sabato,Aprile 27 2024

Coronavirus San Ferdinando, il collettivo Valarioti: «Alla tendopoli tutti i limiti dell’approccio emergenziale»

Nella disamina del collettivo: «L’impegno per ridurre lo sfruttamento lavorativo e l’esclusione dalla società passa anche da qui»

Coronavirus San Ferdinando, il collettivo Valarioti: «Alla tendopoli tutti i limiti dell’approccio emergenziale»

«Da diversi giorni la stampa locale e nazionale è tornata ad interessarsi della tendopoli di San Ferdinando. Abbiamo voluto approfondire la vicenda nella sua complessità, sin dall’inizio del nostro lavoro, recandoci sul posto per vedere e studiando i provvedimenti per capire». Così il Collettivo Valarioti in una nota.

«Vorremmo tornare sull’argomento per segnalare alcuni aspetti singolari.
Dal 17 ottobre 2020 sono in vigore ulteriori norme in materia di igiene e salute pubblica dirette a limitare gli spostamenti e a gestire l’emergenza epidemiologica nella tendopoli. In ragione di queste disposizioni – si legge nell’Ordinanza 76/2020 del Presidente della Regione Calabria – “sono consentiti, unicamente, eventuali spostamenti ritenuti essenziali”,
quindi esigenze lavorative o mediche, restando ferme le disposizioni di isolamento e quarantena per i singoli soggetti risultati positivi al Sars-Cov-2.

La tendopoli di San Ferdinando è stata allestita come soluzione abitativa transitoria nella quale oggi si trovano quasi trecento persone, molte delle quali non sono tutt’ora in possesso di documenti e (quindi) di contratto di lavoro. Tutto ciò pone sul piano logico, ancor prima che giuridico, un serio dubbio sulla possibilità, in concreto, delle persone collocate all’interno del perimetro della tendopoli di potervi uscire/entrare per provvedere
ai propri bisogni (alimentari, lavorativi, ecc) non essendo questi identificabili dalle forze dell’ordine.

Questo è d’altronde anche il motivo principale per il quale i residenti della tendopoli rifiutano di sottoporsi al tampone: in caso di positività e in assenza di regolare contratto sarebbero infatti costretti a rinunciare a giornate di lavoro per loro essenziali, vitali. Così, essendo noti i canali di intermediazione che si innescano nei casi di lavoro in nero, assistiamo al paradosso che vede da un lato tali meccanismi dell’illegalità in moto, dall’altro un insediamento continuamente presidiato dalle forze dell’ordine. Contestualmente, a seguito delle proteste, è stata verificata l’interruzione dell’attività di screening, elemento essenziale per una corretta gestione sotto il profilo della prevenzione del contagio. Ad oggi solo trenta soggetti sono stati sottoposti a tampone.

Ci troviamo difronte a uno stallo, a un paradosso portato alla luce, ancora una volta, dai limiti evidenti dell’approccio che da emergenziale si è trasformato in emergenza permanente, ora con tratti esecutivi securitari e contraddittori, non idonei a rispondere con ragionevolezza e flessibilità al momento attuale. Il fallimento è tanto più avvilente se – in modo franco – si ammette la prevedibilità dell’approssimarsi della situazione critica odierna.
Lo stallo è la conseguenza di una cattiva, o mancata gestione da parte della politica e dell’amministrazione, che coinvolge attori a tutti i livelli.
A chiunque si trovi sul suolo italiano ed europeo devono essere riconosciute condizioni di vita e di lavoro adeguate: questo è – a nostro avviso – un principio indefettibile della nostra civiltà, valido per tutti e senza distinzioni.

Pensare sia possibile, a distanza di dieci anni, trovare in tende/container la sistemazione per far vivere delle persone, pone serissimi dubbi di natura etica e sociale, a qualsiasi latitudine si verifichi un fenomeno del genere. L’impegno per ridurre lo sfruttamento lavorativo e l’esclusione dalla società passa anche da qui. Non solo dalle norme che permettono di qualificare come illecite le condotte di sfruttamento della manodopera, ma anche da un approccio politico-amministrativo sostanzialmente diverso, serio, coerente.

Strutturare un sistema diffuso che supporti l’inclusione sociale, intervenire attraverso misure di incentivo e riqualificazione sul problema abitativo, organizzare servizi di trasporto connessi alla mobilità lavorativa. Riteniamo sia tempo di offrire un’idea più chiara, il più lontana possibile dai noti pesanti slanci di propaganda somministrata con metodo e subita dal territorio, e invece orientata al pragmatismo necessario in questa fase».

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