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Reggio, 8 marzo di lotta per i diritti e contro il patriarcato dell’Unione donne in Italia – VIDEO

L'associazione femminista, nata ai tempi della Resistenza, si racconta attraverso la voce di due generazioni. Ancora lungo e impervio, il cammino verso una società davvero libera e giusta

Reggio, 8 marzo di lotta per i diritti e contro il patriarcato dell’Unione donne in Italia – VIDEO

«L’Otto marzo è una data importante per il femminismo, per la differenza e per tutte le lotte delle donne che hanno fatto storia anche in Italia. Un significato che necessita di essere riaffermato. E non solo rispetto a una dimensione invasa ormai dal consumismo, dunque altra e distante da quella che dovrebbe essere.

L’Otto marzo è stato defraudato della sua valenza di giornata di lotta, di quella valenza propria di giornate come il 25 aprile. Dobbiamo ricentrare l’attenzione sul percorso ancora lungo delle donne contro l’omologazione patriarcale, affinché sia tappa di un cammino di consapevolezza e rinnovo di impegno a lottare per i diritti e la libertà da consolidare ogni giorno, mai da dare per scontati». È questo il pensiero di Titti Federico, componente della segreteria nazionale dell’Udi, Unione Donne in Italia.

«Come il 25 aprile, come il Primo maggio. Come il primo giorno di primavera e come il 10 marzo del 1946 quando le donne hanno votato per la prima volta. L’Otto marzo è una giornata che ha un senso nel momento in cui hanno senso anche gli altri 364 giorni. E il senso è rappresentato dalla memoria, dalla lotta, dalla rivendicazione. E oggi anche dall’estensione dei diritti a tutte le soggettività che sono possono essere escluse o discriminate, che possono soccombere rispetto al patriarcato.

In questa ottica l’Otto marzo va assolutamente celebrato, come tutte le giornate che segnano dei passaggi storici importanti. L’Otto marzo è importante nella storia del femminismo e nella storia delle donne che sono diventate coscienza critica nella società, acquisendo la consapevolezza di essere la maggioranza degli esseri umani sul pianeta e di essere portatrici di diritti». Così la giovane attivista dell’Udi di Reggio Calabria, Laura Cirella.

La voce di due generazioni

Un Otto marzo da riscattare da una dimensione di mero consumismo. Un Otto marzo da celebrare per rinnovare l’impegno a favore della parità dei diritti. Due punti di vista, due donne figlie di due generazioni differenti, l’una accanto all’altra in un cammino comune: concretizzare nella quotidianità di ogni giorno la necessità di non dimenticare e di coltivare la consapevolezza di dover esercitare e affermare i propri diritti e di doverne ancora rivendicare altri.

Titti Federico e Laura Cirella sono due attiviste dell’Unione Donne in Italia, presente a Reggio Calabria fin da quando si combatteva per la Resistenza. Un’associazione che custodisce la storia del Femminismo di ieri e di oggi, impegnata ogni giorno dell’anno per la costruzione di una società libera dal patriarcato, ancora immanente e radicato.

Un percorso lungo, complesso e difficile che in questa data, ogni anno, riparte con quello slancio necessario per destrutturare la prevaricazione e generare uguaglianza e libertà.

Un Otto marzo di lotta

«Per noi rimane una giornata di memoria e di lotta, per nulla isolata. Infatti non ci affolliamo nel panorama degli eventi della giornata odierna perché tendiamo ad occupare tutti gli altri 364 giorni. Pratichiamo la nostra lotta contro il patriarcato tutti i giorni.

Il femminismo – prosegue Titti Federico – non ha liberato e non libera solo le donne ma anche gli uomini imprigionati dello stereotipo patriarcale. Esso fa bene a tutta la società perché estende i diritti».

