sabato,Aprile 27 2024

Reggio, caseificio Alival chiuso dal 5 gennaio: dipendenti a casa – VIDEO

Anche se restano tre mesi prima dell’interruzione del rapporto di lavoro, lo stabilimento è già in dismissione. I sindacati solleciteranno un nuovo incontro con azienda e istituzioni

Reggio, caseificio Alival chiuso dal 5 gennaio: dipendenti a casa – VIDEO

Per il caseificio Alival di San Gregorio a Reggio Calabria il nuovo anno si è aperto con un’ultima produzione e un’ultima consegna inviata a Modena. Nonostante le sollecitazioni dei sindacati, nessuna soluzione alternativa è stata finora individuata per evitare la chiusura dello stabilimento del gruppo Nuova Castelli, di proprietà della multinazionale Lactalis, annunciata per il prossimo 31 marzo già lo scorso anno.

Caseificio in dismissione

Dopo il week end lungo dell’Epifania che ha chiuso le festività natalizie, oggi presso lo stabilimento non si è registrata alcuna ripresa. Anche i rifornimenti di latte e cagliata si sono fermati. Le ultime attività produttive risalgono al 4 gennaio. Anche se restano tre mesi prima dell’interruzione del rapporto di lavoro, lo stabilimento è già in dismissione con i 79 dipendenti a casa.

Dal primo aprile disoccupati

Fino al 31 marzo, saranno corrisposti gli stipendi, pur senza alcune indennità legate alla presenza sul posto di lavoro (almeno un paio di centinaia di euro in meno in busta paga per ciascun dipendente). Poi, dal primo aprile, la disoccupazione. Del gruppo che aveva accettato le proposte di trasferimento fuori dalla Calabria per mantenere il posto di lavoro, sono rimasti in meno di 10. Alcuni che avevano aderito in un primo momento, ci hanno ripensato. Questo a oggi il quadro.

Tre mesi per sperare

Ci sono ancora tre mesi prima del termine del 31 marzo. Resta, tuttavia, un dato: in questi mesi nessun acquirente si è fatto avanti. Soluzione che, a dire il vero, anche in occasione della prima e unica seduta del tavolo tecnico istituzionale incardinato in prefettura a Reggio, lo scorso novembre, sembrava lontana.

Così, dopo l’annuncio dello scorso aprile, la mobilitazione dei 79 dipendenti, le trattative sindacali e le interlocuzioni istituzionali, a oggi non sono riuscite ad incidere sull’epilogo di chiusura. Dal primo aprile perderanno il lavoro circa 70 persone (e famiglie). Oggi lo stabilimento non ha aperto battenti ma, nel rispetto del piano sociale concertato con i sindacati nell’agosto scorso, i licenziamenti avranno decorrenza soltanto dal primo aprile.

Le richieste dei sindacati

«Amarezza e delusione nei confronti delle istituzioni che non hanno saputo difendere un sito produttivo grande e di qualità. È stata mortificata la professionalità di 79 lavoratori che per decenni si sono spesi con abnegazione. La città è stata privata di un altro dei suoi tanti gioielli sacrificati sull’altare dell’incapacità di salvaguardare il territorio», dichiarano i sindacati Flai Cgil, Flai Cisl e Uila Uil.

«Noi continueremo ad affiancare i lavoratori. Ci attende la contrattazione con l’azienda relativamente alla seconda parte del piano sociale che dovrà prevedere, tra l’altro, un congruo indennizzo per i lavoratori che dal primo aprile saranno disoccupati. Il sindacato pretenderà anche dalle istituzioni la costruzione di rete di una protezione attraverso un’assunzione di responsabilità verso questi lavoratori.

Dovranno essere adeguatamente salvaguardati attraverso un accordo quadro. Le tutele dovranno riguardare i possibili acquirenti che dovessero farsi avanti nelle prossime settimane e anche dopo la definitiva interruzione del rapporto e le nuove opportunità di lavoro attivate sul territorio metropolitano e regionale», annunciano i sindacati. Intanto in questi giorni sarà chiesto un nuovo incontro con l’azienda e con istituzioni.

top