martedì,Aprile 30 2024

Primo Maggio, a Reggio ancora pochi occupati, troppi alla ricerca di un lavoro e oltre 170mila inattivi

Nel 2022, secondo l'Istat, la disoccupazione nel territorio metropolitano è scesa al 14% mentre l’occupazione per poco non sfiora il 32%. Sempre poche le donne. E intanto la nostra Costituzione può attendere

Primo Maggio, a Reggio ancora pochi occupati, troppi alla ricerca di un lavoro e oltre 170mila inattivi

È stata proprio la rivendicazione del diritto al lavoro ad avere determinato la genesi di questa giornata. Il lavoro che come diritto continua a non avere vita facile. Ancora oggi anche in Italia, per chi ha la cittadinanza e soprattutto per chi non ce l’ha, il lavoro è troppo spesso ridotto a una merce di scambio al ribasso. Resta lontano dall’essere considerato il diritto sancito nell’incipit della nostra Costituzione.

Il Primo Maggio

Il Primo maggio del 1867 ebbe luogo la più grande manifestazione di lavoratori mai organizzata prima. A Chicago nell’Illinois, per le strade in diecimila manifestarono. Invocavano l’entrata in vigore della legge approvata l’anno prima e che prevedeva le otto ore di lavoro giornaliere. Seguirono negli anni scioperi e proteste, anche affogate nel sangue, prima che la legge fosse estesa a tutti gli Stati Uniti d’America. Ecco la genesi di una “festa” nata oltre 150 anni fa anche se quelle rivendicazioni oggi sono tutt’altro che anacronistiche. Nonostante sia un diritto, non tutti oggi lo possono esercitare.

I dati Istat

In Calabria, regione d’Italia tra le zone d’Europa con il numero più alto di cosiddetti Neet (giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano) e con il tasso di occupazione tra i più bassi d’Europa (come nel complesso l’Italia), la popolazione in età da lavoro (15 -64 anni) occupata cresce, anche se timidamente, complici la diminuzione del tasso di disoccupazione e del numero di persone inattive. Segnali di ripresa anche se le percentuali restano basse.

Questa la fotografia scattata dall’Istat nel 2022, rispetto al 2021.

L’occupazione cresce poco nel reggino

L’occupazione in Calabria cresce di un punto percentuale nel complesso e passa dal 32.6% al 33,6% in un anno. Il picco positivo si raggiunge nella provincia di Vibo Valentia che passa dal 30,7%al 35,2%, mentre quello negativo a Crotone, con un leggero decremento dal 29,6 % al 29,3%. La minore crescita è quella registrata nel reggino dove il tasso di occupazione pari al 31,4% nel 2021 passa al 31,8% nel 2022. La provincia di Reggio Calabria è dunque quart’ultima per livello occupazionale in Calabria prima di Crotone e dopo Cosenza con 34,1%, Vibo e Catanzaro che nel 2022 ha raggiunto il 36,7%. Nel reggino solo il 22% di donne è occupato.

La disoccupazione decresce

La disoccupazione, che si riferisce a quanti abbiano cercato un lavoro o siano disponibili a svolgerlo, invece segna degli scatti percentuali più consistenti. In Calabria diminuisce di quasi quattro punti, passando dal 18,4% del 2021 al 15% del 2022. Nel dettaglio a Vibo Valentia e a Catanzaro si registrano le percentuali più alte di 5 e 4 punti in meno, mentre sui tre punti in meno si viaggia a Cosenza, Crotone e Reggio Calabria. Nel reggino nel 2021 il tasso superava il 17% mentre nel 2022 è sceso al 14%. Un decremento maggiore per le donne: per gli uomini il tasso è sceso dal 15,4% al 13,1% e per le donne dal 20% al 15,5%. Ciò ancora non può bastare per ristabilire un sano equilibrio.

La popolazione inattiva diminuisce

Scende anche il numero delle persone inattive (coloro che non cercano e non sono disponibili al lavoro) che, sempre secondo l’istat, da 581mila persone nel 2021 in Calabria è sceso a 573mila. Guardando al dato disaggregato per provincia, crescono solo a Catanzaro e Crotone, dove rispettivamente da 98mila sono diventati 99mila e da 56mila sono diventati 57mila, mentre scendono di ben cinquemila unità nel vibonese, dove nel 2022 ne risultano 44mila, e di 3mila nel cosentino e nel reggino. Qui nel 2021 erano 174mila mentre nel 2022 171mila. Le donne inattive sono più degli uomini. Un dato da analizzare sempre sotto la lente delle croniche difficoltà di conciliare il tempo della cura con quello del lavoro, dei livelli di servizi all’infanzia esistenti sui territori e dei fattori culturali che ostacolano l’effettiva parità di genere e uguaglianza dei diritti.

