Tar di Reggio, la “casa” della giustizia amministrativa accoglie la cittadinanza e racconta la sua storia – VIDEO
Il primo open day promosso dalla sezione staccata del tribunale amministrativo regionale della Calabria e dall'ordine degli avvocati, in collaborazione con l'università Mediterranea, è stato anche occasione per scoprire la storia dell’edificio di epoca fascista
«Fino al 1970 la Giustizia amministrativa si adiva in unico grado a Roma. Soltanto con l’istituzione dei Tar essa è divenuta una giustizia prossima al cittadino. Lo è ancor di più con la sede distaccata di cui beneficia la Calabria. Esso costituisce uno sbocco professionale anche dopo l’università, con un’adeguata valorizzazione lo studio di questa branca del diritto. Il Tar è una risorsa per il territorio e auspico vivamente che ciò venga percepito dalla cittadinanza. La giustizia amministrativa che vigila sul legittimo esercizio del potere. Ha questa specificità, pertanto il giudice amministrativo è il giudice del potere pubblico e come tale contribuisce a rendere più democratica la società civile».
Così Caterina Criscenti, presidente della sezione staccata di Reggio del tribunale amministrativo regionale della Calabria ha sottolineato l’importanza di questa sede giudiziaria in riva allo Stretto, al cospetto della platea composta anche da giovani studentesse e studenti. L’occasione è stata quella del primo open day del Tar di Reggio Calabria, la cui sede è all’interno dello storico edificio realizzato nel 1935 dall’ingegnere Flaminio Giuseppe De Mojà e inizialmente adibita a caserma dei Giovani Fascisti.
Il primo open day
La manifestazione, promossa dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria e dall’ordine reggino degli avvocati, in collaborazione con l’università Mediterranea (alcuni suoi laboratori della facoltà di architettura hanno sede nello stesso storico palazzo), ha avuto luogo nell’aula udienze un tempo, al tempo la palestra della caserma dei Giovani Fascisti. L’incontro è stato introdotto da Rosario Maria Infantino, presidente dell’ordine degli avvocati di Reggio Calabria, da Giuseppe Zimbalatti, rettore dell’università Mediterranea di Reggio Calabria e dall’avvocato Natale Carbone, presidente della Camera Avvocati Amministrativisi di Reggio Calabria.
La giustizia prossima al cittadino
Con Pasquale Alvaro, segretario generale Tar Reggio Calabria, Roberta Mazzulla e Alberto Romeo, magistrati amministrativi presso il Tar Reggio Calabria, intervenuto anche Attilio Cotroneo, consigliere dell’ordine degli Avvocati di Reggio Calabria e referente commissione Giustizia Civile e Amministrativa.
«Il Tar è un’istituzione che è molto più vicina al cittadino di quanto si possa pensare. Le controversie e i contenziosi incardinati dinnanzi al Tar riguardano proprio il rapporto proprio tra cittadino e pubblica amministrazione. Rapporto che è presupposto indispensabile per la realizzazione di una democrazia piena e matura. Abbiamo voluto spiegarlo ai tanti studenti, sia liceali che universitari che abbiamo coinvolto.
Nella nostra Carta costituzionale – ha spiegato l’avvocato Attilio Cotroneo – l’articolo 97 sancisce il diritto di ogni cittadino ad una amministrazione orientata al buon andamento e all’imparzialità. Questi principi sono divenuti canoni fondamentali di indirizzo per l’esercizio dell’azione delle pubbliche amministrazioni. Il legislatore, alla luce di questa evoluzione giurisprudenziale, è arrivato ha introdotto una legge importantissima, la 241 del 90 che disciplina la partecipazione del cittadino all’attività della pubblica amministrazione attraverso l’accesso agli atti. Questa legge è la rappresentazione plastica del principio democratico di partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo».
La partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo
«Il cittadino partecipa non solo quando ha una situazione giuridica soggettiva che lo coinvolge direttamente, come può essere nel caso in cui richiede una concessione edilizia. Espressione ancora più nobile di questa legge, è la possibilità di accedere agli atti amministrativi per il solo fatto di essere un cittadino laddove vi siano in gioco interessi ultra individuali. È il caso delle grandi opere. Esempio è l’accesso alla valutazione dell’impatto ambientale, pensando all’opera Ponte sullo Stretto. Spesso, però, il cittadino non è consapevole di questo diritto e non lo esercita. Ma non è solo questo a generare delle disfunzioni e delle criticità in questo delicato ed essenziale rapporto. Ci sono anche le prassi dell’autorità politica che determinano una vera e propria turbativa sui procedimenti amministrativi. Penso alla pratica dello spoil system.
C’è anche il tema dell’intento deflattivo dei processi in capo al legislatore che però ottiene il risultato opposto di negare un diritto. Un esempio su tutti. In materia di appalti: per iscrivere una causa è necessario corrispondente un contributo unificato che va da un minimo di 2mila a un massimo di 6mila euro». Così l’avvocato Attilio Cotroneo.
La storia dell’edificio: dai tempi del Fascio a oggi
L’incontro è stato occasione per illustrare la storia del palazzo che ospita di Tar di Reggio, dal punto di vista storico e architettonico
«Abbiamo collaborato anche con l’università Mediterranea, segnatamente con la facoltà di Architettura. Unitamente all’aspetto informativo giuridico, abbiamo inteso illustrare anche la storia del palazzo che ospita il Tar, l’ex Casa del fascio». Così ancora Attilio Cotroneo, consigliere dell’ordine degli Avvocati di Reggio Calabria e referente commissione Giustizia Civile e Amministrativa.
