giovedì,Maggio 16 2024

Rocco Carbone, lo scrittore calabrese profeta da (ri)scoprire

Gli autori calabresi Giuseppe Aloe, Fabio Cuzzola, Gioacchino Criaco, Vins Gallico e Saverio Pazzano ricordano l’intellettuale dimenticato originario di Cosoleto nel reggino, nell’anniversario della sua tragica morte

Rocco Carbone, lo scrittore calabrese profeta da (ri)scoprire

Rocco Carbone è vivo e non è solo un fatto legato alle parole che, specie se si è stati scrittori come lui, sopravvivono, restano, decantano. È proprio un fatto di presenza di spirito e di ispirazione continua che in pochi lasciano dopo di sé. Ne sono convinti Giuseppe Aloe, Fabio Cuzzola, Gioacchino Criaco, Vins Gallico e Saverio Pazzano, tutti scrittori calabresi che hanno in comune una grande passione per la letteratura e quindi per Rocco Carbone. Abbiamo chiesto a loro di ricordarlo con noi e di raccontarci come continuano a vederlo e a sentirlo.
Così nel quindicesimo anniversario della sua morte che la memoria viva sfida, affidiamo il suo ricordo a questo e mosaico di voci.

Il romanzo di esordio di Rocco Carbone si intitola “Agosto” pubblicato nel 1993 ed è solo l’inizio. Seguono “Il comando” (1996), “L’Assedio” (1998), “L’Apparizione” (2002) e “Libera i miei nemici” (2005), e intanto collabora con Repubblica, L’Unità e Il Messaggero e matura la scelta di insegnare dentro il carcere di Rebibbia. “Per il tuo Bene” è il suo ultimo romanzo, pubblicato postumo nel 2009. Un incidente stradale stronca la sua vita di intellettuale profondo e originale la notte tra il 17 e il 18 luglio di 15 anni fa a Roma. Era nato a Cosoleto, nel cuore dell’Aspromonte, soltanto 48 anni prima.

Giuseppe Aloe: «La scrittura di Rocco continua a lavorarci dentro»

«In un luglio spasmodico, quello del 2018 a Reggio Calabria, con Gioacchino Criaco e Domenico Dara partecipammo a un convegno in onore di Rocco Carbone. La linea generale era di tracciare, anche se a sommi capi, un ritratto artistico dello scrittore calabrese. Ma alla fine della giornata mi resi conto che ci eravamo riusciti solo in parte. E non certo per la qualità dei relatori, ma per la difficoltà di tratteggiare la figura di Rocco Carbone. Perché a ogni libro, Carbone aggiunge o toglie qualcosa del precedente lavoro. Mette le cose su piani diversi, straluna.

Come se fosse uno che parlando da solo riesce a smentirsi. A leggerlo con attenzione pare conficcato in effetti in un sistema di composizione e decomposizione continua. Rendendo così indefinibile, o almeno difficilmente definibile, la sua dimensione letteraria. Naturalmente ci troviamo davanti ad uno scrittore unico nel panorama letterario italiano. Uno che sembra passare da un argomento all’altro con estrema facilità, riunendo in una sola scrittura anche scritture diverse. Ma proprio questo è il punto. Rocco Carbone aveva capito che la letteratura ha solo un compito: superare sé stessa.

E lui con caparbietà ha delineato la rotta per una letteratura differente. Qualcosa che va oltre i paradigmi che snaturata i confini, che sfascia le frontiere sicure, scaraventando sotto la pioggia i ripari delle belle conversazioni, dei tempi certi, degli appuntamenti. Tutto via in mezzo. Ed è proprio per questo che la scrittura di Rocco Carbone e la sua voce continuano a lavorarci dentro come una tarma che abbia trovato nei nostri pensieri la sua lana».

Gioacchino Criaco: «Rocco Carbone è la nostra terra»

