venerdì,Aprile 26 2024

Reggio, forum su giustizia riparativa: la riforma Cartabia punta alla pacificazione sociale – VIDEO

Il palazzo della corte di appello ha ospitato un confronto tra giudici, avvocati e rappresentanti del terzo settore

Reggio, forum su giustizia riparativa: la riforma Cartabia punta alla pacificazione sociale – VIDEO

La riforma della ministra Marta Cartabia e la disciplina organica in materia di Giustizia riparativa sono stati al centro del forum svoltosi nella sala adibita alla formazione presso il palazzo della Corte di Appello di Reggio Calabria. Promosso dal centro comunitario Agape, dalla rete di avvocati Marianella Garcia, dall’ordine degli avvocati di Reggio Calabria, il forum è stato animato dagli interventi dei presidenti dell’ordine degli avvocati e del tribunale di Sorveglianza reggini, rispettivamente Rosario Infantino e Daniela Tortorella, della garante dei diritti dei detenuti, Giovanna Russo (che ha inviato un messaggio), e della delegata del centro regionale della giustizia minorile Cinzia Santo.

Dopo l’introduzione, si sono avvicendati Mario Nasone, presidente Centro Comunitario Agape, Massimo Canale e Carlo Morace, avvocati della rete Marianella Garcia, Stefano Musolino, segretario nazionale di Magistratura Democratica. Poi ancora Rosa Maria Morbegno, direttrice dell’Ufficio servizio sociale per minori, Daniela Barillà in rappresentanza dell’Ufficio esecuzione penale esterna, Giuseppe Marino, coordinatore regionale Camere Minorili, e Luciano Squillaci, portavoce regionale Forum Terzo settore.

Un momento di confronto essenziale vita la portata rivoluzionaria della riforma che innova la giustizia investendo inevitabilmente gli attori e le attrici che ogni giorno la perseguono dentro e fuori dalle aule dei tribunali.

La riparazione in luogo della punizione

Una riforma che traduce in legge una realtà di fatto già delineatasi, in cui la riparazione si contrappone alla punizione. Non vi sono solo lo Stato che punisce e l’autore del reato che poi viene condannato e sconta la pena. Parte integrante del paradigma diventa la vittima e fase essenziale è il suo “incontro” con l’autore del reato. In questo senso si parla di Giustizia che ripara, ricucendo uno strappo, risanando la lesione del patto sociale che è alla base del reato. Una lesione che, anche in caso di autori adulti (ed è questo uno degli aspetti più rivoluzionari), potrebbe non condurre a una condanna.

«Dobbiamo tendere verso una cultura della riparazione piuttosto che della punizione. Questa riforma, marcatamente orientata verso una giustizia appunto riparativa ci offre la possibilità di confrontarci sulla portata rivoluzionaria che la contraddistingue. Non più una contrapposizione tra chi con il reato ha violato il passo sociale e chi il reato lo ha subito. Piuttosto l’individuazione di percorsi di mediazione e, appunto, riparazione con il coinvolgimento della comunità». Lo ha sottolineato Lucia Lipari, responsabile avvocati Marianella Garcia, anche moderatrice del forum.

Una riforma che ha recepito la realtà

Una riforma definita rivoluzionaria anche se recettiva di una realtà. Nei fatti già si era delineata, laddove la giustizia già cercava e trovava varchi nuovi per svecchiarsi e meglio rispondere alle sue finalità di tutela dei diritti. I principi che ispirano la giustizia riparativa erano, infatti, già alla base di azioni sperimentali e innovative dai risultati incoraggianti come la messa alla prova, istituto nato nell’ambito della giustizia minorile, e poi esteso anche agli adulti.

Prima del processo

«Con la riforma Cartabia, la giustizia riparativa anticipa la sua portata nell’ambito del processo intervenendo prima dell’esecuzione della pena e non solo per in ambito minorile. Diventa, cioè, uno strumento alternativo alla pena e alla sanzione, anche in fase delle indagini preliminari e addirittura prima». È quanto ha spiegato il magistrato Stefano Musolino.

Un momento decisamente alternativo all’avvio del procedimento penale, mantenendo la dimensione di una conciliazione volontaria tra vittima e autore del reato. Una fase funzionale alla cura di quella ferita che il reato ha generato nel contesto sociale e che l’autore del reato ha causato alla vittima.

Gli effetti possono variare dall’attenuazione della pena in caso di condanna alla concessione di benefici, nel caso di cui essa intervenga durante l’esecuzione della pena. Tra le novità vi è la messa alla prova, non più un istituto tipico di giustizia minorile. Esteso agli adulti su disposizione dei tribunali di sorveglianza, esso diventa una concreta alternativa a qualunque pena e per qualunque tipo di reato. Un’alternativa che non è completamente esaustiva della sanzione ma che riduce la sanzione medesima e i suoi effetti». È quanto ha spiegato ancora Stefano Musolino, segretario nazionale di Magistratura democratica.

Un intento deflattivo dei processi che ha ricadute profondamente innovative in tema sociale. Una riforma che tuttavia non è esente dal generare qualche perplessità.

Dalla punizione alla pacificazione sociale

«Non più un processo penale incentrato sulla punizione – ha spiegato l’avvocato Massimo Canale – ma un processo penale che punta alla pacificazione sociale. Una prospettiva nuova per noi avvocati. Da oggi in poi, tra i nostri doveri deontologici ci sarà anche quello di proporre percorsi di giustizia riparativa.

Il legislatore ha adottato un approccio prudenziale. Non è prevista una immediata estinzione del reato al momento della scelta, frutto di volontarietà e consapevolezza, di adesione ai programmi di giustizia riparativa, nel caso di reati entro un certo livello di pena.

Ciò sarebbe stato invece auspicabile per concludere la vicenda penale, proprio in ragione dell’attitudine alla ricerca di una pacificazione sociale. I programmi di giustizia riparativa, dunque, incidono sull’entità della pena per tutti in reati, rimarcando la centralità del valore della pacificazione sociale». È quanto ha spiegato ancora Massimo Canale, avvocato della rete Marianella Garcia, associazione di legali impegnati pro bono nella tutela dei diritti delle fasce più deboli.

Una giustizia di comunità

«Questa riforma restituisce alla comunità il senso della Giustizia. Quando si commette un reato si genera una frattura sociale che non può essere sanata rimanendo chiusa dentro le aule di un tribunale. Così facendo si persegue solo una giustizia punitiva.

Invece questa riforma, non parlando di mera riparazione ma di Giustizia riparativa e dunque di giustizia di comunità, coinvolge tutte le componenti e restituisce una dimensione unitaria a quella frattura. Un’esperienza che non nasce con questa riforma.

Il Terzo settore accompagna, infatti, questi processi già da tempo. Lo fa attraverso le esperienze dell’associazionismo e del volontariato impegnato in attività di mediazione in collaborazione con i tribunali. Il suo ruolo adesso è riconosciuto come elemento di congiunzione. Come parte integrante di un nuovo modo di fare giustizia». Così ha concluso Luciano Squillaci, portavoce forum regionale del Terzo Settore.

Articoli correlati

top