Reggio recupera dopo la crisi ma non avanza

Il 24esimo report dell’Osservatorio Mpi di Confartigianato Calabria “Primavera 2023: tendenze, cambiamenti e incertezze”, elabora un confronto con i tassi occupazionali precedenti alla pandemia da Covid 19.

«Tra le 5 province calabresi si distinguono Vibo Valentia che supera i livelli occupazionali pre-crisi Covid-19 (+8,0%) e Reggio di Calabria che li raggiunge senza superarli (+0,1%); tutte le altre province restano invece ancora sotto i livelli 2019 performando peggio della media regionale: Catanzaro (-2,6%), Cosenza (-4,0%) e Crotone (-5,1%)», si legge nella nota di Confartigianato Calabria.

«In particolare nel settore manifatturiero, l’occupazione recupera e supera i livelli 2019 facendo meglio della media regionale a Vibo Valentia (+131,8%), Crotone (+34,6%), e a Catanzaro (+10,4%), restando indietro rispetto ai livelli pre crisi Covid-19 Cosenza (-5,9%) e Reggio di Calabria (-15,3%)».

La Costituzione

Dati e numeri che documentano le difficoltà che la nostra regione e i nostri territori continuano ad attraversare. Dati e numeri che descrivono una realtà troppo distante dai valori contenuti nella nostra Costituzione, che resta ad alimentare quella tensione ideale senza la quale alcun miglioramento sarà possibile. Certa sarebbe, invece, la dispersione dei traguardi finora conseguiti. Ancora pochi e non per tutti.

Eppure padri e madri costituenti trasformarono le macerie in sogni, guardarono lontano ad uno Stato che si potesse fondare su ogni contributo utile allo sviluppo della personalità reso da uomini e donne, sulla loro opera, individuale o collettiva, necessaria alla crescita del Bene Comune, sul loro Lavoro.

Immaginarono così la neo Repubblica italiana. Il Lavoro per tutti, non il privilegio di pochi. Il Lavoro come Valore e Diritto per costruire e ricostruire il Paese insieme, non come condizione di sottomissione e indebolimento, alla quale oggi troppo spesso si riduce, ma come punto di forza ed occasione di crescita comune. L’operosità, non il parassitismo. Il rispetto della Dignità non lo sfruttamento. Il Lavoro come viatico di Libertà, indipendenza, sviluppo pieno dell’identità, della personalità e della società. Sguardo al futuro.

L’articolo 1 e l’articolo 4

L’articolo 1 della nostra Costituzione come un verso, decanta che «L’Italia è una Repubblica Democratica, fondata sul Lavoro. La Sovranità appartiene del Popolo, che la esercita nei modi e nei limiti della Costituzione».

La centralità del Lavoro è cruciale nella visione dei padri e delle madri costituenti, che proclamano il diritto al lavoro, quale contributo nobile «che concorra al progresso materiale o spirituale della società». Lo proclamano subito dopo il riconoscimento di principi inalienabili della Persona, quali l’inviolabilità, la pari Dignità sociale, l’Uguaglianza di fronte alla Legge, perché tale è la sua portata.

Eppure, ancora oggi è necessario ribadire che il Lavoro è un diritto da riconoscere non un favore da concedere e come tale assume una dimensione valoriale che supera quella materiale, anche se pure di essa è composta nella sua essenza. La retribuzione, equa, proporzionata, meritata, è anch’essa un diritto costituzionale, infatti. È un nobile conseguimento.

La Carta Costituzionale presagiva l’importanza di un valore che se vilipeso e non adeguatamente difeso e realizzato dalle persone e dalle leggi avrebbe negato la dignità e ostacolato lo sviluppo. La nostra Repubblica, con i suoi quasi 77 anni di vita, ha ancora molta strada da percorrere per essere all’altezza di quella visione e per essere in grado di garantirla.

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