giovedì,Aprile 18 2024

Aborto, quali possibilità per le donne in caso di gravidanze indesiderate? Parla Mario Nasone

Il presidente dell'Agape illustra le strutture a sostegno della maternità e che possono accompagnare le donne più fragili verso la scelta più giusta

Aborto, quali possibilità per le donne in caso di gravidanze indesiderate? Parla Mario Nasone

La storia della censura dei manifesti antiaborto, al di là dei botta e risposta tra i protagonisti della vicenda, ha portato l’attenzione su un punto debole della nostra società che va ben oltre ad una battaglia ideologica di cui a farne le spese sono solamente le donne ancora una volta. Perché dire “sì” alla vita non è una bandiera che si sventola ma è un impegno concreto. Davanti alla donna con difficoltà cosa fare?

Di fronte ad una gravidanza inattesa, indesiderata, problematica la scelta può essere quella di abortire, di tenere comunque il bambino o di dare in adozione il bambino una volta nato. La città di Reggio è in grado di fornire gli strumenti ed il sostegno per compiere ognuna di queste tre scelte, affinchè la soluzione non sia frutto di forzature? Cerchiamo la risposta. Abbiamo chiesto al presidente dell’Agape, Mario Nasone, da sempre in prima linea per aiutare chi si trova in uno stato di disagio.

Strutture a sostegno della maternità e delle donne

«La risposta è comunque sproporzionata rispetto alla domanda – chiarisce – se tante donne chiedono di essere aiutate a Reggio Calabria la possibilità di poterle ascoltare ed andare loro incontro non c’è. Le uniche realtà esistenti sono i consultori pubblici che subiscono grandi smantellamenti; poi tra i privati c’è “Il centro aiuto alla vita”, associazioni di un progetto che si chiama Gemma e che, grazie al lavoro dei volontari, forniscono aiuti anche economici. Poi c’è il Consultorio diocesano, la casa accoglienza per ragazze madri, e la casa accoglienza Reghellin per madri sole e donne vittime di violenza, una piccola comunità di sei posti, creata dall’Associazione Zedakà e dal Centro Comunitario Agape, che può ospitare, per periodi limitati, che ospitano donne con problemi. Molte di loro erano donne che avevano partorito e non avevano un posto in cui andare».

La rete che manca nel Paese

La mancanza di reti e strutture a sostegno è un problema nazionale. «Dalle nostre parti però assume connotazioni più drammatiche – aggiunge Nasone – il problema principale non è arrivare al parto, ma quello che accade dopo, la crescita dei bambini, strettamente legata al futuro delle mamme. Le case di accoglienza sono, per loro natura, case provvisorie, per i mesi necessari a raggiungere l’autonomia. Ma da noi non si è mai pensato di fare i progetti di semiautonomia, come accade in altri comuni del nord. dove i comuni prevedono alloggi, e dalla casa di accoglienza, le donne transitano e fanno un’esperienza di vita autonoma, autogestita, con supporto economico e lavorativo. eppure costa molto di più tenere le donne nelle case d’accoglienza che magari aiutarle a camminare da sole».

A tal proposito «Pensiamo ad un rilancio della cooperativa “Sole insieme” che in questi anni ha creato posti di lavoro per alcune donne, che sono però troppo pochi rispetto alla domanda. Dove vanno le donne quando escono dalla casa di accoglienza? come fanno a vivere? E il bambino se lavoro a chi lo lascio? Domande preganti considerata anche la situazione degli asili nido comunali. Ostacoli che impediscono alla donne di fare la scelta di tenere i bambini».

Nell’esperienza della casa con don Calabrò sono nati ben 350 bambini, abbiamo accolto tante ragazze, portate di notte dai carabinieri, giovani che venivano buttate fuori casa dai genitori non appena sapevano della gravidanza. Ed erano tutti bambini che non avrebbero dovuto nascere, se avessimo aspettato l’aiuto dello stato non sarebbero mai nati».

Un tavolo comunale

L’Agape ha un gruppo di lavoro che lavora su questa tematica e ha aperto un’interlocuzione con il sindaco Falcomatà, con l’assessore alle politiche sociali per la creazione di un tavolo di lavoro ma concreto, che possa realmente fare qualcosa. «Ci occupiamo di violenza economica che è l’anticamera di tutte le altre violenze. L’obiettivo è creare una vera agenzia di inclusione sociale e lavorativa per le donne. Devono sapere cosa avranno se decidono di portare avanti la gravidanza. Poi decidono loro: è il loro corpo, è la loro vita».

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