L’Unione donne in Italia, muoveva i primi passi nel settembre 1944 partecipando alla Resistenza. Da subito si pose a livello nazionale come maggiore organizzazione femminile di promozione politica, sociale e culturale. A Reggio iniziò il suo cammino da subito, già dal 1944, con attività a sostegno ai più vulnerabili, ai reduci, alle famiglie e ai bambini piegati dalla guerra e dalla miseria.

Tracce dell’attività dell’Udi a Reggio Calabria tra il 1944 e il 1945 sono presenti nel ricco archivio dell’Udi reggina, alla ricerca come l’associazione di una sede in cui poter rendere tutto fruibile. Una sede che, nonostante le interlocuzioni con il Comune e con privati, nonostante la disponibilità a corrispondere anche un modico canone di affitto, non è stata ancora oggi trovata. Intanto non si ferma la sua attività. La mission dell’Udi ha ormai attraversato quasi 80 anni di storia e le diverse epoche di profonda trasformazione del nostro Paese.

I segnali preoccupanti e il grido dell’Udi

«Il nostro sguardo va dentro il nostro tempo e prende atto di scelte che continuano a non essere dalla parte delle donne. Dal cognome materno alla violenza di genere, che io definisco guerra di genere. Nonostante quest’ultima sia dilagante in Europa, non si riesce a convergere su una normativa che sia realmente dalla parte delle donne. Nella recente direttiva europea è scomparsa la definizione di stupro come rapporto sessuale senza consenso. Cosa c’è da aggiungere.

C’è poi l’urgenza del lavoro che risente moltissimo di una società patriarcale che coopta le donne che ancora non lottano e che devono acquisire consapevolezza. Occorre creare occasioni di confronto su temi di assoluta importante del femminismo della differenza e sul separatismo. Occorre intervenire anche sulle scuole per orientare la formazione delle nuove generazioni anche su questi temi. Ancora non sono considerati curriculari e da affidare ai docenti che seguono tutti i giorni le ragazze e i ragazzi.

In questa giornata, dunque il nostro non è un augurio ma un grido contro la guerra, ritenuta la massima espressione della potenza patriarcale. “Il coraggio della pace per disarmare la guerra”, recita il manifesto dell’Udi», così prosegue Titti Federico, componente della segreteria nazionale dell’Udi.

L’Otto marzo tra leggenda, storia e rivendicazioni

A cavallo tra la storia e la leggenda, questa giornata affonda le sue radici non in una sterile celebrazione di facciata ma nella profonda esigenza di libertà e giustizia. Forse l’incendio nell’industria tessile Cotton di New York dell’8 marzo 1908 in cui avrebbero perso la vita operaie segregate dai proprietari come ritorsivo per lo sciopero indetto per chiedere condizioni di lavoro e salari adeguati, fu solo immaginato. Restavano comunque le lotte che invece stavano avendo luogo e le donne che si stavano sacrificando.

Lotte portate avanti dalle lavoratrici per rivendicare il diritto ad un’uguale dignità anche professionale e retributiva. Restavano le oltre cento lavoratrici, soprattutto immigrate, che il 25 marzo 1911, negli stabilimenti della Triangle Shirtwaist Factory di New York, davvero morirono in un incendio. Erano state rinchiuse per impedire che scioperassero. Restava l’urgenza, che ancora non si è esaurita, di una giornata internazionale della Donna che rilanciasse le tante battaglie ancora da portare avanti. Essa nacque per evidenziare, in un mondo patriarcale e maschilista, che i diritti delle donne sono diritti umani fondamentali. Il 16 dicembre 1977 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite propose a ogni paese di istituire la Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne e per la pace internazionale. Molti paesi scelsero, come l’Italia, l’8 marzo che in Italia aveva già la sua storia legata alle donne.

