sabato,Maggio 4 2024

Al Reggio Calabria Film Fest lo sguardo del fotoreporter Giampiero Corelli sulla dimensione carceraria femminile  – FOTO e VIDEO

La sezione Cinema dentro e fuori le mura propone, su iniziativa della direzione della kermesse e dell’ufficio del Garante comunale per i diritti delle persone private della libertà personale, il documentario girato anche nell'istituto Giuseppe Panzera della Città dello Stretto

Al Reggio Calabria Film Fest lo sguardo del fotoreporter Giampiero Corelli sulla dimensione carceraria femminile  – FOTO e VIDEO

«Credo sia fondamentale conoscere e capire come vivano le donne detenute, ascoltare le loro storie e i loro vissuti. Bisognerebbe farlo di più e con ogni mezzo. Il mio mezzo è la fotografia». Entrare per raccontare fuori ciò che avviene dentro le carceri. Questo un dovere civile al quale adempiere con ogni linguaggio, quindi anche con quello delle immagini.

Ne è convinto il fotoreporter Giampiero Corelli. Alla XVII edizione del Reggio Calabria FilmFest Cinema dentro e fuori le mura ha contribuito con il suo documentario “Donne, madri nelle carceri italiane”. L’iniziativa è stata promossa dalla direzione della kermesse nella persona di Michele Geria e dell’ufficio del Garante comunale per i diritti delle persone private della libertà personale rappresentato da Giovanna Russo.

Lo scrigno di testimonianze è visionabile ancora oggi al castello aragonese di Reggio Calabria nella sala Flavia Gaetani. Il documentario rientra nel progetto più ampio, realizzato tra il 2021 e il 2022 e che ha fatto tappa, tra le tredici carceri italiane, anche presso l’istituto penitenziario Giuseppe Panzera della Città dello Stretto. Un progetto autofinanziato, articolato anche in una mostra e in un libro fotografico dal titolo “Domani faccio la brava”.

Uno sguardo profondo immerso in una condizione di grande complessità e che getta luce sulla dimensione carceraria femminile e sulle peculiarità di cui è custode.

Un universo di forza e sofferenza

Assorte, tristi, meditabonde e solitarie. Provocatorie, sfrontate, determinate e anche gioiose. Ecco la varietà delle donne incontrate da Giampiero Corelli e fermate dal suo obiettivo. Un universo impossibile di ridurre, anche in un libro o in un documentario, ma che è necessario contribuire a raccontare.

«Ho conosciuto molte donne, toccando con mano uno spaccato di umanità davvero molto profondo che ancora porto con me. Sono stato nelle case circondariali di Torino, Palermo, Catania, Messina, Napoli, Roma, Bologna, Firenze, Forlì, Venezia, Trani, Milano e anche a Reggio Calabria. Credo che le condizioni di detenzione, in istituti che sono concepiti più per uomini che per donne, dovrebbero essere ripensate e le strutture anche ammodernate e adeguate ad esigenze che non sono sovrapponibili. La condizione che vivono le donne è spesso gravata dal peso del distacco dai figli e dalla famiglia, da tante responsabilità e vincoli che ne segnavano la quotidianità fuori. Una dimensione complessa dove convivono forza e sofferenza. Ho conosciuto tanta voglia di riscatto», ha sottolineato il fotoreporter Giampiero Corelli.

Attenzione e sensibilità

«Ho subito voluto chiedere a Giampiero Corelli la ragione del titolo del libro “Domani faccio la brava” che mi aveva molto colpito. Lui mi ha subito mostrato la foto di una giovane donna detenuta a Bologna e che indossava una maglietta con questa scritta che chiosava con “Fidati”. La fiducia è essenziale nel percorso rieducativo della pena. Questo lavoro di Giampiero Corelli, che esplora la complessa e delicata dimensione penitenziaria delle donne ci consegna uno spaccato sul quale riflettere per rendere tale condizione sempre più anche a misura di donna. In questo momento nell’istituto penitenziario reggino Panzera ci sono 41 donne, nessuna con bambini al di sotto dei tre anni, condannate per reati comuni. Il numero cresce negli anni e questo ci impone di educare ad una maggiore sensibilità il nostro sguardo e il nostro approccio alla condizione di donna ristretta, non solo nella sua libertà personale. L’errore commesso fonda da un punto di vista giuridico lo stato di privazione. Tuttavia ciò non esime, come del resto accade rispetto alla detenzione in generale, il sistema penitenziario dal rispetto delle peculiarità della condizione umana e personale di donna, spesso anche madre, reclusa». Lo ha sottolineato la garante comunale per i diritti delle Persone detenuta, Giovanna Russo.

I tanti volti delle donne

Da più di 30 anni, collabora con diverse agenzie e testate giornalistiche come Il Messaggero, Il Resto del Carlino, La Repubblica, Sintesi, L’Espresso. Tra i suoi lavori, alcune pubblicazioni e mostre fotografiche, “lo non mi arrendo”, dieci storie di donne badanti, “Donne che non tremano” i volti e le storie dell’Aquila dopo il terremoto, “Il vento negli occhi” reportage sulle soldatesse italiane in Afghanistan, “La bellezza dentro” donne e madri nelle carceri italiane, “Tempi diversi” reportage in un monastero di suore di clausura.

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