venerdì,Aprile 26 2024

Reggio, una passeggiata archeologica con Michalis Lefantzis

Considerazioni e confronto di ipotesi tra lo storico Castrizio e l'archeologo greco, durante una visita tra i resti antichi della città

Reggio, una passeggiata archeologica con Michalis Lefantzis

«Nella vita, anche professionale, spesso occorre cambiare punto di vista, riguardare con occhi nuovi le cose che si crede di conoscere. Il risultato è sempre sorprendente, e se anche non tutte le suggestioni dettate dalla nuova prospettiva arrivano a risultati scientificamente convincenti, l’esercizio di non dare nulla per scontato è sempre arricchente. Nel caso in questione, una tale possibilità è stata offerta dall’architetto Michàlis Lefantzìs, Head of the Department of Archaeological Works & Studies – Ephorate of Antiquities of Athens, Hellenic Ministry of Culture, in una passeggiata sabatina per le principali aree archeologiche di Reggio, aperte grazie alla cortesia del Comune, nella persona della responsabile dott.ssa Daniela Neri, e dell’Associazione che le gestisce, tramite la dott.ssa Elisabetta Marcianò, durante la quale l’esperienza dell’archeologo ha permesso di aprire questioni scientifiche che dovranno trovare una risposta nei mesi che seguiranno».

Così scrive Daniele Castrizio, storico e docente di numismatica all’università degli Studi di Messina, nel racconto di una giornata molto particolare.

«Il primo sito esaminato è stato il c.d. Odeon di Via XXIV Maggio, per un periodo ritenuto erroneamente il teatro di Reggio in epoca classica ed ellenistica, e poi creduto un odeion (un teatro al coperto per concerti e conferenze) o una bouleuterion (la sede del Senato cittadino, la boulà). L’occhio del dott. Lefantzìs riconosce subito alcuni segni circolari sul masso posto all’estremità destra del manufatto, in prima fila, che ha riconosciuto come supporti per fissare un telone utilizzato per riparare dal sole gli spettatori. Di più, considerando la vicinanza con il tempio di Demetra e Kore, i cui resti sono nell’Area Griso-Laboccetta, l’architetto ha avanzato l’ipotesi, tutta da verificare, che la struttura di Via XXIV Maggio possa essere posta in relazione con il santuario, e configurarsi come una esedra nel giardino dello stesso.

Passati all’area Griso-Laboccetta, l’archeologo ha identificato nella struttura visibile uno ieròs oikos, l’abitazione delle sacerdotesse e il luogo dove si conservavano gli oggetti sacri del culto alle dee. Si tratta di due ipotesi mai avanzate in precedenza, su cui riflettere e studiare, con opportuni approfondimenti archeologici.
Passati in Via Marina, la passeggiata ci ha condotto alle Mura greche (giova ripetere, a beneficio degli eruditi, che “greche” è un termine cronologico convenzionale e non geografico) dove ci attendevano un paio di sorprese: la determinazione della lunghezza di un isolato nella neapolis di Rhegion, a pianta ortogonale “ippodamea” e il possibile tracciato di una strada greca, mare-monte. Entrambe le importanti scoperte dipendono da uno scolo di acque reflue che si identifica nelle mura, che viene posto sempre al termine di una via cittadina. La distanza fra la condotta idrica e la fine delle mura verso sud fornisce la lunghezza di un isolato, mai determinata prima. L’intuizione, ben fondata, meriterà ulteriori approfondimenti.


La maggiore scoperta è avvenuta pochi metri dopo l’uscita dalle mura, in direzione delle Terme romane: si tratta del monumento a Diego Vitrioli, per il quale rinnovo l’invito pressante a togliere dalla sommità del tripode in bronzo l’antiestetico globo luminoso, per il quale siamo derisi da tutti i turisti stranieri in visita alla città. Le due colonne angolari, con pianta a forma di cuore, sono state viste da me per quasi si decenni, e per tutto questo tempo ho creduto alla vulgata che le voleva colonne romane tardorepubblicane, ma, quando il dott. Lefantzìs è sobbalzato, identificandole come bizantine, tra la fine del V e la metà del VI secolo d.C., è come se un velo fosse caduto davanti ai miei occhi: sono di epoca probabilmente giustinianea, quando i Romei liberarono Reggio dalla gravosa dominazione dei Goti.

Secondo l’illustre archeologo, si dovrebbe trattare di parte del colonnato di un martyrion di forma ottagonale, forse eretto in onore della predicazione di San Paolo a Reggio. Data la forma, di solito gli archeologi del secolo scorso hanno spesso scambiato la chiesa ottagonale per un macellum. Se l’intuizione del dott. Lefantzìs cogliesse nel segno, avremmo un importante testimonianza cristiana di epoca bizantina, che valorizza il ruolo di Reggio quale prima diocesi in Italia.
Giunti alla fine della passeggiata, così stimolante dal punto di vista culturale, non mi resta che comunicare le raccomandazioni dell’illustre ospite, che invita a iniziare le ricerche per identificare il teatro, lo stadio e l’ippodromo della città antica, nonché l’arsenale militare, che ospitava, tra la fine del V e il IV secolo a.C., ben ottanta triremi da guerra. I nodi vengono al pettine: cento anni di eruditi senza competenze scientifiche e la mancanza di uno studio realmente archeologico della città, ci impongono di ricominciare da capo il lavoro di ricerca, per consegnare alle generazioni future il patrimonio antico di Reggio».

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