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Gessi di cartone: furono sproporzionate le sanzioni a Caminiti, il medico che diffuse le foto dello scandalo al Gom

Un caso che aveva fatto discutere l’Italia intera. Ma dopo anni in tribunale la sentenza parla chiaro: condotta antisindacale dell’azienda ospedaliera

Gessi di cartone: furono sproporzionate le sanzioni a Caminiti, il medico che diffuse le foto dello scandalo al Gom

La Corte di Appello di Reggio Calabria con sentenza del 9 febbraio scorso ha accertato la natura antisindacale del comportamento messo in atto dal G.O.M. di Reggio Calabria nei confronti del dottor Domenico Caminiti. Il medico, rappresentante di Federazione Veterinari e Medici-FVM, che nel 2018 denunciò il caso relativo all’utilizzo di “gessi di cartone” al pronto soccorso. 

Per il medico era stata applicata una sospensione di 6 mesi, senza stipendio. L’accusa era di aver diffuso le immagini dei pazienti immobilizzati con cartone in una chat intersindacale. In questa erano presenti anche soggetti non dipendenti del “Riuniti”.

Le foto 

Le foto in una chat, successivamente rese pubbliche, avevano dato vita a uno scandalo nazionale. In seguito al quale la dirigenza dell’ospedale, allora guidata da Frank Benedetto, provò in tutti i modi a difendersi e a negare il ricorso a quelle forme “alternative” di assistenza ai pazienti. La Carte di Appello si è, quindi, pronunciata sull’appello proposto da FVM, accogliendo l’appello principale alla sentenza emessa il giorno 26 maggio 2021 dal Tribunale-GL di Reggio Calabria.

Per i giudici «la sanzione irrogata al dott. Caminiti costituisce comportamento antisindacale e pertanto, ordina all’Azienda Ospedaliera la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti con annullamento della suddetta sanzione». 

Lo scandalo nazionale

L’idea che Caminiti volesse «danneggiare l’azienda» con la divulgazione delle foto è stata esclusa. L’unico fine perseguito era «quello di denunziare nelle sedi competenti una situazione di criticità del Pronto soccorso». La condotta del dottor Caminiti per i giudici «costituisce piena espressione delle prerogative sindacali. Nel caso del Dirigente Medico che sia chiamato a svolgere anche le funzioni di rappresentante sindacale, implicano il potere -dovere di segnalare tutte le condizioni che possano essere fonte di svilimenti della dignità dei lavoratori. In questo caso medici, che sono chiamati a rendere un servizio di altissimo valore professionale nell’ambito del servizio sanitario nazionale. Infatti, l’essere costretto ad usare, suo malgrado, in una struttura ospedaliera pubblica, mezzi di fortuna per praticare atti medici indispensabili, costituisce indubbiamente lesione della dignità professionale di un medico o di qualsiasi operatore sanitario».

Le motivazioni 

Con queste motivazioni la sentenza pone fine a un vero e proprio incubo giudiziario. Infatti, il comportamento dell’allora direzione del Gom è stata definita «antisindacale». Questo perché «è logico che in tale ambito il rappresentante sindacale non debba essere limitato. E men che mai messo a tacere, pena la stessa mortificazione e soppressione delle libertà fondanti del nostro Stato, ma soprattutto della tutela dei lavoratori cui tale libertà è funzionale. Al di là di ciò è evidente la connotazione antisindacale della condotta dell’Azienda Ospedaliera anche per la chiara intenzione intimidatoria dell'”audizione” del dott. Caminiti che precedeva l’irrogazione della sanzione».

La sentenza

Confermato, dunque, anche in appello, come l’unico “peccato” commesso da Caminiti sarebbe stato «un atteggiamento poco avveduto» del medico. Caminiti «non ha tenuto conto che all’interno della chat intersindacale vi era un soggetto “terzo”» come l’ex dipendente e attivista sindacale Gianluigi Scaffidi. L’uomo libero dal rischio di sanzioni disciplinari, «ben avrebbe potuto, come in effetti ha fatto, divulgare agli organi di stampa le foto in questione». Ma l’“ingenuità” dell’ortopedico, secondo il Tribunale, non giustifica la sanzione ai suoi danni, ritenuta «fortemente sproporzionata e come tale illegittima».

Gli intenti 

La condivisione delle foto che mostravano pazienti con arti immobilizzati con cartone da imballaggio nella chat composta dai delegati aziendali dei sindacati accreditati presso il Gom era, dunque, coerente. E ciò «a maggior ragione se si considera che, in data 26.07.2018, si era svolto un incontro a “Palazzo Alvaro” sulle criticità nel pronto soccorso. 

Tale disamina aveva consentito al Tribunale di affermare che fosse più che plausibile che la divulgazione nella chat intersindacale delle foto in questione fosse funzionale. Tutto per precostituire una prova su una delle gravi carenze del Pronto Soccorso da sottoporre all’attenzione del tavolo tecnico che si sarebbe tenuto di lì a pochi giorni.

Se ne ricavava l’assenza dell’intenzione in capo al Caminiti di danneggiare l’immagine dell’azienda ospedaliera o di un fine diverso da quello di denunziare nelle sedi competenti una situazione di criticità del Pronto Soccorso». 

La reazione

«Una sentenza che fa giustizia, che speriamo possa chiudere definitivamente una brutta pagina di ‘autoritarismo’ e che riconosce l’importante ruolo di Domenico Caminiti: un medico e un sindacalista che ha a cuore la tutela dei diritti dei pazienti e dei colleghi, di un professionista impegnato per migliorare i servizi sanitari nella nostra bistrattata regione».

Questo il commento di Claudio Picarelli, segretario regionale di Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti-Fismu (componente di FVM): «I suoi appelli e la sua denuncia pubblica – aggiunge il segretario regionale di Fismu  – erano per la difesa di un bene comune, il suo impegno avrebbe meritato sostegno, attenzione e dialogo, non una sospensione da parte dell’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria». 

«Ora – conclude Picarelli – la Corte di Appello ha dato ragione a Domenico Caminiti, un medico coraggioso che ha passato per questo episodio anni di disagi e preoccupazione. È stata fatta giustizia».

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