Centro diurno ancora chiuso. Disabili costretti a lottare contro la burocrazia

La burocrazia non cammina alla stessa velocità delle esigenze dei più fragili. In particolare a Villa San Giovanni l’unico centro diurno per disabili adulti su 14 comuni dell’Ambito, dopo le chiusure forzate dalla pandemia ha continuato a lottare con cavilli amministrativi e burocratici che stanno impendendo la ripresa delle attività fondamentali per far uscire dall’isolamento questi ragazzi. La comunità reggina si è mossa dimostrando vicinanza e solidarietà a questi ragazzi che, infondo, chiedono come tutti di poter tornare a quell’angolo di ‘normalità’ che la cooperativa Rose Blu ha ritagliato per loro. Una normalità fatta di lavoretti manuali, di condivisione, del fondamentale apprendimento di autonomie. Foto profilo con cartelli e scritte chiare: riaprite il centro diurno Rose Blu. Ma nonostante le richieste, risposte tardano ad arrivare.

Gli impedimenti

«L’ufficio di piano ci ha chiesto di chiudere a febbraio in attesa della pubblicazione della nuova manifestazione d’interesse per poter accedere ai fondi che la Regione ha destinato ai centri diurni – ci spiega il presidente della cooperativa Rose Blu Domenico Barresi – ci era stato garantito che tutti gli adempimenti sarebbero stati fatti entro febbraio, invece, è stato pubblicato il 23 aprile e ancora siamo in attesa di ricevere risposta».

Ritardi e disagi

Una storia che si ripete e che vi avevamo già raccontato. Ma nonostante il passare dei mesi, invece che migliorare la situazione per i disabili peggiora. Ritardi che fanno male soprattutto a chi necessità dell’assistenza. «I ragazzi in questo momento sono seguiti dagli educatori del Pon-inclusione dell’Ambito tramite videochiamate, ma a loro manca la quotidianità, mancano le attività giornaliere che svolgono al centro sia all’interno che all’esterno. Noi siamo aperti 7 giorni su 7 e le attività formative che svolgiamo con loro sono anche mirate a far acquisire delle autonomie che con questi fermi si rischiano di perdere. Così i ragazzi sono a totale carico della famiglia e questo è un danno non solo per loro».

Operatori con l’acqua alla gola

Un danno anche a livello lavorativo che si ripercuote sugli operatori di una cooperativa, quella delle Rose Blu che da oltre 10 anni opera sul territorio dopo aver ristrutturato lo stabile comunale che li ospita. «Questo problema non solo si ripercuote sulla vita dei nostri ragazzi con la mancanza del progetto educativo ma è anche un problema per gli operatori che lavorano con loro che da novembre sono in cassaintegrazione ma non hanno ricevuto un euro».

La storia si ripete e mentre si attende che la burocrazia e le varie istituzioni facciano quanto dovuto, la popolazione ha dimostrato di riuscire ad andare oltre all’accreditamento o al finanziamento e sta facendo rete attorno a una realtà che chiede solo di continuare ad occuparsi dei più fragili.

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