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“Atto quarto”, il diktat degli affiliati: armi e agguati per «riprendere piede»

Così si organizzavano per trovare nascondigli e punire tradimenti: il tentato omicidio Baggetta per vendicare una presunta relazione sentimentale

“Atto quarto”, il diktat degli affiliati: armi e agguati per «riprendere piede»

«Dobbiamo vedere come dobbiamo fare a prendere un’altra volta piede, abbiamo perso terreno in tutte le maniere compare a tutte le parti». Erano questa le preoccupazioni in merito al futuro della cosca e della sua influenza negli equilibri della realtà criminale mafiosa della città. Una realtà emersa chiaramente dai dialoghi intercettati e confluiti nell’operazione “Atto quarto” che ha colpito le cosche reggine Libri, Tegano e De Stefano.

Attività investigative

L’attività investigativa ha permesso di ricostruire fatti di sangue, risalendo a mandanti ed esecutori. Un episodio in particolare, riportato nelle carte dell’operazione, vede mandante Domenico Sartiano, condannato a 13 anni di carcere nel processo “Theorema” contro il clan Libri, Edoardo Mangiola (cl. ’80) e Filippo Dotta (cl. ’69), finiti in manette nell’ultima operazione, sarebbero secondo l’accusa gli esecutori dell’agguato. Si tratta, per gli inquirenti, di soggetti appartenenti alla cosa Libri.

Le armi

In particolare, viene ricostruito come Mangiola e Dotta, si adoperavano, nell’arco di un periodo di tempo che va dal 21 aprile 2017 al 3 maggio 2017, per trovare un luogo sicuro all’interno dell’area territoriale ricadente nel dominio del gruppo criminale, zona di San Cristoforo e dintorni, per occultare armi e mezzi per compiere azioni criminali nell’interesse della cosca.
«Mangiola chiedeva espressamente l’aiuto del sodale Dotta per individuare un luogo sicuro ove occultare degli oggetti, inizialmente non definiti, ma che il contenuto delle successive intercettazioni, permetterà di identificare chiaramente, quantomeno in una pistola e in uno scooter.

Il sito da individuare non solo doveva risultare adeguato per nascondere tali oggetti, ma doveva essere un luogo facilmente accessibile agli associati per permettere loro di raggiungerlo e di attivarsi prontamente in caso di necessità [MANGIOLA: …(inc.)… un angolo, un angolo… (inc.)…. per essere però sempre sotto le nostre… hai capito? Per poter andare tranquillamente e poter partire tranquillamente se dobbiamo fare qualcosa]».
Per gli inquirenti l’operato dei due è «indicativo del forte legame solidaristico, in forza del quale il Dotta si metteva immediatamente a disposizione nel prestare un pronto e celere aiuto al Mangiola, il quale aveva la necessità di occultare un’arma».

Il tentato omicidio

Un’organizzazione che portò a quanto accaduto il 17 maggio 2017 alle ore 6.50 circa. «Era stato posto in essere da due soggetti all’epoca non identificati, un tentato omicidio nei confronti di Antonio Baggetta. La vittima, che si trovava a bordo della propria autovettura». Due uomini che indossavano entrambi il casco integrale, avvicinatosi all’autovettura, fecero esplodere sei colpi di pistola colpendo la vittima in varie parti del corpo.
Le indagine hanno permesso di ricostruire l’accaduto e di individuare precise responsabilità penali. La comune appartenenza di tutti e tre i soggetti alla cosca Libri rappresenta per l’accusa il dato che «cementifica la sussistenza di una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti sussistenti
a carico di tali indagati».

Un delitto passionale. L’attività di indagine attivata dalle forze dell’ordine intervenute sul posto, ha permesso di accertare l’esistenza di una relazione sentimentale clandestina tra Baggetta e l’ex moglie di Sartiano. «In particolare, le dichiarazioni della donna rivelavano come il Sartiano avesse scoperto la relazione clandestina tra i due e, non tollerandola, in passato si era reso autore di condotte violente e minacciose. In particolare, due anni prima aveva già fatto incendiare le autovetture di entrambi, rivelando a terzi la paternità del gesto determinato dalla non accettazione della relazione».

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