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Bovalino, trent’anni fa il sequestro di Lollò Cartisano: il calciatore fotografo che si oppose alla ‘ndrangheta

I suoi resti sepolti alle pendici di Pietra Cappa, monolite di straordinaria bellezza nel cuore dell’Aspromonte, divenuto luogo di memoria e tappa della marcia che, come il ritrovamento delle sue ossa, quest’anno compie vent’anni

Bovalino, trent’anni fa il sequestro di Lollò Cartisano: il calciatore fotografo che si oppose alla ‘ndrangheta

Pietra Cappa in Aspromonte. La durezza e la bellezza convivono in questo luogo diventato anche presidio di memoria. Proprio quel luogo che lo affascinava e che attraverso la sua macchina fotografica indagava ed esplorava.

I resti di Lollò Cartisano sono stati lasciati lì dove sono stato ritrovati vent’anni fa. Da quel momento, su impulso della figlia Deborah, in collaborazione con Libera, ogni anno la marcia tra i sentieri della memoria porta la comunità a ricordare Lollò e altre persone che con la loro vita hanno incarnato la libertà e il coraggio di ribellarsi. Due beni primari, due virtù che in terra di ‘ndrangheta si pagano care.

Il patto generazionale

«In questi venti anni abbiamo percorso i sentieri della Memoria e abbiamo camminato con fatica ma mai da soli. La comunità di chi non ha dimenticato è stata sempre in crescita. In questa giornata, in questo anno di ricorrenze, la nostra marcia è diversa. Abbiamo incontrato i giovani per stringere con loro un patto generazionale. Noi camminiamo con loro per ricordare e per contribuire al cambiamento». Così Deborah Cartisano, la figlia di Lollò, anima dei sentieri della Memoria che stamattina ha incontrato i giovani al centro pastorale diocesano di Locri. Presente anche il presidente di Libera, don Luigi Ciotti e tanti familiari di altre vittime.

Il rapimento

Adolfo Cartisano, detto Lollò, diviso tra la passione per il calcio e quella della fotografia, era stato rapito a Bovalino nel reggino il luglio di trent’anni fa. Era il 22 luglio 1993. Nella città ionica, soffocata dal dominio di ‘ndrine locali, ostaggio delle famiglie mafiose di Africo, Natile di Careri, Platì e San Luca, era finito nel mirino del racket al quale non si piegò, decidendo di denunciare.

Una scelta che cambiò per sempre la sua vita. I rapitori irruppero nella casa a mare. Portarono via anche la moglie, Mimma Brancatisano, poi lasciata lungo il ciglio della strada, sulla via per l’Aspromonte.

L’ultimo dei sequestri

Nonostante il pagamento del riscatto, dal suo Aspromonte Lollò non tornò più vivo. Anni di attese e di dolore per la famiglia che iniziò a non avere più notizie. Un colpo alla nuca che avrebbe dovuto tramortirlo, invece lo uccise. Ma la verità più temuta avrebbe atteso anni prima di essere svelata. L’ultimo dei terribili sequestri di ‘ndrangheta, l’ultimo dei 18, con inizio nell’ottobre del 1979 con quello del tredicenne Alfredo Battaglia, che l’organizzazione mafiosa oggi più temuta al mondo abbia compiuto solo a Bovalino.

I sequestratori

Tra le persone condannate in Cassazione per il sequestro di Lollò, dopo l’arresto nel 1994 di Carmelo Modafferi e dei figli Santo e Leo Pasquale, anche Santo Glicora, latitante per 13 anni, originario di Bova Marina, inserito nella lista dei 100 ricercati più pericolosi d’Italia e genero di Carmelo Modafferi, arrestato nel 2010 a Platì dai carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria. Nessuna traccia dei carcerieri.

Le lettere della figlia Deborah e il ritrovamento dei resti

Pietra Cappa, dunque, è da vent’ anni luogo di memoria. La sua lapide, ogni anno, è la tappa finale dei “Sentieri della memoria”, la marcia promossa da Libera per ricordare ogni 22 luglio, nel giorno della scomparsa avvenuta nel 1993, il ritrovamento dei resti di Lollò nell’estate 2003. Un ritrovamento reso possibile dalle indicazioni precise fornite da un pentito in una lettera con cui rispose agli incessanti appelli della figlia Deborah che da lui ha ereditato la tenacia e la determinazione oltre che la passione per fotografia.

Deborah invocava di conoscere almeno il luogo in cui poter piangere i resti del padre.

La memoria in Aspromonte

La memoria, così, in Aspromonte aleggia tra i colori, i profumi, i misteri con le sue verità nascoste, come fu per anni quella del destino di Lollò Cartisano, e quel dolore che con coraggio schiude alla speranza. Come momenti di vita rimangono impressi sulla pellicola e nella memoria, così l’esistenza di Adolfo Cartisano, scandita da tanti scatti fotografici e tragicamente spezzata dalla ‘ndrangheta, e quella di tanti altri non saranno dimenticate. Questo l’afflato di cui l’Aspromonte diventa custode ostinato.

La memoria è un dovere nei confronti di chi ha avuto e ha coraggio, di chi presto scoprirà di doverne avere. Un dovere nei confronti di Lollò che non ha conosciuto i suoi nipoti, per quanti, troppi, hanno conosciuto lo stesso drammatico destino e si sono visti defraudati del loro futuro. Per la vita che verrà, per una Calabria più libera e più giusta.

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