domenica,Aprile 28 2024

Reggio, a rischio le cooperative sociali: «Scegliamo di combattere»

L’operatore e membro del Coolap, Giuseppe Foti, invita i colleghi a non arrendersi alla «dannata burocrazia che ha reso tutti numeri e merce di scambio»

Reggio, a rischio le cooperative sociali: «Scegliamo di combattere»

«Non è più il tempo di recriminare o dare responsabilità, sarebbe alquanto inutile, ma credo ancora che si possa fare qualcosa per far sì che questa catastrofe epocale venga scongiurata. Ogni servizio che si occupa di assistenza a persone disabili dev’essere tutelato e non può scomparire per colpa della dannata burocrazia che ci ha reso tutti numeri e merce di scambio».

Così Giuseppe Foti, operatore sociale del Coordinamento lavoratori psichiatria di Reggio Calabria, condivide l’immenso dolore che oggi molti suoi colleghi provano nell’avere sempre più conferme che le cooperative stanno per chiudere e con loro oltre quarant’anni di assistenza ai più fragili e l’impegno di molti lavoratori.

«Le lettere di licenziamento arriveranno presto, a qualcuno sono già pervenute – scrive in una nota – creando negli operatori sconforto, preoccupazione per il proprio futuro e per quello di molti disabili, che fanno ormai parte delle nostre famiglie. Voglio anche aggiungere che come sempre in questi casi e, spero solo per inadeguatezza alla situazione, disperazione o altro di più comprensibile, qualcuno all’interno delle cooperative palesi forme addolcite (se si può dire così) di terrorismo psicologico del tipo: “o accettate queste condizioni o siamo costretti a licenziare”».

Ma Foti non ha intenzione di arrendersi e lancia la riscossa: «Scegliamo di lottare», dice ai «saccenti opportunisti»: «se le cooperative sono ancora aperte, è grazie al sacrificio costante degli operatori, i quali hanno messo a disposizione per il bene comune tante risorse e anche il proprio e sacrosanto stipendio… Non aggiungo altro».

La sua è l’amara riflessione di chi sa di aver lasciato un segno significativo nel cuore di tante famiglie, di tanti ragazzi e di tanti adulti in cerca di riscatto e integrazione.

Le risorse per il sociale sono calate sempre più, ma mai la voglia degli operatori nel darsi anima e cuore per i propri amici più svantaggiati: «Il nostro – scrive – è un mandato sociale che ci arricchisce nell’anima, ci ha fatto comprendere la complessità umana e le sue fragilità e per tale motivo ci ha reso orgogliosi e più umani, predisposizione che di questi tempi servirebbe a tanti».

«Tutti i servizi, strutture psichiatriche, i centri socio educativi e tanti altri, chiuderanno per colpa di chi oggi si piega e si è piegato in passato ai burocrati che, attraverso i numeri, vogliono gestire con disumana colpevolezza le dolenti umanità di cui ci prendiamo cura giornalmente e da tempo. Vogliono nascondere, nelle righe di un foglio, i nomi, le passioni, l’emozioni e le storie di tanti uomini e ragazzi che hanno solo la colpa di esser nati in una società che li considera “socialmente inutili”. Questa è la dolente considerazione che mi sprona ad andare avanti per tentare, con tutto me stesso, di ridare dignità a tutti loro e a tutti noi».

Per Foti non basta fare sociale, come oggi avviene, in modo aziendalistico e sanitario, bisogna comprendere e porre attenzione, vicinanza emozionale ed avere la capacità nel cogliere il senso più nascosto della sofferenza, dando enorme importanza che nella cura hanno le parole.

«Pensate che un burocrate capisca il senso e l’importanza di tale propensione? No, perché non è quantificabile numericamente e non fa parte dell’homo faber o dell’homo robot che dilaga in loro».

Il compito di chi fa sociale oggi, per l’operatore, è quello di «ricostruire e recuperare i valori che ci appartengono e ci hanno fatto scegliere questa professione. Non possiamo essere rappresentati, nei vari incontri che si terranno, da chi ha permesso questa catastrofe e che guarda esclusivamente al proprio interesse, senza ritegno e senza cognizione di causa perché non vive il problema».

Quindi, da operatore sociale e orgoglioso di esserlo, Foti lancia il suo personale invito alla mobilitazione in piazza di tutti coloro che vedono nella morte del sociale a Reggio Calabria «una nefandezza, ingiustificata e inaccettabile», invitando tutte le organizzazioni a farlo.

«Se vogliamo – è l’appello ai colleghi – sappiamo essere una forza che in passato si è distinta per valori, solidarietà, per la lotta per i diritti negati e il riconoscimento ostinato dell’altro nella propria individualità. Dobbiamo tornare a dimostrare che si può aver cura del folle, del vecchio e del bambino in un altro modo, coltivando il valore della relazione e delle buone pratiche, senza piegarsi al mercato del disagio che ci propina chi non sa niente di sociale. Questo mestiere pretende una rischiosa e radicale scelta di campo che non può più attendere i tempi e le condizioni di nessuno. Come hanno potuto non vedere nei fatti che il sociale stava morendo gradualmente e inesorabilmente? Come hanno fatto a non accorgersi che esso è stato via via cancellato con un tratto di matita da amministratori di presunta “alta formazione manageriale” che disconoscono le potenzialità e i valori dell’inclusione e dei diritti riconosciuti costituzionalmente? La dichiarazione universale dei diritti umani e la convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità (trattato internazionale finalizzato a combattere le discriminazioni e le violazioni dei diritti umani) parlano chiaro, non resta che rimboccarsi le maniche per far sì che vengano rispettati».

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