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Caso Correale, dopo il riesame anche il Tribunale civile dà ragione al Gom e rigetta il reclamo dell’ex primario: «Non c’è demansionamento»

Il giudice ritiene non meritevole di accoglimento il reclamo anche in ragione dell'intervenuta misura cautelare che, impedendo al dottor Correale di esercitare la professione medica per dodici mesi, fa venire meno un eventuale pregiudizio imminente e irreparabile

Caso Correale, dopo il riesame anche il Tribunale civile dà ragione al Gom e rigetta il reclamo dell’ex primario: «Non c’è demansionamento»

I giudici del Tribunale di Reggio Calabria sezione civile settore lavoro si sono espressi rigettando il reclamo presentato dall’ex primario del reparto di Oncologia del Gom Pierpaolo Correale. Una decisione che arriva a fare luce circa il demansionamento che ha visto il medico perdere la qualifica di primario a fronte di quella di altissima professionalità̀ interrotto a causa dell’intervenuta misura cautelare.

Il demansionamento

«All’esito della valutazione del Collegio Tecnico relativa all’incarico quinquennale di Direttore dell’U. O. C. di Oncologia Medica del Dottor Pierpaolo Correale, delibera di non confermare l’incarico di Direttore della Struttura Complessa di Oncologia Medica». Così con delibera del 10 agosto 2023 il commissario straordinario del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria ha preso atto «delle note 24606 del 28/06/2023 e 29350 del 08/08/2023 con le quali il Direttore Sanitario aziendale f. f. ha trasmesso all’UOC Gestione e Sviluppo Risorse Umane e Formazione, tra l’altro, i verbali del Collegio Tecnico relativi alla valutazione di I istanza del Direttore dela Struttura Complessa di Oncologia Medica, in cui si esprime parere negativo».

Il reclamo

Note contestate da Correale che ha depositato reclamo adducendo i motivi chiedendo la riforma del decreto di rigetto e di «accertare e dichiarare l’illegittimità delle procedure di valutazione del Dirigente medico». La difesa del Gom ha ribadito l’opposizione alla domanda portando avanti «l’inammissibilità del reclamo per carenza originaria di interesse perchè al momento della proposizione dell’impugnazione (4 dicembre 2023), il Dott. Correale risultava assoggettato (e lo è ancora oggi) alla misura cautelare personale del “divieto temporaneo di esercizio della professione medica […] per la durata di dodici mesi”, applicata dal G.I.P. di questo Tribunale con ordinanza del 16 novembre 2023. A

l momento della proposizione del reclamo, quindi, il Dott. Correale non aveva alcun interesse ad ottenere la riforma dell’ordinanza ex art. 700 resa da codesto On.le Tribunale in quanto lo stesso, a partire dal 16 novembre 2023, non può svolgere la professione medica e, quindi, anche l’incarico di Direttore di Oncologia del Gom».

La decisione dei giudici

Il Collegio ritiene il reclamo «non meritevole di accoglimento». Correale, infatti, risulta raggiunto da provvedimento dell’Autorità giudiziaria penale di interdizione temporanea dall’esercizio della professione medica. La misura è stata impugnata ma «per quanto dedotto dalla difesa reclamante, confermata anche in sede di appello cautelare pur rappresentando la difesa reclamante l’intento di proporre impugnazione con ricorso per Cassazione».

La misura cautelare

La posizione del dottor Correale non migliora. Infatti, la sentenza civile arriva a neanche un mese dalla decisione dei giudici del Tribunale delle Libertà che hanno rigettato il ricorso dell’ex primario. Il medico si era opposto e fatto ricorso alla misura cautelare della sospensione per un anno dal servizio. I giudici del Tribunale delle Libertà hanno, però, rigettato il ricorso confermando quanto disposto dal gip Karin Catalano. Su richiesta della Procura di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri. «Sussiste indubbiamente un concreto ed attuale pericolo di reiterazione dei reati della medesima specie di quelli qui contestati agli indagati Correale Pierpaolo e Giannicola Rocco».

Le accuse

Le accuse che hanno portato alla misura cautelare della sospensione per un anno dell’ex primario del reparto di oncologia del Gom Pierpaolo Correale e del suo vice Rocco Giannicola sono di somministrazione di farmaci imperfetti, falsità materiale e ideologica, abuso d’ufficio e truffa.

I giudici del Riesame hanno confermato che, in merito alle esigenze cautelari «devono condividersi le considerazioni rese dal giudice di prime cure. Reputando sussistente il pericolo concreto e attuale di reiterazione dei reati in questione, in quanto i due indagati si sono resi responsabili di gravi, reiterate è sistematiche condotte ai danni di pazienti. Del SSN e degli stessi colleghi in arco temporale ampio che va dal 2017 fino ad almeno il 2022, al chiaro fine di perseguire propri ed esclusivi interessi personali e professionali in maniera del tutto illecita. Infatti, il falso da parte di Giannicola è stato commesso nel luglio 2022.

Ebbene, da tale ultima condotta si evince chiaramente il forte radicamento dei comportamenti illeciti accertati e l’incapacità in capo ai due indagati di esercitare la professione medica nel rispetto delle prescrizioni normative da parte dei due indagati. Del resto, nonostante fossero entrambi a conoscenza di tale indagine e dei procedimenti interni avviati dalla struttura sanitaria d’appartenenza, persistevano nelle condotte prevaricatrici nei confronti dei colleghi e nel praticare somministrazioni in assenza dei presupposti di legge (quale nella specie il consenso informato)».

Le motivazioni

Per i giudici del TdL i comportamenti dei medici esaminati «hanno dimostrato la presenza in capo agli indagati di una censurabile scelta di disinteressarsi dei rischi della salute dei pazienti rispetto al pervicace intento di portare a termine i propri studi e sperimentazioni, usando la cosa pubblica, quale il reparto di oncologia del G.O.M. di Reggio Calabria, come fosse un bene nella loro esclusiva titolarità. Né tanto meno gli stessi nel corso dell’interrogatorio hanno mostrato un comportamento diverso e consapevole, adducendo piuttosto delle giustificazioni poco attendibili volte a sminuire le contestazioni e a screditare i colleghi, negando in generale gli addebiti loro attribuiti».

I rischi

Un modus operandi che ha portato i giudici a confermare la scelta di sospendere l’attività in quanto, nonostante il demansionamento proseguiva «il loro rapporto di lavoro con la struttura sanitaria, con conseguente concreto rischio, laddove tale misura dovesse essere revocata, di commissione di analoghe condotte da parte degli stessi».

Abbiamo chiesto al Commissario straordinario,  Gianluigi Scaffidi, un commento sui due provvedimenti. Ci ha risposto che non ha nulla da dichiarare in quanto «si commentano da soli».

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