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L’INTERVISTA | Codice Rosso a Reggio Calabria, scatta il primo braccialetto antistalking: l’Arma in prima linea a tutela delle vittime

La necessità di fare prevenzione e l’importanza di informare per essere consapevoli che violenza e maltrattamenti sono spesso solo dei reati sentinella che anticipano il femminicidio

L’INTERVISTA | Codice Rosso a Reggio Calabria, scatta il primo braccialetto antistalking: l’Arma in prima linea a tutela delle vittime

Abbiamo parlato di femminicidio in modo costante. E da novembre in poi tutto è cambiato. Quel fenomeno che era entrato nelle nostre case come un mero fatto di cronaca alla fine, dopo l’ennesima vita spezzata, è riuscito a infrangere il muro dell’indifferenza. A farlo è stata Giulia che morendo per mano del suo ex fidanzato ha lacerato per sempre le coscienze di tutti. Costringendoci, di fatto, a fare i conti con una sola realtà plausibile: Giulia potrei essere io. La prossima potrebbe essere mia madre, sorella, amica o compagna.

Da Giulia in poi

Giulia non è morta invano perchè la sua sofferenza ha portato l’intero paese a guardarsi dentro. E il risultato è stato al dir poco inequivocabile: denunce aumentate. E Reggio Calabria non è stata da meno. Fari puntati verso quei casi di Codice Rosso con chiamate che l’Arma dei Carabinieri ha gestito e continua a gestire con grande professionalità e umanità. Uno sguardo severo contro gli aggressori e una mano tesa per tutelare le vittime.

Il primo braccialetto antistolking a Reggio

In questo contesto che ha visto Reggio reagire in linea con il resto d’Italia, ovvero, aumentando le segnalazioni di violenze, non solo fisiche ma anche verbali e psicologiche, e maltrattamenti in famiglia, è scattata per la prima volta nella provincia reggina la nuova misura prevista dal Codice Rosso: il braccialetto anti stalking.

Una misura cautelare da valutare in seguito a una denuncia e un’indagine in corso e richiesto dal giudice come misura di protezione della vittima. In questi casi i dispositivi sono due: il braccialetto e un dispositivo in possesso da parte della vittima che l’avverte qualora l’aggressore si avvicini troppo; contemporaneamente un segnale allerta le forze dell’ordine che mandano una pattuglia a controllo.

Il vero volto del femminicidio

Riuscire a raccontare il vero volto del femminicidio, riuscire a prevenirlo e conoscere quali siano gli strumenti e i metodi per proteggersi è il primo passo per una consapevolezza necessaria per evitare l’ennesima tragedia. Dopo Giulia il dato non è di certo diminuito a fronte dell’aumento delle denunce. Proprio per questo abbiamo parlato con chi a quelle denunce da un volto e un nome ogni giorno. Con chi interviene tempestivamente e non lascia mai la vittima da sola. Con chi protegge e tutela le vittime proprio da chi, magari, ha sempre detto di amarle.

L’intervista

Abbiamo parlato con il sotto tenente Giusy Gambino del Comando Provinciale di Reggio Calabria. Da sempre impegnata in un settore delicato come quello della gestione dei Codici Rossi, ha voluto evidenziare come sia necessario preliminarmente fare chiarezza e conoscere i reati di cui stiamo parlando.

La recrudescenza degli episodi di femminicidio, cosa è il femmincidio e cosa ci insegna il caso di Giulia:

«Gli episodi di femminicidio hanno segnato drammaticamente le pagine di cronaca italiana. Dai dati ISTAT apprendiamo che, tra gennaio e dicembre 2023, si sono consumati oltre cento casi di femminicidio. Sotto questo profilo occorre fare una precisazione: non tutti gli omicidi di donne sono anche femminicidi. Per femminicidio si intende, infatti, un omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna è uccisa da un individuo per motivi basati sul genere.

L’espressione “violenza contro le donne basta sul genere”, così come definita nella c.d. “Convenzione di Instanbul”, designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale o che colpisce le donne in modo sproporzionato. La violenza è qualsiasi atto che comporta o che è probabile che comporti una sofferenza fisica, sessuale o psicologica  o una qualunque forma di sofferenza alla donna  comprese le minacce di tali violenze, forme di coercizione e forme arbitrarie di privazione di libertà. Casi come quello di Giulia ci insegnano come sia fondamentale riconoscere i segni di relazioni tossiche e denunciare immediatamente qualunque forma di abuso al fine di scongiurare drammatici epiloghi. Denunciare significa affidarsi all’organi di polizia ed è un atto di fiducia nelle Istituzioni».

I reati per cui sono registrate maggiori denunce quali sono? Sono state registrate nuove tipologie di reati in tal senso?

«Reati per cui vengono registrati i maggiori numeri di denunce sono quelli di maltrattamenti in famiglia. Una tipologia di reato che si realizza, principalmente, tra le mura domestiche, ovvero proprio nel luogo in cui ci si dovrebbe sentire più al sicuro.

Altri reati sono gli atti persecutori. Il reato posto in essere da una persona che è legata da relazione affettiva alla vittima e che ingenera in quest’ultima un perdurante e grave stato di ansia e di paura, ingenera un fondato timore per la propria incolumità e che determina un cambiamento nelle proprie abitudini di vita. L’ Art 612 ter (inserito con legge 69/2019) così detto “revenge porn” (vendetta pornografica). Si tratta di una pratica posta in essere dall’ex partner per vendicarsi di qualcuno diffondendo illecitamete materiale sessualmente esplicito.

