sabato,Maggio 11 2024

Reggio-Milano, le origini del commissario Bertè: protagonista dei gialli di Emilio Martini

Mezzo milanese e mezzo reggino, probabilmente di Bagnara, come il cognome, tributo a Loredana Bertè. A raccontare la storia dell’amato poliziotto col codino è la scrittrice Michela Martignoni

Reggio-Milano, le origini del commissario Bertè: protagonista dei gialli di Emilio Martini

Coda lunga e brizzolata, taglia troppo large e origini calabresi, anzi reggine, probabilmente di Bagnara, così come il cognome, un tributo a Loredana Bertè. È questo l’identikit del commissario Gigi Bertè protagonista dei gialli di Emilio Martini, dietro cui si nascondono, neanche in maniera troppo celata, le due sorelle scrittrici, Elena e Michela Martignoni. IlReggino.it ha raggiunto telefonicamente quest’ultima che ci ha raccontato i retroscena delle origini dell’amato poliziotto col codino, mezzo milanese e mezzo calabrese con genitori e nonni di una immaginaria Santa Priscilla.

Chi è Gigi Bertè?

Gigi Bertè è il fortunato protagonista di circa quindici romanzi noir editi da Corbaccio della serie “Le indagini del commissario Bertè”, dirigente del commissariato di una inventata Lungariva nella riviera ligure, in realtà Santa Margherita.

Partita nel 2012 con “La regina del catrame” la serie è arrivata all’ultimo episodio uscito nel giugno scorso “L’uomo del Bogart Hotel”. Frutto della mente di Emilio Martini, pseudonimo scelto dalle due sorelle milanesi per raccontare le inchieste di un poliziotto autentico e reale, in salsa calabrese. In realtà Bertè è un «mezzosangue», milanese ma con origini calabresi e opera in Liguria.

Come nasce questo poliziotto calabrese sui generis da due scrittrici milanesi?

«Io e Elena eravamo alla ricerca di un protagonista che legasse i racconti noir che avevamo scritto. E io un giorno lo vidi in un commissariato di zona dove mi ero recata per sporgere denuncia per uno scippo che avevo subito. Coda di capelli brizzolata quasi fino alle ginocchia, con questi occhi pazzeschi, un po’ sporgenti, neri, un pirata. “Che tipo” pensai, questo è il nostro personaggio letterario e dissi ad Elena “lo abbiamo trovato”. Seppi dopo che era il commissario Luigi Negro, oggi in pensione, peraltro Gigi come il nostro Bertè, una coincidenza pazzesca. Capì subito che era un uomo del Sud, evidente dai colori dall’accento, ma da lombarda non fui in grado di capire la regione di provenienza e lo immaginai subito calabrese. Scoprimmo poi che era pugliese, ma per noi Gigi Bertè era e rimaneva calabrese e Santa Priscilla in Calabria».

Santa Priscilla come Bagnara

«Piccola postilla: né io né mia sorella siamo mai state in Calabria, ce ne siamo fatte un immaginario fiabesco e decidemmo fin dall’inizio che il nostro commissario doveva essere un uomo di mare, che provenisse da questo luogo di mare, questa Santa Priscilla in Calabria di cui è originario il padre, anch’egli irreprensibile poliziotto, la nonna Peppa, questa nonna calabrese di sani principi, profondamente religiosa, etica, perché l’intento era di creare un personaggio positivo che finalmente ridesse un po’ di fiducia nella figura istituzionale del commissario, negli uomini di legge che effettivamente sono giusti. Nel nostro immaginario Santa Priscilla dove essere un paese proprio di mare forte dove appunto questa nonna è cresciuta così, il nonno lo portava a pescare con questo barchino che si chiamava Peppa come la nonna e ascoltava le romanze che il nonno gli cantava in mezzo a questo mare incantato. Un po’ come Bagnara, da dove origina proprio la Bertè che porta lo stesso cognome».

Bertè quale tributo a Loredana?

«Anche il cognome infatti è stato scelto pensando a Loredana Bertè. Sia io che Elena abbiamo cercato un cognome calabrese, facile da ricordare e abbiamo pensato subito a lei, perché è una persona che a me è sempre piaciuta, quindi il suo cognome era perfetto. Nell’ultimo romanzo, c’è anche l’ispettore Romeo, cui abbiamo scelto di dare cognome e origini calabresi. Un personaggio che è piaciuto molto, perché rappresenta il bravo poliziotto, un buono, di sani principi, proprio come Parodi, l’aiutante di Bertè in Liguria, entrambi rappresentano quella parte di forze dell’ordine che merita di essere osannata».

E poi c’è “la Marzia”…

«Sì, tra i personaggi da cui è circondato Bertè c’è la Marzia, la sua compagna, che peraltro esiste davvero. Una donna con un volto dolcissimo, di taglia abbondante che però le sta benissimo perché fa parte di quelle donne che riescono ad essere bellissime aldilà della taglia e lui si è innamorato di questo. Abbandonando le sue convinzioni sulla magrezza, il fisico perfetto, abbandonando in sostanza la parte milanese. Perché in lui c’è sempre questo dualismo che gli viene dalla mamma lombarda e dal padre calabrese e soprattutto dalla presenza della nonna, la sua coscienza».

La coscienza “bastarda”?

«Sì. Nessuno l’ha mai colto ma la voce della “coscienza bastarda” che lo frena, continuando a sottolineargli ogni cosa sbagliata è quella della nonna. Gigi Bertè, infatti, è cresciuto in Calabria, dove passava praticamente tutte le estati con il nonno e la nonna. Lui voleva bene a questa donna, aveva un legame profondo, ma lei non gliene perdonava una e gli aveva insegnato, sin da piccolo, a farsi l’esame di coscienza prima di dormire. Così anche da adulto, questa coscienza lo avverte, lo salva dagli errori o lo rimprovera se li ha commessi, proprio come la nonna calabrese, rigida ma al contempo vicina e accogliente».

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