domenica,Aprile 28 2024

Reggio, Scopelliti: «Non c’erano i presupposti per sciogliere il Comune»

L’ex sindaco e già governatore a Caulonia per presentare il suo libro. «Città stuprata e offesa dallo Stato»

Reggio, Scopelliti: «Non c’erano i presupposti per sciogliere il Comune»

«Perché è stato sciolto Reggio? Non c’erano i presupposti per sciogliere il Comune, poi è accaduto qualcosa che ha fatto cambiare idea al ministro Cancellieri». Così l’ex sindaco di Reggio Calabria e già presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, a Caulonia per presentare il suo libro “Io sono libero”, ospite del movimento politico “Dipende da noi”.

«La città è stata penalizzata dallo Stato – ha proseguito Scopelliti – I parlamentari reggini, tutti, dovrebbero fare un disegno di legge chiedendo al Governo un risarcimento di 1 miliardo di euro per i danni che lo Stato ha provocato alla città, caso Reggina incluso. L’aspetto più grave – ha rimarcato – è che a Reggio nessuno è più in grado di scendere in piazza a protestare. L’ultima manifestazione l’hanno fatta gli immigrati per come erano gestiti. Reggio è stata stuprata, delegittimata e offesa».

Scopelliti ha poi parlato della condanna per falso ideologico a quattro anni e sette mesi, relativa ad alcune vicende accadute, tra il 2008 e il 2009, quando era sindaco di Reggio Calabria. «La condanna che ho subito è stata esemplare – ha spiegato – prima di me il massimo della pena era non superiore a un anno e mezzo. Pensavo di essere una risorsa per la mia terra, ma forse mi sono sbagliato. Avevamo vinto con il 58% dei consensi, ma è stato tutto spazzato via da una sentenza. Se torno in politica? Adesso preferisco fare altro».

Il libro gode della prefazione di Gianfranco Fini, ex leader di Alleanza Nazionale. «Fu lui a convincermi a candidarmi a sindaco nel 2002 – ha raccontato – È stata l’ultima persona che ho sentito prima di entrare in carcere. Mi ha dimostrato affetto e amicizia vera, a differenza di altri. Che effetto mi ha fatto entrare in un carcere? Dalla vita ho avuto tanto, ma mi è stato tolto tantissimo. Su 100 detenuti ne conoscevo solo 2 di vista, avendo avuto fortunatamente altre frequentazioni. Quando mi hanno accompagnato alla mia cella ho trovato i nomadi a cui avevo assegnato delle case. Ho avuto rapporti educati con tutti, zero conflitti. Allenavo la squadra di basket con alcuni detenuti scafisti e la sera preparavo dolci».

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