lunedì,Aprile 29 2024

“Volevo essere la Barbie”, il libro sulla storia di Davide Sgrò

Oggi il lancio in occasione del Pride a Reggio Calabria. Ne parliamo con l’autore, il giornalista Domenico Latino

“Volevo essere la Barbie”, il libro sulla storia di Davide Sgrò

“Volevo essere la Barbie, storia di Davide e ordinarie omofobie”. È questo il titolo del libro del giornalista Domenico Latino, edito da Officine Editoriali da Cleto, il cui lancio è previsto oggi in occasione del Pride a Reggio Calabria. Definito un “romanzo di formazione”, il libro racconta, attraverso sei appuntamenti con l’autore, la vita di Davide Sgrò, giovane attivista LGBTIQ+ di Catanzaro vittima di una serie infinita di atti omofobi, e della sua lotta contro i pregiudizi e le discriminazioni.

Una storia toccante – che svela retroscena e dettagli spaziando nella vita di Davide sin dall’infanzia, andando a raccontare momenti crudi e dolorosi – ma anche di resilienza e riscatto per la conquista della libertà e dei diritti di tutti, che può servire da esempio e da momento di riflessione, soprattutto per le giovani generazioni. Ne parliamo direttamente con l’autore Domenico Latino.

Come mai hai scelto di dar voce alla storia di Davide?

«È successo tutto per caso. Mi trovavo per lavoro a un galà di premiazione delle eccellenze calabresi a Gioia Tauro e c’era questo ragazzo appariscente, coi capelli colorati, cui veniva consegnato un premio di solidarietà. Per una serie di coincidenze sono capitato al suo tavolo e gli ho detto che la sua era una bella storia e che doveva scrivere un libro. Lui mi ha risposto che cercava proprio un giornalista che gli desse voce. E così è cominciato tutto. Sono andato a trovarlo a casa sua a Catanzaro e in sei appuntamenti mi ha raccontato tutta la sua vita, sin da quando era bambino. La sua è una storia molto travagliata che mi ha colpito molto e mi ha spinto a superare anche quei pregiudizi che, non ti nascondo, io stesso avevo all’inizio, perché Davide è molto appariscente, ostenta la propria omosessualità, mi ha colpito molto questo suo provocare di continuo e ho voluto capire perché».  

“Volevo essere la Barbie”, come mai hai scelto questo titolo?

«Davide mi raccontava che da piccolo giocava con la sorella con le bambole, con le Barbie, nello specifico. Allora gli ho chiesto se voleva essere come la Barbie e lui mi ha risposto di sì. Ma non perché gli piaceva la Barbie in sé ma perché gli piaceva Ken e quindi voleva essere al posto suo. Questa cosa mi ha colpito particolarmente e l’ho scelta come titolo.
Anche la prefazione scritta da Klaus Davi ha un motivo ben preciso. Perché è grazie a lui che a Gioia Tauro è stata intitolata, per la prima volta in Italia, una via a un martire del pregiudizio. Si tratta di Ferdinando Caristena, un commerciante ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1990 perché aveva una presunta tresca con un uomo che apparteneva a un clan».

Quale episodio della vita di Davide ti ha colpito di più e racconti nel libro?

«Sono tanti in realtà. Ad esempio, uno in particolare, quando è stato allontanato da una nota discoteca calabrese perché scambiava effusioni con il suo compagno. Il proprietario aveva paura che diventasse motivo di rissa e lo ha mandato via. Una cosa che ti fa riflettere: possibile che un ragazzo non possa andare col suo compagno a ballare e trascorrere una serata come qualsiasi coppia senza subire pregiudizi? Ancora, quando dopo tanti sacrifici è riuscito a comprare la sua prima macchina, un’utilitaria, e gliel’hanno imbrattata sotto casa con scritte omofobe. Ma anche il rapporto con i genitori, che non hanno mai accettato la sua omosessualità, il rapporto con la nonna, sempre pronta ad accoglierlo quando veniva allontanato da casa, e con la sorella, sulla quale lui si è espresso così: “Io e mia sorella siamo due anime in due corpi sbagliati”.

Mi ha colpito anche il fatto di come lui abbia scoperto la sua omosessualità, a 13 anni capendo che gli piacevano i compagni anziché le compagne pensava di essere “malato” e allora tornato a casa di nascosto dai genitori ha preso il vocabolario per approfondire il significato della parola gay. Infine, quando in terza media ha avuto il coraggio di rivelarsi a un suo compagno di classe è diventato vittima di bullismo e si è ritrovato isolato in classe, insultato, anche con scritte nei bagni della scuola».

Il tuo libro è stato definito un romanzo di formazione…

«Davide mi ha raccontato tutta la sua vita, da quando era bambino ad oggi che è un giovane adulto. La sua storia è serviva tantissimo prima di tutto a me, aiutandomi a superare i pregiudizi iniziali che avevo e spero che serva anche agli altri. Io l’ho scritto con il cuore, per raccontare la sua testimonianza sino ai giorni nostri che è stato costretto ad andare via dalla Calabria».

Se Davide non fosse nato in Calabria sarebbe cambiato qualcosa?

«È una domanda che ho fatto io stesso a Davide e che troverai nel libro. Sinceramente no. Penso che sia una questione diffusa, non ci sono più pregiudizi al Sud rispetto ad altri luoghi. Davide stesso mi ha risposto così: “non sarebbe cambiato nulla se fossi stato a Napoli piuttosto che a Roma”.

Del resto, ci sono tante belle storie che vanno oltre i pregiudizi. Più che l’omosessualità in sé a volte ciò che fa scatenare reazioni discriminatorie è l’ostentazione. Chi vive la propria omosessualità in modo discreto magari uscendo in giacca e cravatta, viene preso meno di mira rispetto ad un giovane che va in giro con la gonna, i tacchi alti, gli orecchini e i capelli colorati. Oggi poi lo stesso Davide ha notato che, forse con la complicità dei social, c’è molta più cattiveria nei giovani rispetto al passato, persino le battute sono fatte per far male, per ferire. Bisogna dire, però, che dopo le scritte omofobe Davide ha ricevuto tanta solidarietà dalla gente calabrese, hanno organizzato anche una fiaccolata. Il suo sogno è quello di organizzare il primo Pride a Catanzaro e potrebbe riuscirci già per il prossimo anno».

Quella di Davide è anche una storia di “resilienza”. Che messaggio può offrire?

«L’obiettivo principale di questo libro è quello di contribuire al contrasto dell’omofobia. Spero che lo possano leggere i ragazzi nelle scuole, perché è proprio tra i banchi di scuola che inizia tutto e mi auguro che Davide possa avere la possibilità di portare la sua testimonianza agli adolescenti ed aiutare, con il suo esempio, ad abbattere gli stereotipi e i pregiudizi. Chi sfoglia le pagine di questo libro rimane colpito dalla sua testimonianza ed è spinto a riflettere, a ricredersi. La speranza è che in futuro ci possa essere una società molto più inclusiva di quella di oggi».

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