domenica,Aprile 28 2024

Morte Barbara Corvi, Davi: «Lo Giudice, Villani e Greve accusano Roberto e Maurizio Lo Giudice»

Il giornalista riferisce che: «Il Procuratore di Terni Alberto Liguori è riuscito ad ottenere la testimonianza di ben tre pentiti che accusano i fratelli dell'omicidio della donna uccisa in circostanze misteriose nel 2009»

Morte Barbara Corvi, Davi: «Lo Giudice, Villani e Greve accusano Roberto e Maurizio Lo Giudice»

C’è un colpo di scena nella vicenda della morte di Barbara Corvi, moglie di Roberto Lo Giudice. A raccontarlo è il giornalista e massmediologo Klaus Davi secondo cui «Il Procuratore di Terni Alberto Liguori è riuscito ad ottenere la testimonianza di ben tre pentiti che accusano i fratelli dell’omicidio della donna uccisa in circostanze misteriose nel 2009. I tre sono ben noti a chi si occupa di Ndrangheta si tratta di Nino Lo Giudice, Consolato Villani e Fabrizio Greve, sentiti in questi mesi dalla Procura Umbra che ha in carico la vicenda.»

Secondo quanto riportato nell’ordinanza «il collaboratore di giustizia, Lo Giudice Antonino, soprannominato Nino, fratello degli odierni coindagati, rendeva dichiarazioni eteroaccusatorie sostenendo che nel corso di un incontro, tenutosi nel periodo agosto settembre 2010 a Reggio Calabria, apprende dal fratello Lo Giudice Roberto che, dopo la scomparsa della moglie, si era trasferito dal fratello Maurizio Lo Giudice. Sempre secondo che entrambi i fratelli, Maurizio e Roberto, erano coinvolti nella scomparsa di Barbara e che, per questa ragione, Roberto si era trasferito da Maurizio. Sembra addirittura che la circostanza relativa al loro coinvolgimento venne confermata da Roberto con un cenno confermativo del capo durante un incontro».

Secondo il giornalista «Prima della scomparsa di Barbara (circostanza appresa questa volta dai nipoti Salvatore, figlio di Barbara e Roberto, e dall’altro nipote, anch’egli di nome Salvatore, ma figlio del fratello Giovanni) i fratelli Maurizio, Giovanni e Roberto, con le rispettive consorti si erano riuniti a Taormina. La circostanza a lui non nota, venne interpretata quale conferma del loro proposito criminoso in danno di Barbara. Egli riferiva che la cautela mostrata da Roberto nel riferire il proprio coinvolgimento nella morte della moglie, unitamente a quella del fratello Maurizio, fosse dovuto al timore di essere intercettati».

top