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Libri, Elisabetta Villaggio: «C’è un po’ di Fantozzi in ognuno di noi»

Ospite della Fondazione Marino, ha raccontato del suo libro, nato da un punto di vista privilegiato di figlia del celebre attore e scrittore

Libri, Elisabetta Villaggio: «C’è un po’ di Fantozzi in ognuno di noi»

«C’è un po’ di Fantozzi in tutti noi. Un personaggio goffo buffo e un po’ imbranato. A tutti è capitato qualcosa che ci ha fatto esclamare “Oddio mi sento Fantozzi”».

Così Elisabetta Villaggio, ieri sera, ospite della Fondazione Giuseppe Marino all’Accademia LA Gourmet di Filippo Cogliandro, per presentare “Fantozzi dietro le quinte. Oltre la maschera la vita (vera) di Paolo Villaggio” (Baldini+Castoldi), con la prefazione di Laura Delli Colli.

Nella serata moderata dalla giornalista di Lacnews24 e il Reggino, Anna Foti, dopo i saluti del presidente Antonio Marino, ha interagito con l’autrice Domenico Laboccetta del circolo del cinema Cesare Zavattini di Reggio Calabria. L’incontro è stato impreziosito dalle letture dell’attore Mario Berretta e dall’intervento musicale di Marco Pinto e Peppe Zuccalà, voce e chitarra dei Faber Quartet. In conclusione la “cena Fantozziana” proposta da chef Cogliandro.

«Eravamo un pubblico diretto senza fronzoli che avrebbe detto la verità». Da qui si snoda il racconto tutto personale dell’autrice che parte da quella sera del 1975 nella quale tutta la famiglia parte per vedere la prima di Fantozzi al cinema. Ma Paolo Villaggio (eclettico ed eccellente in tanti ambiti) non si accontenta di tastare l’umore del cinema vip, ma fa il giro di altri posti nei quali era proiettato il suo primo film.

Perchè il mondo di Fantozzi, nome di un collega ragioniere dello stesso Villaggio, parte dalle strisce dell’Europeo, per poi finire in un racconto e fruttare ben otto libri.
«Un soggetto – chiosa Laboccetta – che porta a riflettere nel Pantheon dei personaggi che lo circondano e che sono parti di noi. Sono specchio che proietta il mondo interiore.

«Mio padre si è sempre divertito ad esibirsi». La figlia dell’attore ricorda così la prima volta sul palco, quando non potè esibirsi Enzo Iannacci. Da lì l’incontro con Maurizio Costanzo che aveva un piccolo teatro ai Parioli e, davanti alla tipica focaccia col formaggio ligure, nacque un sodalizio che portò tutta la famiglia a trasferirsi a Roma.

Un libro che racconta Paolo Villaggio dal punto vista familiare e professionale?

«Ho cercato con questo libro di raccontare su mio padre degli aspetti che non si trovano su Internet, nelle sue interviste, nei libri che hanno scritto di lui, di raccontare un po’ più dal di dentro, partendo soprattutto dal personaggio di Fantozzi perché poi Fantozzi è una sua creatura lui non ha fatto sono l’attore ma l’ha creato. Ma anche il suo percorso di vita, da persona qualunque, da ragioniere a personaggio famoso».

Che papà è stato Paolo Villaggio?

«Era una persona molto particolare, un padre anche faticoso però molto stimolante perchè una persona intelligente e molto curiosa. Una persona con la quale sicuramente non ci si annoiava mai».

Cosa ha lasciato suo padre?

«Per strada o sui social ogni giorno, e soprattutto legato a fatti politici o sportivi le solite sue battutine. “Faccia l’accento svedese” alla Meloni nello scherzo dei russi; “Batti lei” in questi giorni per Sinner. Cose costanti che ritornano e che sono attualissime e vengono usate. È chiaro che mi fa piacere perchè è rimasto qualcosa».

«È una vita che mi chiedono cosa sia la cosa più importante che tu mi abbia insegnato mio padre. Non sono mai stata capace di rispondere a questa domanda. Scrivendo queste pagine l’ho finalmente capito. Ci ho pensato a lungo e poi di colpo mi è venuto in mente: la felicità. La felicità è lo scopo della vita e bisogna acchiapparla con i denti e con le unghie. La felicità è la cosa più importante dell’esistenza e bisogna rincorrerla a tutti i costi. E non è una forma di egoismo ma una dichiarazione d’amore verso la cosa più bella e preziosa che abbiamo: la vita. Questo è quello che mi ha insegnato mio padre. E lo ringrazio dal profondo del cuore. Grazie papà. Sei stato unico e io sono fiera di essere tua figlia».

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