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L’eredità di Mario La Cava: a 35 anni dalla morte c’è un patrimonio di inediti in attesa… di un editore

Il figlio Rocco: «Il compito di diffondere la sua opera spetta anche alle istituzioni regionali e ai centri di studio e ricerca universitaria»

L’eredità di Mario La Cava: a 35 anni dalla morte c’è un patrimonio di inediti in attesa… di un editore

Moriva 35 anni fa nella sua Bovalino, nel reggino, lo scrittore Mario La Cava. Aveva 80 anni e lasciava un’eredità preziosa di scritti, parte dei quali ancora oggi inediti. Era nato solo tre mesi prima del devastante terremoto, l’11 settembre 1908.

Un patrimonio inedito

«Mio padre ha scritto molto ma non è riuscito a pubblicare tutto: romanzi, saggi, caratteri e racconti, ai quali era particolarmente legato. Tanto è stato pubblicato in vita e dopo la sua morte – spiega il figlio dello scrittore Rocco La Cava – ma ancora molto resta in attesa di un editore coraggioso e intraprendente che curi la stampa di un’Opera Omnia dell’inedito.
Si potrebbe pensare che io sia di parte, affermando che mio padre è stato un intellettuale a tutto tondo del Novecento, ma questa non è una vanteria. Io vorrei che le sue opere venissero lette tutte, o nella massima misura possibile.
Solo così il suo valore sarà riconosciuto e la sua opera potrà essere di riferimento, diventando patrimonio non solo per la Calabria ma dell’intero nostro Paese. Questo compito spetta anche alle istituzioni regionali e ai centri di studio e ricerca universitaria». Così incalza il figlio Rocco La Cava.

La vita, un esercizio di resistenza

L’acume e la capacità di osservazione di Mario La Cava sono maturati nella sua Calabria, nella provincia reggina. Un intero mondo in miniatura che fu ispirazione per la sua scrittura e il suo contributo alla letteratura che, come la poesia, è alimento per l’anima. Per lui la vita è rimasta un mistero. Un esercizio costante di resistenza.

Il legame con Reggio Calabria

Uomo che visse il suo tempo e che si addentrò anche nella storia della sua Terra, Mario La Cava coltivò profondamente pure il legame con Reggio Calabria, e non solo nel frangente delle scuole negli anni Venti. Frequentò il liceo classico come contribuisce a ricostruire il volume il “Diario e altri scritti” della madre Marianna Procopio. La sua adolescenza nella città calabrese dello Stretto, ispirò il suo primo romanzo “Mimi Cafiero” poi pubblicato nel 1959.

A Reggio Calabria fu legato, nel tempo, da un sentimento crescente e sconfinato al punto di rivendicare per la patria di Corrado Alvaro, Fortunato Seminara e Francesco Perri, un destino di città di cultura e di rara bellezza. Manifesto di questo amore è il volume “Lettere da Reggio Calabria”, contenente foto d’epoca e scritti che il figlio Rocco raccolse e pubblicò nel 2016.

Il sole duro della Calabria

Un viaggio a ritroso nel tempo che offre una chiave di lettura del presente, fermando le bellezze come i fallimenti della storia e restituendo una città che, nonostante tutto, deve ancora esprimere il suo meglio. Quel destino di grande città per Reggio Calabria non è ancora compiuto.

«Ma è soprattutto d’inverno, quando molte regioni sono oppresse da un cielo plumbeo in cui il sole sembra aver abbandonato la terra, che al confronto la nostra regione diventa un soggiorno particolarmente beato. Poco tempo dura la pioggia e poi, nei mesi più fieri dell’inverno cattivo, splende abbagliante il sole più puro. Con esso la vita dura e il dolore sembrano un ricordo lontano».

Una penna sensibile

La sua attenzione agli ultimi nutrì di sensibilità il suo sguardo. Tra il primo e l’ultimo romanzo dello scrittore calabrese, rispettivamente Il matrimonio di Caterina (scritto nel 1932 ma pubblicato solo nel 1977) e Una stagione a Siena (1988), tante le opere.

I Caratteri, i Fatti di Casignana del 1922, Vita di Stefano, Colloqui di Antonuzza, Viaggio in Israele e tanti altri, tra romanzi, saggi e opere teatrali di Mario La Cava, fino alle pubblicazioni postume. Tra queste, l’epistolario con Leonardo Sciascia Lettere dal centro del mondo 1951-1988, nel 2012, e I miei maffiosi nel 2019.

Voce al Sud

Osservava e scrutava l’animo umano e i luoghi di una Calabria vivida ma anche ruvida. Faceva parlare il Sud martoriato e straordinario attraverso i suoi contadini, i suoi emigranti, gli ultimi. A quella terra lontana dai centri che contavano e che necessitava di un riscatto dalla durezza e dalla crudezza della vita, con tutto sè stesso, ha sperato con tutto sé stesso di aver dato una voce.

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