venerdì,Aprile 26 2024

Tribunale ecclesiastico: 119 cause decise nel 2019 con processo ordinario

Il bilancio dell’attività nel corso dell’inaugurazione del nuovo anno. Morosini: «L’azione pastorale nelle comunità cristiane deve preparare i giovani ad un matrimonio responsabile»

Tribunale ecclesiastico: 119 cause decise nel 2019 con processo ordinario

Tribunale ecclesiastico: 119 cause decise nel 2019 con processo ordinario. Il bilancio dell’attività nel corso dell’inaugurazione del nuovo anno. Morosini: «L’azione pastorale nelle comunità cristiane deve preparare i giovani ad un matrimonio responsabile».E sono due i dati preoccupanti che emergono, la principale causa di nullità ossia “grave difetto di discrezione di giudizio” e quella di “esclusione della prole”, la cui percentuale è raddoppiata rispetto all’anno precedente.

Nello specifico, nell’anno 2019 sono state decise 119 cause con processo ordinario a cui si aggiungono 13 processi Breviores, (2 introdotti presso la Cancelleria del TEIC, 11 nelle rispettive diocesi di appartenenza). Le cause sentenziate in totale invece risultano essere 153. La differenza tra le cause decise e quelle sentenziate è data dal fatto che alcune sentenze, notificate nel 2019, sono relative a cause decise precedentemente.
È il vicario giudiziale, monsignor Vincenzo Varone a tracciare un bilancio dell’attività, nel corso nella relazione annuale durante l’inaugurazione del nuovo anno giudiziario del Tribunale ecclesiastico interdiocesano calabro, con la prolusione del professore Dott. Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale,

«Delle 119 cause decise 114 (96%) sono state affermative – afferma Varone – matrimoni dichiarati nulli; 5 (4%) sono state negative, matrimoni dichiarati ancora validi.Le cause pendenti sono ancora 173. Tale dato evidenzia che il nostro tempo di gestione del processo è nei termini ragionevoli e le cause pendenti, di anno in anno, mantengono la linea.

Le cause introdotte sono state 134: rispetto allo scorso anno abbiamo avuto un aumento di 19 cause segno che la richiesta proveniente dalle varie diocesi diventa più evidente per la sensibilità pastorale che nelle stesse viene approntata.

In riferimento ai capi di nullità pretesi in giudizio dalle parti, quello che emerge è il sempre più crescente “grave difetto di discrezione di giudizio” che raggiunge il 55,28%, segue a ruota, in misura anche questo crescente, la “esclusione della prole” con 13,4% (rispetto allo scorso anno il dato si è quasi raddoppiato) e la “esclusione della indissolubilità del vincolo” con l’11,18%. In tendenziale aumento le cause per esclusione della fedeltà e l’errore su qualità della persona. Sono da attenzionare anche alcune cause introdotte per dolo.

«Da questi dati, al di la dei numeri, ricaviamo uno spaccato molto interessante che ci è di grande aiuto nell’azione pastorale – afferma Varone – e nella relativa attenzione da dare alla formazione dei giovani che ci chiedono di celebrare il matrimonio canonico: sempre più persone “incapaci” di gestire relazioni interpersonali, difficoltà e paura ad impegnarsi in un rapporto specifico quale quello della coniugalità, sempre meno rispetto della fedeltà e meno considerazione della tipicità del legame matrimoniale indissolubile.

Un dato preoccupante, da vari punti di vista, è il fatto che molti giovani escludono la procreazione: siamo una società che invecchia e la prospettiva della vita si fa sempre più difficile per paura delle responsabilità genitoriali e per la mancanza di risorse economiche e sociali; un popolo calabrese che diminuisce e che diventa sempre più anziano».

E ancora «La durata delle convivenze, nelle cause decise nell’anno 2018, si restringe ancora passando dai 3 mesi, durata minima, ai 33 anni durata massima. Il tempo di svolgimento dei nostri processi è stato da un minimo di 4 mesi ad un massimo di 5 anni: i tempi sono una variabile impossibile da predeterminare, ma l’intento, riuscito, è quello di accorciarli il più possibile e questa è la linea tendenziale».

Nel suo saluto, l’arcivescovo metropolita monsignor Giuseppe Fiorini Morosini sottolinea: «A nessuno sfugge come il tema di questa prolusione, La tutela dei diritti umani al servizio dello sviluppo integrale della persona, tocchi uno degli aspetti fondamentali della crisi che attraversiamo: crisi morale, sì, ma anche e soprattutto crisi di pensiero».

Da qui la necessità di «Promuovere e tutelare l’uguale dignità di genere differenziata, diviene una necessità antropologica, sociale, culturale ed economica. La donna nella famiglia, cellula della società sana, porta con sé un’incisività sua propria e quindi insostituibile, come del resto la necessità dell’identità e della presenza del padre sono due dimensioni che la stessa natura richiede necessarie per lo sviluppo delle relazioni familiari e per la stessa crescita distinta e complementare dei coniugi, della prole e della stessa società.

L’uomo e la donna nella loro sinergia di distinzione complementare sono la ricchezza per la società nei suoi vari gangli culturali, sociali, religiosi ed economici. Ciò che oggi sconcerta e mette in dubbio se si è realmente raggiunto un grado di vero sviluppo etico e di dignità della persona, sono gli infanticidi e i femminicidi.

È un diritto della persona che venga riconosciuta la sua situazione di sofferenza e si ristabilisca nella verità una situazione di libertà che consenta il passaggio a nuove nozze». Riguardo alle attività «È il compito del Tribunale ecclesiastico per quanto si riferisce al matrimonio canonico-concordatario, che non può mai essere disgiunto dall’azione pastorale delle comunità cristiane nel preparare i giovani ad un matrimonio responsabile, consapevole dei diritti e dei doveri, soprattutto in ordine alla prole che generano. Anche questo, la formazione, è un diritto della persona ricevere dalla comunità, e un dovere di questa dare. L’azione pastorale della Chiesa – chiude Morosini – circa il matrimonio si svolge attorno a questi doveri».

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