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Beni confiscati, Reggio prima tra le province calabresi con oltre tremila immobili sottratti alle ‘ndrine

Nell'anniversario dell'entrata in vigore della legge (109 del 1996) sul riutilizzo sociale del patrimonio illecitamente accumulato, Libera promuove il focus Calabria del dossier "Raccontiamo il bene"

Beni confiscati, Reggio prima tra le province calabresi con oltre tremila immobili sottratti alle ‘ndrine

Sono trascorsi 28 anni dalla legge che nel 1996, sulla scia dell’intuizione della legge Rognoni La Torre del 1982 che aveva introdotto le misure di prevenzione di carattere patrimoniale per beni illecitamente accumulati, associava a questi provvedimenti restrittivi per contrastare le mafie, la dimensione culturale di riutilizzo sociale. Una conquista resa possibile anche dall’impegno di Libera associazione Nomi e Numeri contro le Mafie che nel 1995 promosse una imponente petizione popolare.

28 anni durante i quali, nonostante i passi in avanti compiuti, non abbastanza è stato fatto per assicurare che gli stessi beni fossero consegnati in condizioni adeguata all’utilizzo. Non fossero cioè degradati, danneggiati, abusivi, difformi rispetto a norme antisismiche al momento della consegna a enti locali, associazioni e cooperative, deputati a realizzare il fine sociale. Vengono in aiuto le risorse, anche con il Pnrr, ma non sempre l’accessibilità è piena e adeguatamente garantita.

Reggio, prima provincia in Calabria e seconda Città Metropolitana in Italia

Calabria, quarta regione per numero di immobili ancora in gestione dopo Sicilia, Campania e Lazio, con 1876 unità in carico all’Agenzia nazionale, e seconda per numero di beni destinati con 3137 unità immobiliari dopo la Sicilia. Continua, però, a rimanere di difficile ricostruzione la mappatura dell’assegnazione e dell’effettivo riutilizzo sociale dei beni destinati. Eppure sarebbe proprio questo lo scopo ultimo della legge e di tutti gli attori nel tempo costituiti per perseguirlo.

Nel panorama nazionale la Calabria con i suoi oltre 5500 beni confiscati (immobili e aziende in gestione e confiscate) è la terza regione dopo Sicilia e Campania. Il comune e la città Metropolitana di Reggio Calabria restano tra i più interessati dalla presenza di beni confiscati sul loro territorio. Reggio è la seconda città Metropolitana in Italia soltanto dopo Palermo e prima di Napoli Roma e Milano per numero complessivo di beni confiscati (immobili e aziende) insistenti sul territorio.

I beni immobili

Secondo l’agenzia nazionale dei Beni confiscati solo nel territorio metropolitano di Reggio, prima provincia in regione, 2200 sono gli immobili destinati (su 3137 in tutta la Calabria). Di questi 524 solo nel comune di Reggio). Sono invece 1017 (su 1876 in tutta la regione) quelli ancora in gestione all’agenzia. Sono 332 quelli insistenti nel solo comune di Reggio. Nel reggino in tutto sono oltre tremila gli immobili sottratti al malaffare mafioso. E parliamo solo di immobili che in Italia complessivamente sono oltre 22mila quelli destinati e quasi 20mila quelli ancora in gestione.

Le aziende

Quasi 550 sono le aziende confiscate in Calabria. Di queste 310 sono aziende ancora in gestione; 190 insistono sul territorio metropolitano di Reggio. Nel comune di Reggio le aziende confiscate in gestione sono 66.

Le aziende destinate sono 227 in tutta la Calabria. Di queste 129 insistono sul territorio metropolitano mentre 46 solo nel comune di Reggio.

“Raccontiamo il bene”: l’indagine di Libera

«In Calabria sono 149 i soggetti che in 43 comuni sono impegnati nella gestione beni immobili confiscati alla criminalità organizzata. Il 67% è rappresentato da associazioni, il 15% da Cooperative sociali e consorzi di cooperative. Tra i soggetti ci sono 13 realtà del mondo religioso (diocesi, parrocchie e Caritas), 5 fondazioni e 7 enti pubblici (tra cui aziende sanitarie, e consorzi di Comuni). Sono 87 i soggetti gestori svolgono attività direttamente legate a servizi di welfare per la comunità e 50 si occupano di promozione del sapere, del turismo sostenibile e della cultura. Le esperienze legate ad attività agricole e ambientali sono 16 e 7 quelle attività sportive.

In Italia sono 1065 (+7,4% rispetto scorso anno) i soggetti diversi impegnati nella gestione di beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ottenuti in concessione dagli Enti locali, in 20 regioni, in 383 comuni». Ecco i dati di Libera. L’associazione nomi e numeri contro le mafie ha censito le esperienze di riutilizzo sociale dei beni confiscati dedicando nel dossier “Raccontiamo il bene” un focus alla Calabria.

L’indagine è incentrata sulle pratiche di riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. Lo scopo è quello di dare luce e voce alle tante energie che nel Belpaese, in silenzio, costruiscono e abitano una comunità alternativa a quelle mafiosa, lavorano e si impegnano per generare e alimentare bene comune.

Alcuni dati

«Nel censimento non sono compresi i beni immobili riutilizzati direttamente per finalità istituzionali dalle amministrazioni statali e locali. Tuttavia per la Calabria possiamo fornire una stima dei beni mantenuti al patrimonio dello stato per fini istituzionali pari a 342 beni. Circa 600 sono i beni gestiti direttamente dagli enti locali. Nella ricerca Libera ha ricostruito la tipologia di immobili gestiti dai soggetti gestori. In molti casi la singola esperienza di riutilizzo comprende più beni confiscati, anche di tipologia catastale diversa. Sono 72 i soggetti gestori che svolgono le loro attività in appartamenti, a volte con box auto o con dei piccoli giardini. Sono 35 le esperienze di gestione di terreni a uso agricolo mentre sono 40 esperienze hanno in gestione ville e fabbricati su più livelli e di varia tipologia catastale o singole palazzine». Ecco altri dati elaborati nel focus Calabria del dossier “Raccontiamo il bene”.

Misure di prevenzione patrimoniale strumento strategico

«Oggi, dopo 28 anni dall’approvazione della legge 109 – commenta Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni Confiscati di Libera – con 1065 soggetti della società civile organizzata che gestiscono beni confiscati, possiamo scrivere con convinzione che il primo obiettivo è stato raggiunto. I beni confiscati, da espressione del potere mafioso, si sono trasformati in beni comuni, strumenti al servizio delle nostre comunità. Un’economia che tutti noi possiamo toccare con mano e che cambia radicalmente le nostre vite. Raccogliamo, tuttavia, anche segnali preoccupanti del mondo della politica. Costanti sono l’attacco alle misure di prevenzione, i tentativi di privatizzare i beni confiscati e piegarli alla logica dell’economia capitalista. C’è poi anche l’aspetto della gestione delle risorse dedicate ad oggi piuttosto confusionaria. Non possiamo accettare che ci siano passi indietro su questo. Le misure di prevenzione si sono dimostrate uno dei più importanti strumenti nella lotta alle mafie e alla corruzione. Da subito esse hanno agito sul controllo economico e sociale con il quale i clan soffocano i territori». Così ha concluso Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni Confiscati di Libera.

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