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Nel 1996 a Lazzaro l’omicidio di Francesco Giorgino, la moglie Domenica: «Ancora attendiamo giustizia»

Non gli consegnò un litro d’olio e per questo il boss della zona Giovanni Scappatura, oggi ancora latitante, lo freddò con alcuni colpi di pistola nella sua officina, 27 anni fa

Nel 1996 a Lazzaro l’omicidio di Francesco Giorgino, la moglie Domenica: «Ancora attendiamo giustizia»

«Lo strappo di un’ala non si rimargina. Quell’ala manca e mancherà sempre. Manca e basta. Ecco come io e i miei figli, Annamaria e Salvatore Maurizio, ci sentiamo dal 21 febbraio 1996».

Il dolore non passa. Non passa mai completamente quando la perdita lascia un vuoto davvero troppo grande che non è colmabile. Domenica e i suoi figli conoscono bene questa struggente nostalgia, questo distacco che non si esaurisce. Francesco Giorgino era un padre affettuoso e presente, un marito che ancora oggi, a distanza di 27 anni da quel tragico giorno, accende ancora gli occhi di Domenica quando parla di lui.

In Calabria per amore

Era pugliese, originario di Cerignola in provincia di Foggia, Francesco Giorgino. Aveva solo quaranta anni. Lui e Domenica si erano conosciuti a Milano e si eravamo subito innamorati. Lui era venuto in Calabria per seguirla e coronare qui il loro sogno d’amore. «Era la mia terra di origine, la Calabria – racconta Domenica – ma presto divenne anche la sua, per il mare e per l’amore che qui lo aveva condotto. Questa, tuttavia, fu per lui anche la terra di una morte tragica».

Il 21 febbraio 1996

Quel 21 febbraio 1996 sembrava un giorno come tanti. A Lazzaro, frazione di Motta San Giovanni nel comprensorio metropolitano di Reggio Calabria, «erano da poco trascorse le ore 18 quando in prossimità dell’officina, dove ogni giorno Francesco si recava per lavorare, la confusione attirò anche noi familiari. I miei figli erano solo dei bambini. Il padre era appena stato ucciso da alcuni colpi di pistola». In pochi minuti per un litro d’olio non consegnato al boss della zona, Giovanni Scappatura, che lo aveva richiesto, la vita di una famiglia è andata in frantumi. Da allora Giovanni Scappatura, per altro sottoposto a sorveglianza all’epoca del fatto, e la madre sono latitanti.

Nessuna giustizia

Domenica e i suoi figli non hanno ancora avuto giustizia. Diversamente da altri, tanti altri, delitti rimasti impuniti, in questo caso la verità si conosce. Ma non è bastata per assicurare un epilogo a questa vicenda. Una mancanza che allarga lo strappo e alimenta una amarezza profonda mista a rabbia anche per via della lunga battaglia, ancora in corso, per ottenere il riconoscimento di familiari di vittime di mafia. 

Il ricordo

«Non lo dimenticheremo mai. Il tempo non sana le ferite. Lo vorrei sempre qui con me. Vorrei vederlo gioire con i miei figli dei suoi nipoti. Il primo, Francesco, si chiama come lui. Poi ci sono i gemellini Christian e Damiano e ancora Daisy e il piccolo Giuseppe che deve compiere due anni. Nipoti che non ha mai conosciuto e che avrebbe amato con dolcezza con ha fatto con i suoi figli. La nostra vita, seppure tra tante salite e difficoltà, è andata avanti. I miei figli mi hanno donato cinque gioie grandi. Ma a tutti noi manca sempre quell’ala per innalzarci in volo», spiega ancora Domenica.

«Mio figlio Salvatore Maurizio continua a scrivere lettere al padre, perché quegli otto anni in cui l’ha avuto nella sua vita evidentemente sono stati troppo pochi. Annamaria conserva come la cosa più sacra, in una busta, alcune lire ancora sporche di sangue che il padre aveva in tasca quando fu ucciso. Io conservo la tuta da lavoro che mio marito indossava quel giorno in cui la nostra vita cambiò per sempre». Non sono solo cose, ma sono le ultime cose che mio marito Francesco Giorgino ebbe con sé prima di un distacco prematuro, feroce e ingiusto. Una morte tragica che è anche un delitto impunito.

Le domande ancora senza risposta

«Ma cosa sorvegliavano?». Continua a chiederselo Domenica che da sola si è ritrovata improvvisamente e tra mille difficoltà a crescere due figli piccoli. «Un uomo sorvegliato è stato libero di possedere una pistola e di usarla per uccidere un altro uomo, indisturbato a pochi metri da casa sua. È stato libero di intimidire me e i miei bambini, prima di sparire nel nulla». La storia di Francesco Giorgino, tra i nomi da non dimenticare che Libera ogni 21 marzo ricorda ad alta voce, è però una delle troppe rimaste senza giustizia. Grazie alla testimonianza del giovane aiutante di Francesco Giorgino, oggi lontano dalla Calabria, e di altri che raccontarono cosa videro, da subito si conobbe l’identità del responsabile. Nonostante ciò, egli è oggi ancora latitante. Una condizione che pesa sulle Istituzioni come sulla coscienza di tutte le persone perbene.

Una storia di dolore che ogni giorno, oltre questo singolo che scandisce il fluire del tempo, ricomincia. La trama, però, non arriva mai a una conclusione. Il tempo sembra scorrere inerte.

«Non smettiamo di invocare giustizia ma siamo stanchi e amareggiati», ha concluso Domenica Diano Giorgino.

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