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Aborto a Reggio Calabria, 305 casi nel 2020. Aumento del 10% rispetto a un anno fa

L'INCHIESTA | I numeri dimostrano come la città dello Stretto sia in controtendenza rispetto al resto d'Italia. Dopo il nostro speciale, il primario Palomba lancia un'idea per accompagnare le donne ad una scelta consapevole

Aborto a Reggio Calabria, 305 casi nel 2020. Aumento del 10% rispetto a un anno fa

Abortire a Reggio Calabria è una scelta che fa a pugni con tante carenze, una su tutte la carenza di consultori, psicologi, e una rete di supporto che accompagni la donna prima, durante e dopo una scelta drammatica che, al di là delle credenze di ognuno, segnerà la sua intera esistenza. Ma la carenza di strutture e informazione ha generato a Reggio Calabria un dato in contro tendenza con il resto d’Italia: mentre nel resto del paese il tasso di aborti è diminuito nel 2020 a Reggio è aumentato di circa il 10%. Abbiamo analizzato questi dati con il primario di ostetricia e ginecologia del Gom il dottor Stefano Palomba che, ospite al format del Reggino.it “A tu per tu – Oltre la notizia”, ha commentato in modo scientifico la querelle nata dai manifesti affissi in città dal movimento ProVita & Famiglia.

«Un episodio di cronaca che difficilmente può avere un impatto su quella che è la nostra attività quotidiana assistenziale se c’è un confronto può avere, invece, dei risvolti positivi e non essere solo degli osservatori.  Voglio vedere qualcosa di positivo in quello che è successo – conferma Palomba – ovvero, questa querelle ha aperto un problema che probabilmente viene considerato superato da alcuni ma, invece, è ancora molto sentito e che dovrebbe essere di volta in volta rimodulato e reinventato in base ai cambiamenti e all’innovazione e a tutti quelli che possono essere i percorsi assistenziali non soltanto per la donna che richiede l’interruzione volontaria di gravidanza».

I dati degli aborti a Reggio Calabria

Il dottore Palomba ha sviscerato dati che non possono passare inosservati. «Dai numeri in possesso del Gom, emerge uno spaccato che deve fare riflettere circa diverse problematiche che vanno dalla gestione della donna nella fase pre-concezionale a quella post-concezionale. Quando parliamo di aborto non parliamo di una minoranza clinica ma di qualcosa di clinicamente importante. Noi nel 2019 abbiamo avuto 277 pazienti che sono afferite al nostro centro richiedendo un’interruzione volontaria di gravidanza e sono aumentate nel 2020 a 305. Già questo dato ci fa capire come, sebbene in tutta Italia le realtà sanitarie mostrano un trend in diminuzione delle richieste di interruzione di gravidanza, da noi questo non succede. Noi abbiamo avuto un incremento di circa il 10% mentre in tutte le altre realtà viene evidenziata una riduzione. Questo accade perché probabilmente è scarsa l’informazione sul territorio, nelle scuole, scarsa prevenzione della gravidanza indesiderata sul territorio con i consultori, ma anche per quanto riguarda i medici curanti che sono il primo punto di riferimento della donna. Quindi, ci rendiamo conto che il dibattito di oggi è riferito a un argomento importante che ha un impatto clinico significativo».

La proposta di Palomba

Ma il confronto con le altre realtà del territorio ha fatto scaturire una proposta che sicuramente darà dei risvolti. Il dottor Palomba, infatti, ha dato la sua massima disponibilità a tenere seminari e convegni informativi nelle scuole per far conoscere i rischi ma anche le malattie sessualmente trasmissibili, una realtà che, a quanto pare, non è ben gestita nella realtà reggina guardando i numeri. Spesso, infatti, sono giovanissime le ragazze che richiedono l’interruzione di gravidanza senza conoscere le complicanze.

Meno interventi, più utilizzo di farmaci

«Se ce almeno un dato positivo di cui vado fiero – ha ribadito Palomba –  è che siamo riusciti a ridurre il tasso di procedure chirurgiche per le interruzioni volontarie di gravidanza. Ci sono, infatti, due procedure una classica di tipo chirurgico quindi in anestesia generale e con la pulizia dell’utero in maniera cruenta oppure queste nuove metodiche di trattamento farmacologico. Uno degli obiettivi nazionali era quello di ridurre il tasso di interventi chirurgici per ridurre tutte le complicanze, basti pensare a tutte le patologie endometriali dovute al cosiddetto raschiamento, tutte le complicanze di natura infettivologica e anestesiologico. Mentre nel 2019 abbiamo avuto 217 interruzioni chirurgiche nel 2020 si sono ridotte del 78% con 170.  Al contrario, mentre nel 2019 partivamo da un dato molto basso per le interruzioni farmacologiche di sole 60 procedure per arrivare nel 2020 a più 225% e abbiamo raddoppiato arrivando al 135 farmacologiche. Questo significa che noi riusciamo a fare diagnosi più precoce di gravidanza indesiderata, riusciamo ad offrire trattamenti in tempi più adeguati, considerando che il trattamento farmacologico non può essere effettuato dopo la decima settimana, quindi abbiamo un intervallo di intervento molto ristretto».

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