venerdì,Marzo 29 2024

Reggio, beni confiscati inutilizzati e protocolli inattuati: Mandela’s office e Urban center – VIDEO

La Città metropolitana terza in Italia per unità insistenti sul suo territorio è già in gestione all’agenzia. Sono 1021 di cui 327 nella sola città dello Stretto. L’analisi della Corte di Conti: «In Italia pochi provvedimenti di riutilizzo»

Reggio, beni confiscati inutilizzati e protocolli inattuati: Mandela’s office e Urban center – VIDEO

Non sono, purtroppo, soltanto i beni confiscati e assegnati ad associazioni e cooperative ad incontrare difficoltà, spesso insormontabili, per assicurare un riutilizzo sociale durevole e la restituzione alla collettività. Il mancato riuso e la sottoutilizzazione si abbattono anche sui beni che restano in gestione agli enti locali. Anche in questo caso, gli immobili non si aprono alla fruizione collettiva e non realizzano alcuno scopo sociale.

È il caso dell’appartamento in via Diana consegnato al Comune di Reggio Calabria che aveva per lo stesso individuato la destinazione innovativa nel panorama nazionale di ufficio per la Giustizia Riparativa denominato Mandela’s Office. Il tutto formalizzato, con tanto di inaugurazione, attraverso un protocollo firmato nel 2018 e poi aggiornato nel 2022. L’atto è sottoscritto da Comune e Città metropolitana di Reggio Calabria e dal Centro per la Giustizia minorile, dunque anche con il coinvolgimento del ministero di Giustizia.

Aperto solo per pochi mesi nel 2018 ha chiuso battenti. Battenti che restano ancora oggi serrati, nonostante il secondo protocollo e il reperimento di risorse per fronteggiare le criticità che ne avevano causato la chiusura durante la prima esperienza.

Sottoutilizzato lUrban Center, pure questa una destinazione innovativa per un bene confiscato. Un altro bene in gestione al Comune della città dello Stretto. Situato nella centralissima via Campanella da anni è chiuso. Ha riaperto di recente, ma solo per qualche giorno, per offrire una segreteria durante la manifestazione della Corrireggio. Pure con riferimento a questo bene, un altro protocollo rimasto inattuato. Questa volta sottoscritto con Invitalia lo scorso anno per aprire un nuovo sportello informativo. Un altro bene sottratto al malaffare che, invece di rinascere, rimane inutilizzato, vanificando così il significato profondo della confisca dei beni ai mafiosi.

I dati dell’Agenzia nazionale Beni confiscati

La Calabria si conferma la terza regione per numero di immobili ancora in gestione, con 1841 (lo scorso anno erano 1953) in carico all’agenzia nazionale. Essa segue la Sicilia con 9125 beni e la Campania con 3349 unità.

Sempre secondo i dati di Open Regio Infoweb beni confiscati dell’Agenzia nazionale, la Calabria è poi seconda dopo la Sicilia (7725) per numero di beni destinati. Nel reggino sono 3137 (lo scorso anno erano 3098) le unità immobiliari già uscite dalla gestione. Continua a rimanere difficile la ricostruzione la mappatura dell’assegnazione e dell’effettivo riutilizzo sociale dei beni destinati.

In Calabria spiccano i terreni agricoli (660) seguiti da 238 terreni non definiti, 240 appartamenti in condominio e 200 abitazioni indipendenti e 69 box, autorimesse e posti auto.

Nel dettaglio dei territori, la città Metropolitana di Reggio Calabria è terza, dopo Palermo e Napoli, per numero di immobili confiscati ancora in gestione all’Agenzia nazionale. Risultano essere 1021 (lo scorso anno erano 1150), con 327 nel solo territorio comunale reggino.

Resta sempre seconda dopo Palermo per immobili destinati con 2200 (oltre 2100 lo scorso anno) e già usciti dalla gestione dell’Agenzia. Di questi 524 insistono nel solo territorio comunale reggino. Resta ignoto, come già evidenziato, il dato dell’assegnazione e dell’effettivo conseguente riutilizzo sociale.

L’analisi della Corte dei conti

«I provvedimenti di sequestro o confisca dei beni della criminalità organizzata sono in continuo aumento e superano costantemente i provvedimenti di riutilizzo, anche in virtù delle varie criticità rilevate». Lo afferma la Corte dei conti nella Delibera n. 34/2023/G della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato.

La magistratura contabile ha esaminato le funzioni svolte dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

«Malgrado le cospicue risorse umane e finanziarie impiegate, il volume delle informazioni raccolte sui beni sequestrati o confiscati non è ancora confluito in un sistema di dati affidabile, completo e pienamente consultabile». È quanto ha rilevato e comunicato in una nota recentemente diffusa.

Secondo i giudici contabili «gli ostacoli maggiori nel destinare a nuovo uso i beni sequestrati alle mafie sono legati alla lunghezza dei procedimenti e alla ridotta disponibilità finanziaria dei Comuni e degli enti del terzo settore. Ciò rende difficoltoso l’avvio dei progetti di reimpiego sociale delle strutture sottratte alle organizzazioni criminali. Ciò avviene soprattutto nel caso di immobili in cattivo stato manutentivo o soggetti a spese di gestione.

Anche in presenza di adeguate risorse, ha aggiunto la Corte, la scarsa conoscenza della loro esistenza e delle modalità di acquisizione costituiscono significativi elementi di intralcio al riutilizzo sociale dei beni nell’ambito delle politiche di contrasto alle mafie». È quando rileva ancora la nota della Corte dei Conti.

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