«In un Paese in cui molti uffici giudiziari non hanno una sede, grazie a questo bene demaniale, provvedendo noi alla sola manutenzione, possiamo fruire di questi locali che hanno anche una notevole valenza storica. Un valore aggiunto che auspichiamo possa far sentire questo tribunale parte della comunità». Lo ha sottolineato Caterina Criscenti, presidente della sezione staccata del tribunale amministrativo regionale di Reggio Calabria.
«Questo edificio fu progettato da mio nonno e ha una storia molto travagliata. Negli anni Settanta Ottanta si rischiò di abbatterlo, disperdendo così il suo pregio architettonico. Furono soprattutto l’impegno della facoltà di architettura di Reggio Calabria di matrice di sinistra e la lungimiranza di architetti come Luciana Menozzi a capirne l’importanza architettonica e a mantenerlo in vita». È quanto ha sottolineato Ketty Adornato, nipote dell’architetto Flaminio Giuseppe De Mojà. In occasione dell’open day ha condiviso un ricordo molto intenso del nonno materno, uomo poliedrico, pieno di interessi e di grande cultura.
Nuova dimensione valoriale
«Lo scorso 25 aprile il presidente Mattarella ha spiegato come il futuro non possa esistere senza memoria. Io aggiungo non c’è memoria senza storia da indagare nelle sue ombre e nelle sue luci. Il nostro dovere è raccontare entrambi i volti. Il ventennio fascista ha lasciato in eredità un patrimonio architettonico che all’epoca ebbe certamente anche un fine di propaganda rispetto al regime. Un fine che però non compromise la funzione degli edifici in termini di servizio alla comunità. Nel secondo Dopoguerra ci fu un processo di rimozione dei simboli come i busti di Mussolini, le varie scritte ma si considerò assolutamente conveniente e sostenibile nell’Italia della ricostruzione, riutilizzare quelle architetture.
Ciò è stato fatto a Roma, per esempio, dove il palazzo della Confederazione dei lavoratori Fascisti dell’Agricoltura è diventato la nuova sede della città Cgil. Ancora il palazzo del Littorio sede nel ministero degli Esteri, ossia della Farnesina, il palazzo di Marescialli sede del Csm. Anche questo edificio a Reggio Calabria è stato al centro di questo processo di nuova significazione: da luogo dell’ideologia liberale a luogo del diritto e della democrazia». È quanto ha spiegato Nino Sulfaro, professore di restauro architettonico all’università Mediterranea di Reggio Calabria.
La casa del Fascio a Reggio
«Il mio intervento è partito dal concorso indetto nel 1932 per definire la tipologia architettonica delle Case del fascio è ed arrivato fino ai giorni Alcune di esse sono state abbandonate. Qualcuna oggi è in vendita. Altre nel secondo dopoguerra sono state ripristinate e ancora oggi, come nel caso di Reggio Calabria, ospitano delle sedi istituzionali. Le Case del Fascio in Italia e nelle colonie, tra quelle costruite ex novo e quelle allestite in edifici già esistenti, introducendo simboli e altri elementi della propaganda fascista, furono circa 11mila.
Quindi il focus sull’edificio reggino costruito nel 1935 dall’architetto Flaminio Giuseppe de Mojà, autore del primo progetto nel tempo andato incontro a nuovi assetti conservando, però, il marcato linguaggio architettonico e ideologico. Ancora oggi ci sono le finestre a nastro. Nata come caserma dei Giovani Fascisti, con la visita di Mussolini, avvenuta 31 marzo 1939, poi fu adibita a sede di Fasci di combattimento con annessa caserma. In quella circostanza ebbe luogo anche la sistemazione della piazza delle Adunate, poi piazza 31 marzo e oggi piazza del Popolo. A cura dell’architetto Civiletti, con la piazza si realizzò la connessione antropologica con la città. L’ingegnere Grasso, già nel 1938, aveva unito il blocco delle palestre a tutto il resto, visto che in origine erano due blocchi separati. Una dimensione poco vissuta per lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale».
Così Maria Rossana Caniglia, assegnista di ricerca all’università Mediterranea di Reggio Calabria e docente di Storia dell’Arte. Nella sua presentazione ha utilizzato foto dell’archivio di Stato di Roma per descrivere gli interni che oggi non esistono più, e foto gentilmente concesse dall’archivio familiare privato della famiglia De Mojà.
La rimozione e la riconversione
«Subito dopo la guerra, anche in questo caso, i segni di quella che era nata come architettura visiva e parlante, furono rimosso. Accadde per la scritta “Dux” sulla torre Littoria, all’angolo tra via Roma e viale Amendola. E anche per l’acronimo “Pnf” apposto all’ingresso. Si cancellavano le tracce di quella propaganda di cui erano strumento anche le facciate parlanti e gli slogan su di essere riportati. Nella casa Littoria di Messina c’è ancora la scritta “Osare, combattere”.
Un palazzo, questo di Reggio, che dopo essere stato adibito a sede del catasto fino al 1978, proprio perché legato a quella storia, è stato sul punto di essere di abbattuto. Lo ha ricordato il professore Laganà. Poi non fu fatto. Si comprese che si sarebbe potuta separare l’ideologia dall’architettura, valorizzando l’identità degli edifici quali esempi di architettura razionalista di un periodo storico interessante. Così – ha concluso Maria Rossana Caniglia, assegnista di ricerca all’università Mediterranea di Reggio Calabria e docente di Storia dell’Arte – furono riconvertiti. Questo edificio a Reggio, per altro, ha ancora un suo rapporto con lo spazio pubblico e con la piazza del Popolo».
Un rapporto con la piazza che certamente definisce un rapporto con la città. Come tale, stante il valore dell’edificio e della sua attuale destinazione a sede della sezione staccata del Tar, dovrebbe essere maggiormente curato e attenzionato dall’amministrazione comunale.
- Tags
- reggio calabria