I No Ponte ricompattano il fronte: «Siamo alla pura propaganda»

Si è ricompattato il fronte del No al Ponte sullo Stretto. Ha rispolverato le bandiere ed è pronto a battersi per fermare un’opera che, a distanza di dieci anni, è tornata a far parlare di sé. Ma le motivazioni della ferma opposizione non sono cambiate. Sono ancora convinti che Calabria e Sicilia abbiano altre priorità, che il Ponte abbia un impatto ambientale devastante e, soprattutto, che non sia fattivamente costruibile. 

Tutte motivazioni documentate e sostenute al Nuvola Rossa di Villa San Giovanni che ha riaperto una battaglia ferma da un decennio. «Quelli del ministro Salvini sono annunci che seguono la logica che da anni vede il sud come merce di scambio elettorale».  Giovanni Cordova del Nuvola Rossa non ha dubbi e a supportare questa posizione è stato Alberto Ziparo, professore di urbanistica all’università di Firenze e coordinatore degli studi sugli impatti del ponte sullo Stretto.

Gli studi tecnici

«Da dieci anni fa non è cambiato nulla – ha spiegato l’esperto – siamo alla pura propaganda. Il progetto del ponte fu bocciato dagli studiosi critici, dai suoi stessi progettisti che, dopo aver cercato invano di trovare una soluzione per la fattibilità. Non parliamo dell’anti-economicità, dell’impatto ambientale che per il territorio sarebbe evidenti.

Pensavamo di avere a che fare con un manufatto costruibile, invece, gli stessi progettisti, la massima autorità tecnica, hanno spiegato che non si è mai fatto un progetto esecutivo perché avrebbe dimostrato l’opposto di quello doveva. Anche Salvini nel 2016 denunciava Renzi, che allora propugnava il Ponte, di volere un’opera non fattibile, oggi ci ripensa e la propone lui perché non ha niente da dire al Sud per nascondere il disastro, dal reddito di cittadinanza all’autonomia differenziata».

Non solo politica

Non è solo una questione politica, ha spiegato il professore, ma una infattibilità tecnica che negli anni aveva spento il miraggio del ponte.

«Hanno spiegato i progettisti che hanno fatto ben 19 edizioni di progettazione senza fare mai l’esecutivo perché l’esecutivo avrebbe dimostrato l’esatto opposto di quello che invece dovrebbe dimostrare ovvero la non costruibilità.

Non ci sono materiali tecnologici, ancora oggi, che vadano bene per lo Stretto. Non è la campata unica il problema. Servirebbero degli acciai, che si prevede possono entrare in commercio tra qualche decennio, molto più leggeri e allo stesso tempo molto più resistenti. Gli stessi progettisti si sono fermati perché si sono resi conto che non potevano continuare a saccheggiare gli italiani con un progetto che non finisce mai. Bisogna tornare alla fase di ricerca che, però, ha due problemi per la politica attuale. Uno non fa fare propaganda politica e costa un 100º di quello che costa la progettazione. C’è una maniera di fare il progetto esecutivo. Affidandolo non ai cinesi ma allo spirito Santo che fa un miracolo e quindi fa il progetto esecutivo».

Il ponte 10 anni dopo

Dal tecnico al profano per poi passare alle ideologie. Quelle posizioni, quel no che «unisce». Come ha confermato Peppe Marra che storicamente rappresenta il movimento “no ponte” in Calabria. «Dopo 10 anni la crisi ha fatto sentire ancora di più i suoi effetti e pensare ancora di investire risorse sottraendole dei nostri bisogni per un’opera di cui ancora non si sa quando sarà possibile realizzarla ci sembra assurdo. Dopo 10 anni il buon ministro Salvini ci ha costretto a riprendere le bandiere e riorganizzarci a tornare strada, a dire che un’opera di questo tipo non è proponibile per calabresi siciliani. C’è bisogno di tanto altro. Riprenderemo a combattere tutto questo e immaginando tutta la serie di attività informative e culturali per riprendere i discorsi che sono stati interrotti».

La questione ambientale

E tra le motivazioni che da sempre spingono tante associazioni ad opporsi al ponte resiste il fronte degli ambientalisti. In questa prima fase di ricognizione a rappresentarli è stato Angelo Calzone delegato regionale Wwf Calabria. «Non è assolutamente cambiato nulla nella progettazione. Di una nuova ancora non c’è traccia. Siamo a un semplice decreto del ministero che riprende un percorso abbandonato dai tempi del governo Monti.

Continueranno ad esserci gli impatti ambientali devastanti. Basti pensare che la costa siciliana e questa calabrese in particolare ospitano delle zone di conservazione speciale. Tutelati al massimo livello delle direttive europee per le loro caratteristiche ambientali in termini sia di specie vegetali che animali presenti. In più lo stretto di Messina è il più grande corridoio di passaggio dei migratori. Migliaia e migliaia di uccelli vanno dal nord Europa all’Africa passando per lo stretto di Messina. Un ponte di queste dimensioni non farebbe altro che distruggere questa immensa biodiversità che è rappresentata tantissime specie di uccelli che volano lo stretto». 

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