domenica,Aprile 28 2024

Caos oncologia al Gom, ipotesi di omicidio colposo per Correale e Giannicola

La Procura contesta un'altra pesante accusa ai due medici. Ma il gip ritiene non raggiunta la gravità indiziaria e rigetta la richiesta di misura

Caos oncologia al Gom, ipotesi di omicidio colposo per Correale e Giannicola

La Procura di Reggio Calabria contesta all’ex primario del reparto di oncologia del Gom, Pierpaolo Correale, ed al suo vice, Rocco Giannicola, anche il reato di omicidio colposo. Tuttavia, preliminarmente, va evidenziato che il Gip ha ritenuto di non accogliere la richiesta di misura cautelare per quest’accusa ritenendo non sussistenti i gravi indizi di colpevolezza.

Omicidio colposo

Per gli inquirenti, infatti, i due medici «causavano il decesso» di un paziente «nei termini di un’anticipazione dello stesso di circa quattro/cinque mesi rispetto al momento in cui si sarebbe verificato a fronte di una corretta valutazione del caso clinico. Sia in fase di ricovero che in fase di trattamento. Nonché di della somministrazione della terapia conforme alle linee guida, che avrebbero, di contro, garantito un periodo di sopravvivenza, libero da progressione della malattia e con migliore condizioni di vita».

La posizione clinica

Rispetto alla posizione clinica di un paziente affetto da carcinoma polmonare, il Gip ha valutato, proprio in merito alla contestazione di omicidio colposo, che Correale «si è difeso sostenendo che si sia trattato di un suo errore, sia pure incolpevole dovuto ad una svista in cui lo stesso era incorso nella visione della documentazione del paziente.

Il primario ha, però, sostenuto che tale errore non potesse ritenersi decisivo nell’avvenuto exitus del paziente o nell’accelerazione dello stesso. Dal momento che le metastasi cerebrali “ad alto rischio di letalità a breve termine” da cui lo stesso era afflitto, erano incompatibili con il trattamento immunoterapico e avevano imposto la somministrazione della radioterapia, che dopo i tre cicli cli chemioterapia avrebbe arginato, sia pure per poco tempo, il corso della malattia».

La difesa di Correale

Il primario, sentito sul fatto, ha rilasciato dichiarazioni che, per i giudici «instillano il dubbio che l’errore in cui lo stesso era incorso non fosse davvero evitabile. Fermo restando che l’omessa rilevazione della mutazione genetica si era ripetuta e replicata a catena nei successivi ricoveri e dimissioni».

Valutando gli elementi portati dall’accusa circa il reato di omicidio colposo, per gli inquirenti «Residuano ancora dubbi sotto il profilo della causalità della colpa. Non potendo affermarsi con alta probabilità e credibilità razionale che l’evento morte si sarebbe evitato con la condotta doverosa ed omessa, ossia che il paziente sarebbe sopravvissuto per più tempo grazie alla somministrazione della terapia immunologica».

Il quadro indiziario

Sono diversi gli elementi che compongono il quadro indiziario a carico del Correale e Giannicola. Sempre in merito al reato di omicidio colposo a loro contestato, con «condotte negligenti e imprudenti loro ascritte».

Si parla di mancata o inesatta valutazione di referti istologici. Erronea indicazione delle caratteristiche della patologia, omessa valutazione della cartella clinica. Omessa rivalutazione del caso clinico, omessa acquisizione del consenso informato del paziente. Sulle condotte e sulle scelte dei medici si sono espressi i consulenti della Procura.

Condotte colpose

«La condotta lecita alternativa, ovvero la somministrazione della terapia conforme alle linee guida – scrive il gip – avrebbe, come ribadito dai consulenti, garantito un periodo di sopravvivenza globale superiore di almeno quattro o cinque mesi rispetto a quello goduto e avrebbe altresì garantito. In tale periodo, migliori condizioni di vita rispetto a quelle godute dal paziente negli ultimi mesi prima di morire. L’anticipazione dell’evento letale provocata dalle condotte ascrivibili al Correale e Giannicola è idonea ad integrare gli estremi del delitto di omicidio colposo.

Le condotte colpose ritenute rilevanti rispetto alla causazione della morte del paziente nel momento e con le modalità di verificazione della stessa sono da ascriversi esclusivamente al Correale e Giannicola. Come visto, sono infatti i suddetti ad aver valutato per primi il paziente, in sede di visita pre-ricovero e in sede di avvio della terapia, e ad aver indicato la terapia da praticare per poi prescriverla in cartella.

È Correale che fa la prima valutazione del paziente compiendo un errore macroscopico, consistente nell’omessa corretta valutazione del referto istologico. Ed è Giannicola che, nonostante il dato divergente risultante dal raccordo anamnestico del paziente compilato in occasione del ricovero, prescrive la terapia indicata dal primario. Così dimostrando di essersi attenuto alle indicazioni di quest’ultimo senza compiere un’autonoma lettura della cartella e valutazione della storia clinica del paziente».

Le intercettazioni

Ad emergere, nel corso delle indagini, è una conversazione tra Correale e Giannicola, intrattenuta all’interno nell’ufficio dell’allora primario. I due si confrontano sul caso preso in oggetto dagli inquirenti. E leggendo la documentazione in loro possesso lo stesso Correale ammette l’errore di valutazione addebitando il tutto a una disattenzione.

“Ed io ho letto…Qua non c’è né dolo e né colpa. Mi è sfuggito. E siccome non è che gli ho cominciato la terapia, io ho detto: O lo ricoveriamo – come è scritto anche nella relazione – vediamo tutta questa roba qua e poi, dopo, ne parliamo. Ok?». Il dottor Correale addebita il suo errore ai colleghi di Napoli che avevano iniziato la pre-medicazione inducendolo in errore.

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