, una criticità nazionale ma se il contrasto alla ‘Ndrangheta è un’emergenza, si rivela essenziale e necessaria un’attenzione adeguata», ha sottolineato il procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri.

Pervasività e capacità di rigenerazione


«Abbiamo rilevato una perdurante operatività della cosca Libri e dei sodali che detenevano il controllo in diversi quartieri di Reggio quali Cannavò, Condera, Reggio Campi, Modena, Ciccarello, San Giorgio extra e anche Gallina, Mosorrofa, Vinco e Pavigliana e anche nella zona centro di Reggio Calabria. Un’ampia porzione di territorio a fronte di un’altrettanta estesa influenza esercitata inquinando l’economia del territorio. Ma questa indagine ha anche messo in luce un’attività virtuosa di alcuni imprenditori che hanno deciso di denunciare la pressione ricattatoria che subivano. Un risultato importante che prosegue nel solco della recente visita del ministro dell’Interno Mattero Piantedosi venuto a Reggio per blindare gli appalti per la costruzione del Museo del Mare», ha sottolineato il questore di Reggio Calabria, Bruno Megale.

Gli imprenditori collusi, quelli intimiditi e quelli coraggiosi

«C’è una porzione di imprenditoria collusa che ha prestato il fianco alla ‘ndrangheta, traendo vantaggio dalla collaborazione con le cosche, alimentando e rendendo possibile l’accrescimento di questo potere. Ci sono dunque imprenditori che da vittime sono diventati complici.
Al di là pagamento del pizzo per salvaguardare l’incolumità propria, della famiglia e del cantiere ci sono anche imprenditori che si sono lasciati favorire dalla vicinanza della cosca. Hanno così contribuito ad alterare il libero mercato, inquinando l’economia nel loro settore e non solo. Sono arrivati a gestire illecitamente subappalti e a farsi garanti anche di risoluzione di problemi in altre regioni per conto delle cosche.

Insomma un malaffare che trova sponda e così accresce il suo potere e la sua portata lesiva dell’economia legale. Questo però alla lunga non paga, come dimostra l’operazione odierna cui alcuni compendi aziendali sono stati sequestrati. Questa è per noi occasione per ribadire che chi voglia denunciare avrà lo Stato al suo fianco», ha concluso procuratore capo della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri.

Durante la conferenza stampa anche l’appello gli imprenditori rivolto dal capo della Squadra Mobile di Reggio Calabria, Alfonso Iadevaia. «Allearsi con le ‘ndrine non conviene. Siamo oggi in grado di intercettare e di contrastare queste cointeressenze e dunque il risultato è quello di perdere l’azienda e l’attività lavorativa di una vita. Invece, denunciare contribuisce a indebolire l’organizzazione mafiosa e a fare arretrare le pretese della ‘ndrangheta».

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