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Reggio, al castello Aragonese “L’architettura scritta dalle donne” – VIDEO

Visitabile fino a venerdì 2 dicembre, l’esposizione è promossa dalla commissione Pari Opportunità dell’ordine degli Architetti della Città dello Stretto

Reggio, al castello Aragonese “L’architettura scritta dalle donne” – VIDEO

Da Reggio Calabria inizia a risuonare un’altra storia troppo poco conosciuta. È quella delle donne che hanno contribuito, con genialità e lungimiranza, al progresso umano attraverso l’architettura.

A raccontarla è la mostra “L’architettura scritta dalle donne. Storie vere ex Plautilla nobis” ideata e curata dalla commissione Pari Opportunità dell’ordine degli Architetti di Reggio Calabria e patrocinata dalla delegazione Calabria dell’Adi, associazione per il Disegno Industriale.

L’esposizione, allestita al castello Aragonese, è visitabile fino al prossimo 2 dicembre.

L’ispirazione

«Il romanzo storico di Melania Mazzucco intitolato L’architettrice, e ispirato alla storia della prima donna architetto dell’Europa preindustriale Plautilla Bricci, vissuta nel Seicento, ha dato l’impulso a questa nostra iniziativa che rispecchia pienamente una precisa urgenza.

La storia dell’architettura maschile ha sempre prevalso. Ai margini, anche sui libri sui quali si studia all’università, resta quella delle donne che invece hanno progettato opere bellissime. Avvolte nell’oblio nonostante abbiano disegnato l’architettura, contribuendo a scriverne la storia. Queste donne meritano, pertanto, di essere conosciute e ricordate.

Così, in questa mostra, proponiamo un excursus che da Plautilla Bricci arriva fino ai giorni nostri», ha spiegato Giovanna Caminiti, presidente della commissione Pari Opportunità dell’ordine degli Architetti di Reggio Calabria.

Un intro sonoro e due percorsi

L’esposizione consta di due percorsi. Il primo ha un incipit di grande impatto soprattutto sonoro: il canto di una balena, sempre ispirato al romanzo di Melania Mazzucco. Una suggestione per nulla casuale.

Ricostruendo la storia di Plautilla Bricci, la Mazzucco richiama, infatti, anche l’episodio in cui il padre, che molto l’aveva incoraggiata a coltivare la sua attitudine per l’arte e il disegno, le suggerì di non credere che non esistessero balene solo perché non le vedevano nel mare in quel momento. Le insegnò così ad andare sempre oltre, nella conoscenza come nella vita.

La casa di Plautilla e le mut(u)e conversazioni

Segue poi l’esposizione nella “Casa di Plautilla”, le cui mura sono rappresentate da quattro serie di pannelli – i cui colori richiamano i secoli – con la vita di quasi settanta professioniste e loro opere.

Un percorso che conduce a uno specchio nel quale riflettersi e rispondendo alla domanda “Plautilla sei tu?, ritrovare una parte di sé che la storia potrebbe avere nascosto. In fondo uno schermo e Plautilla Bricci, interpretata dall’attrice Silvana Luppino, che racconta la sua vita; poi una installazione che vede le sagome delle donne “raccontare” la loro passione e la loro architettura nelle “Mut(u)e conversazioni”.

Pioniere dell’architettura moderna

Così con Zaha Adid, alla quale si deve il meraviglioso progetto del Museo del mare di Reggio Calabria, scomparsa nel 2016, anche molte altre brillanti professioniste.

«La finlandese Signe Hornborg, la prima laureata in architettura nel mondo. L’americana Anna Keichline che ottiene sette brevetti, tra cui uno per un mattone dentellato. L’austriaca Margarete Schütte-Lihotzky alla quale si deve la progettazione della famosa Cucina di Francoforte, autentico archetipo delle odierne cucine componibili.

L’italiana Elena Luzzatto Valentini, la prima laureata in Italia. Teresa Sapey, architetto internazionale di origini italiane con studio a Madrid e che abbiamo avuto l’onore di ospitare qui a Reggio Calabria in occasione del seminario di apertura, svoltosi al convitto nazionale Tommaso Campanella», ha sottolineato ancora Giovanna Caminiti, presidente della commissione Pari Opportunità dell’ordine degli Architetti di Reggio Calabria.

L’esposizione, che si propone come itinerante, inizia così a sanare un debito di riconoscenza verso le donne che nei secoli hanno ideato e progettato, affinché nessun debito debba più esserci verso le professioniste di oggi e di domani.

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