Bronzi di Riace, ecco come erano esposti nell’agorà di Argos

È appena uscito l’atteso libro sui Bronzi di Riace. Il volume, edito da Laruffa, riporta le teorie e i contributi dagli studiosi nazionali ed esteri, ed è curato dallo storico Daniele Castrizio. Si è cercato di fare ordine negli atti del convegno dell’ottobre 2018 con un lavoro che può appassionare esperti, ma anche semplici curiosi. Di lui invece cosa si può dire? Il professore Castrizio ha ammesso di essere affetto dalla “bronzite”, una “patologia” dalle quale non si guarisce. Per questo motivo non si fermano le ricerche sulle due statue greche esposte al museo di Reggio Calabria.

Uno studio che ha portato Daniele Castrizio, insieme alla preziosa collaborazione del grafico Saverio Autellitano, a ricostruire i colori dei bronzi, la loro storia e soprattutto la loro identità: chi erano i due guerrieri ritrovati nel mare di Riace?

Bronzi di Riace nel gruppo dei fratricidi

Le teorie del professore sono ben illustrate nella metaconferenza di cui tante volte vi abbiamo raccontato. In particolare, secondo lo storico reggino, le due statue rappresentano Eteocle e Polinice, ossia il gruppo dei fratricidi, formato dalle statue dei due fratelli, con in mezzo la madre Euryganeia, le cui preghiere a nulla valsero (perché i fratelli si uccisero in duello) e poi più in là Tiresia l’indovino e la terza sorella, Antigone. Le due statue sarebbero frutto del lavoro di Pitagora da Reggio e costruite nella città di Argo, così come testimoniato dalla natura della terra in essi contenuta.

Ma ad oggi una nuova traccia racconta quale sarebbe stata la loro collocazione. In quale cornice, cioè erano inseriti i bronzi.

Bronzi di Riace esposti nell’agorà di Argos

«Una scena a cinque quella dei Bronzi – afferma Castrizio – l’unico elemento in più è che, lavorando con il grafico Saverio Autellitano, ci siamo resi conto che noi possiamo ipotizzare e lo faremo nel prossimo intervento programmato sui bronzi, come nell’Agorà (probabilmente) di Argos venivano esposti i Bronzi. Saverio ha preparato la ricostruzione su un’esedra». L’esedra, in architettura, è un incavo a forma semicircolare.

«E si capisce che in questa specie di ferro di cavallo i bronzi stanno alle due estremità, il centro è occupato dall’unica statua che vorrei ritrovare, ossia quella della madre. E questa è una visione che a tre personaggi non funziona: a cinque invece sì, servono altre due figure intermedie così che la spaziatura sia perfetta e l’armonia possa esserci veramente».

E questo spiega come sono rappresentati i bronzi: «nei rilievi noi li vediamo in due dimensioni. Con l’esedra riusciamo a capire che avevano una disposizione spaziale tridimensionale anche bella ed interessante. Quindi i due guerrieri alle estremità che si guardano, al centro la madre e gli altri due personaggi di contorno che sono però funzionali al completamento della storia. Andremo ad Argos a vedere se troviamo la base».

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