venerdì,Aprile 26 2024

Demolizione dell’ospedale di Scilla, un legale per valutare i rilievi sulla struttura

Cittadini in piazza in difesa dell’ospedale. Presentata la proposta all’Asp i locali comunali per mantenere i servizi sul territorio

Demolizione dell’ospedale di Scilla, un legale per valutare i rilievi sulla struttura

«Si era capito da tempo che dietro l’ospedale di Scilla si celava un progetto di distruzione». Questo il messaggio venuto fuori dalla manifestazione che questa sera ha visto piazza San Rocco gremita di cittadini e istituzioni. Tra sindaci ed ex amministratori, in tanti sono saliti sul palco per urlare alla «vergogna» che la chiusura dello Scillesi d’America ha rappresentato.
«Se qualcuno qui sta male facciamo prima a chiamare il sacerdote non il 118». Con un sistema dell’emergenza urgenza che non fa dormire sogni tranquilli, i cittadini sono adesso preoccupati perché, senza il punto di riferimento che era l’ex nosocomio, si sentono totalmente abbandonanti e privati di ogni forma di assistenza sanitaria pubblica.

L’allarme lanciato dai cittadini

«Siamo qui per denunciare d’essere stati derubati del proprio ospedale: non ci viene più garantito il diritto alla salute e all’immediato soccorso. siamo stati oggetto di una preordinata volontà di spoliazione della nostra casa della salute». Le parole di Carolina Cardona in rappresentanza del comitato di cittadini che intende difendere l’ospedale sono risuonate in piazza ricordando una storia che dura ormai da troppi anni e che, puntualmente, si ripete.
«Undici mesi fa sono iniziati i nostri sit-in per reclamare la riapertura nelle ore notturne del Punto di Primo intervento, chiuso per mancanza di medici al pronto soccorso di Gioia Tauro. Mai avremmo immaginato che a distanza di quasi un anno ci saremmo ritrovati in questa piazza per reclamare, l’apertura dell’intero presidio sanitario scillese chiuso nel giro di 24 ore dopo il comunicato dell’Asp del 23 settembre 2022.

Eppure a dirla tutta era una cosa che da oltre un decennio aleggiava nell’aria, qualcuno persino la bisbigliava: “L’ospedale di Scilla lo vogliono chiudere”! Forse siamo stati troppo fiduciosi nelle istituzioni, oppure troppo sprovveduti… Forse è giunto il momento di non essere più né l’uno né l’altro, perchè la storia degli ultimi vent’anni ci racconta di un disegno ben definito, quasi studiato a tavolino da un giocatore di poker, che pur di vincere, sa attendere il momento giusto per tirare fuori l’asso dalla manica. Ma la domanda sorge spontanea, perchè tanto accanimento nei confronti della sanità offerta da questo territorio?


Eppure l’ospedale di Scilla avrebbe dovuto meritare un occhio di riguardo. Una realtà unica nel suo genere durante i suoi 50 anni di vita da Ospedale; in una terra arida dove da sempre gli interessi personali fanno da padrone, Scilla fu patria di altruismo e solidarietà. In altri ambienti e in altre culture, avrebbe di certo avuto il posto sul podio per umanità e fratellanza».

La demolizione

Ma il timore più grande è stato portato in risalto dal sindaco dimissionario Pasqualino Ciccone che, dopo l’ultimo incontro con la commissaria dell’Asp Lucia di Furia, ha inteso affidare al legale del comune l’incarico di accertare la veridicità dei rilievi che hanno portato alla chiusura, per scongiurare il peggio. «Come stanno adesso le cose e con i costi necessari a ristrutturalo è plausibile che lo demoliscano per costruirne uno più piccolo ma noi questo non lo consentiremo perché la storia ci insegna e noi lo sappiamo bene che se verrà demolito nessuno lo costruirà più».

La ‘ndrangheta e gli interessi nella sanità

«Dobbiamo avere il coraggio di dirlo senza timore – ha urlato Carlo Tansi – se siamo arrivati a questo è perché la ‘ndrangheta ha comprato una terra di pezzenti a 4 soldi ha comprato la sanità con i soldi della cocaina privando i cittadini di un diritto essenziale». È tornato a Scilla fuori dalle vesti politiche o dalla campagna elettorale per rimarcare quanto già evidenziato a giugno: «Qui non siamo in pianura padana, qui per spostarsi da un territorio e andare in ospedale a Reggio si muore, con strade franate, lavori in corso e continue emergenze. Non ci sono collegamenti per questo è impensabile scoprire un territorio cosi vasto».

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