Bisogna poi indicare altre forme di reato correlati, i c.d. “reati spia”: le percosse, le lesioni, le minacce, le molestie a mezzo telefono. Spesso sono proprio i reati sentinella che denotano la presenza di una situazione ben più grave e che si manifestano, nella maggior parte dei casi, al pronto soccorso. In tal senso il personale sanitario ha uno specifico obbligo di denuncia di quanto refertato.

Come sta reagendo l’Arma all’aumento delle segnalazioni? Come sono gestiti concretamente i codici rossi?

La presenza dell’Arma sul territorio della nostra regione è capillare anche per quanto riguarda il sostegno alle vittime. Le stazioni costituiscono il primo presidio cui le donne possono rivolgersi per chiedere aiuto. Proprio perché la prima accoglienza rappresenta un momento di cruciale importanza, è posta una particolare attenzione sul momento della denuncia della vittima. E sono state create stanze protette. Si tratta di luoghi sicuri dove le vittime, sia donne che bambini, possono raccontare, supportati da professionisti, i reati subiti.  

A partire dal 2015 è stata avviata una collaborazione con l’associazione Soroptimist e sono state create otto stanze dedicate all’ascolto delle vittime vulnerabili. Le stanze sono denominate “una stanza tutta per sé”. Si tratta di una citazione di Virginia Woolf che indicava, con questa espressione, un luogo intimo e privato in cui scrivere il proprio romanzo. Le storie delle quali siamo testimoni in quelle stanze sono, spesso, racconti a tinte fosche. Ci piace pensare però che, proprio quel momento di racconto, costituisca il punto di partenza per la riscrittura di un nuovo romanzo in cui si intraveda il bello e l’uscita dal tunnel della violenza.

L’ Arma pone una particolare attenzione alla formazione del personale, curata presso appositi istituti di formazione che prevedono corsi specifici. Creata una rete dedicata ai reati di violenza di genere composta da Ufficiali di p.g. scelti per particolari inclinazioni professionali e personali. La rete rappresenta un bacino di professionalità esperto nel settore a disposizione dei militari delle stazioni.

Con circolare del Comando Generale del 29 novembre 2023 viene ribadita l’importanza del primo intervento.

«Ogni segnalazione di episodi di maltrattamenti, violenze e atti persecutori nei confronti di vittime vulnerabili viene gestita, fin dal primo momento, con la massima attenzione. Adeguata sensibilità e nell’osservanza delle procedure stabilite. Altrettanto tempestiva è l’interlocuzione con l’Autorità Giudiziaria per l’adozione dei provvedimenti indispensabili a evitare conseguenze ulteriori del reato. A Reggio Calabria, di concerto con l’A.G., è stata avviata la procedura per l’applicazione del braccialetto elettronico come misura di cautela della vittima. Le donne, inoltre, dopo aver sporto denuncia non sono abbandonate. Si segnala infatti la possibilità per le vittime di violenza di essere inserite in strutture protette e di ottenere sostegno psicologico e legale gratuito».

In termini di prevenzione come è possibile tutelare le possibili vittime prima di arrivare al reato?

«In tema di prevenzione sono stati fatti numerosi passi avanti. Basti pensare all’ultimo dispositivo normativo: la legge 168 del 2023. Il dispositivo si pone l’obiettivo di colmare le lacune del codice rosso rafforzando le procedure e gli strumenti di tutela delle vittime così da garantire una preventiva ed efficace valutazione del rischio di letalità, di reiterazione e recidiva. Si tratta di un pacchetto di misure che potenziano l’intervento delle forze dell’ordine nella fase delle indagini e che anticipano le tutele. L’ ammonimento del questore è così esteso ai reati sentinella.

La misura di prevenzione (sorveglianza speciale di ps e obbligo di soggiorno)è applicata anche ai soggetti indiziati dei delitti più ricorrenti nella violenza contro le donne e nella violenza domestica. Quanto alle misure precautelari è consentito l’arresto in flagranza differita, superando la difficoltà operativa che l’arresto ha sino a oggi incontrato con riferimento a reati come stalking e maltrattamenti in famiglia che, avendo natura abituale, si compongono di una pluralità di atti non sempre accertabili dalle forze dell’ordine in occasione dell’intervento. Sempre in ottica prevenzione cruciali le norme su rafforzamento delle misure cautelari e dell’uso de braccialetto elettronico.

Se ci riflettiamo si tratta di misure che intervengono nel momento in cui i reati, pur non essendo ancora giunti a epiloghi drammatici, in parte si sono già manifestati. I reati trattati sono connotati da una forte matrice culturale e sociologica, sono il frutto di stereotipi e di una malsana concezione della relazione di coppia. Per parlare di prevenzione bisogna ragionare, quindi, su un altro aspetto: quello della formazione, dell’educazione a una corretta vita sentimentale».

Il ruolo dell’Arma

«L’Arma dei Carabinieri, da sempre attenta alla particolare tematica, ha spesso organizzato incontri formativi per parlare delle principali questioni correlate alla violenza affinché si abbia una conoscenza di quelli che sono oggi gli strumenti a disposizione delle donne. È necessario, affinché reati di questo tipo non si verifichino più, creare momenti, come quello di oggi, di divulgazione dell’informazione. La violenza contro le donne può e deve essere fermata, l’invito è quello al dialogo e alla denuncia perché noi possiamo aiutarvi».

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