L’unione e la sorellanza

«L’Otto marzo è anche memoria. La memoria di donne lavoratrici che hanno perso la vita in fabbrica e di quelle che ancora oggi perdono la vita sul lavoro. Proprio il lavoro, purtroppo, rappresenta ancora una grande piattaforma di rivendicazione. Le donne – spiega ancora l’attivista dell’Udi, Laura Cirella – ancora pagano il gap salariale e le discriminazioni, l’esclusione perché madri, perché donne in contesti lavorativi fortemente maschilisti e patriarcali. Il percorso è ancora lungo, probabilmente meno in salita rispetto ad altre epoche ma sicuramente non meno sfidante.

C’è però un vantaggio: nel corso delle epoche le nostre colonne vertebrali si sono irrobustite, le lotte ci hanno reso più forti e soprattutto più unite. In una società che ci vuole divisi e conflittuali, noi come donne, come Unione donne in Italia di Reggio Calabria, abbiamo scelto di essere unite e di stare insieme», prosegue Laura Cirella.

Una sorellanza che a Reggio Calabria ha radici antiche. Rita Maglio, femminista ante litteram, la prima donna del Partito comunista a conquistare uno scranno nell’assise cittadina nel 1956, madre di Silvana Croce ancora oggi anima pulsante dell’Udi, avviò a Reggio questa esperienza femminile collettiva molto intensa. Un cammino che da allora attraversa la storia della nostra comunità. A Rita Maglio è stata intitolata una strada a Gallico nel 2018.

I luoghi e la memoria

«I luoghi fanno e alimentano memoria, per questo abbiamo voluto che a Reggio Calabria la rotondetta fosse dedicata all’Otto marzo. Ringraziamo il Comune per avere accolto nel 2020 la nostra proposta. Una data che ricorda la lotta di tante donne di ieri e di oggi. Adesso siamo impegnate per un’altra intitolazione. Come per Rita Maglio riteniamo che anche all’intellettuale femminista di Reggio Calabria Adele Cambria debba essere associato a un luogo della nostra città. Da mesi raccogliamo firme per chiedere l’intitolazione del Parco Lineare Sud alla sua memoria. Siamo in attesa di poter interloquire con la commissione Toponomastica del Comune», spiega ancora Titti Federico.

L’otto marzo e la parità

In America un Woman’s day fece capolino già dal 1909. Seppure in date diverse, nel 1910 in Europa si fecero largo proposte per dedicare una giornata alle donne. La prima grande rivendicazione femminile in questa data risale al 1914 in Germania, per il diritto al voto. Seguì, nel 1917, quella organizzata dalle operaie di San Pietroburgo per chiedere il ritorno degli uomini dalla guerra e il pane. In Italia a proporla furono le donne comuniste nel 1921.

Nel ventennio fascista, tuttavia, essa fu bandita e poi ripresa nel 1945 su impulso dell’Udi. Nel 1946, su iniziativa della militante comunista Rita Montagnana e delle partigiane Teresa Noce e Teresa Mattei, venne associato il fiore gioioso della mimosa. Fu distribuito nella festa della Donna che precedette il primo voto delle donne in Italia (10 marzo 1946).

«La parità ancora oggi non è ancora stata raggiunta. O meglio è in parte formalmente raggiunta ma non lo è assolutamente sul piano sostanziale. Pertanto l’8 marzo serve ancora una volta a ribadire l’esigenza di rimuovere gli ostacoli che, come si legge nel testo bellissimo della nostra Costituzione, impediscono l’uguaglianza e la parità.

Mi piace pensare al percorso della storia delle donne come a un percorso man mano che si acquisiscono diritti si continuano a difendere e, allo stesso tempo, se ne rivendicano altri e si estendono. Mi sta molto a cuore come femminista la lotta per estendere i diritti a tutte le soggettività che oggi restano escluse, quelle che sono discriminate e soccombenti rispetto a logiche di potere. Il femminismo che pratico dentro l’Udi è un femminismo che disarticola il rapporto col potere, che lo mette in discussione. Un femminismo che coniuga il potere all’infinito, ossia come potere fare le cose, potere cambiarle e così creare una società più equa, più giusta e più libera». Così conclude la giovane attivista Udi reggina Laura Cirella.

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