«Rocco è stato soprattutto una sorpresa. Io sentivo parlare di lui in ambiti culturali molto importanti in termini veri e propria di venerazione. Io mi chiedevo da calabrese e aspromontano come potevo non conoscerlo. Spesso abbiamo le realtà più straordinarie accanto ma abbiamo bisogno di cambiare prospettiva, di spostarci dalla nostra terra sia dal punto di vista della natura che degli uomini per guardarla con l’occhio esatto. Così io lontano dalla Calabria ho incontrato Rocco, nonostante l’avessi avuto a due passi. E questo è dramma degli ultimi secoli di noi che stiamo al sud: abbiamo bisogno di una diaspora per poi avere un ritorno.
Così libro dopo libro l’ho scoperto. È stata un’avventura straordinaria. Nutrendomi di tutto quello che ha scritto e delle sue esperienze di vita, scelte che sono i grandi fare. Proprio in questi giorni ho ripreso a leggere “L’assedio”, ristampato da Rubbettino. Un libro fantastico che lo porta a stare tra i grandissimi della letteratura mondiale. Rileggendo, mi sono ritrovato per le vie di Reggio, la città di R che non si nomina, con questa tempesta questa pioggia di sabbia che durava settimane. Mi mancava il respiro insieme a lui.
Conoscere Rocco non è un evento letterario, è un evento di altro genere in occasione del quale conosciamo la nostra terra. In un certo Rocco era e sarà la nostra terra.
Non ha certamente avuto il riconoscimento che meritava ma per lui non avrebbe avuto importanza. Per lui contava infilarsi nel carcere di Rebibbia e parlare con le donne che stavano lì. Rocco Carbone non è morto sopra un motorino. Lui è vivo in quello che ha fatto ed è molto più vivo di tantissimi di noi che camminano e restano in piedi».

Fabio Cuzzola: «Rocco Carbone in classe per condividerlo con le nuove generazioni»

«Da anni Rocco Carbone è nel mio programma di quinta, al fianco di altri autori come La Cava e Costabile con buona pace dei programmi ministeriali.
Per sottrarre dall’oblio le loro storie, le loro opere. la migliore cosa è leggerli insieme ai ragazzi… in classe. È così quest’anno abbiamo vissuto l’esperienza di scoprire Carbone con il circolo Calarco, una collaborazione vivace, profonda che sono certo abbia lasciato una traccia nella vita di questi giovani. L’assedio parla anche di tutti noi, di come vogliamo stare al mondo ed è un messaggio forte che c’invita nonostante tutto a restare umani».

Vins Gallico: «Leggere Rocco Carbone per resistere all’assedio del tempo»

«Rocco Carbone è stato uno scrittore che si è trasformato profeta. Un autore che non viene riconosciuto nella sua terra d’origine. Un intellettuale che prevedeva forme pandemiche o psicopatologie religiose, e in pochi sono rimasti ad ascoltarlo. Pochi, ma in alcuni casi addirittura devoti. Nonostante la fama che doveva regalargli il libro di Trevi, vincitore dello Strega, Carbone è rimasto materiale letterario sottostante. Nascosto, marginale, di nicchia. Profondo, ma spesso invisibile.
Carbone con il suo stile novecentesco viene difficilmente copiato oggi, come se nessuno può usare la carta carbone con il suo stile. Carbone che affronta più volte la malattia della dimenticanza, della demenza senile paterna, diventa il territorio della lotta inconsapevole per non essere dimenticato. Come se l’apparizione (il suo romanzo più famoso) rischiasse di trasformarsi poi in sparizione.
Noi da abitanti della Calabria, da abitanti della letteratura dobbiamo provare a essere un occhio collettivo che legge e a resistere a questo assedio del tempo».

Saverio Pazzano: «Lo sguardo disincantato e puro, la cifra della sua scrittura»

«La sua scrittura precisa e asciutta. Ciononostante la sua acutezza descrittiva precisa al millimetro. La cura filologica nella creazione del testo. I suoi Stati Uniti come indagine letteraria, sociale, umana.
La provincia – mediterranea o americana – come racconto di ciò che saremmo diventati e siamo diventati. I suoi personaggi che rischiano di restare schiacciati dalla complessità del bene, dalla durezza delle scelte, dall’esperienza inevitabile del male di vivere e dalla traccia di luce, dalla comprensione lucida del mondo che ne discende. Il suo essere calabrese e, per questo, dover fare i conti con chi pretenderebbe che essere calabrese e scrittore significhi dover raccontare la Calabria o l’emigrazione e tenere magari toni oleografici. Ciò che ne fa uno scrittore dimenticato e ricordato, al contempo.

La sua poetica coerente e lucida, il suo mondo letterario severo e generoso.
Il suo lavoro di docente in carcere e il pudore dell’umano, qualcosa che somiglia all’espiazione e che ha la letteratura come cura.
Rocco Carbone è un intellettuale e uno scrittore grande e vero, uso per lui il tempo presente con la riconoscenza di un lettore che deve all’autore uno stile dello stare al mondo prima che una visione del mondo. Rocco Carbone possiede un modo disincantato e puro di posare lo sguardo sulle persone e sulle cose del mondo che è la cifra dello scrittore vero».

Articoli correlati

top