Mommo Tripodi, le lotte da bracciante e sindacalista e l’impegno di parlamentare e sindaco di Polistena
«Anche se spesso lontano da casa, la sua fu una presenza costante di esempio e valori». Questo il ricordo del figlio Michelangelo che, con la sorella Tina e il fratello Ivan, anima la fondazione intitolata alla memoria del padre
«Sono orgoglioso di aver partecipato a quelle lotte, direttamente come appartenente a quella classe. Poi come dirigente sindacale della Federbraccianti-Cgil, il sindacato più forte dei lavoratori agricoli. Soprattutto come militante e dirigente del partito comunista italiano che è stato il vero animatore, sostenitore e guida ideale e politica delle battaglie per il superamento di quei vergognosi rapporti di classe. Essi erano impersonati da un padronato parassitario, composto da feudatari e latifondisti che mantenevano braccianti e contadini in un umiliante stato di sfruttamento e di oppressione. Costringevano quei lavoratori a una condizione inumana, di fame, miseria e povertà, esposti a gravi malattie e privati di ogni diritto di libertà, di giustizia sociale e di dignità.
Allora non c’erano contratti di lavoro né assegni familiari, né pensioni, né assistenza sanitaria e la scuola era un privilegio esclusivo dei ricchi, mentre la quasi totalità dei braccianti e dei contadini, soprattutto le donne, erano analfabeti».
Girolamo Tripodi, che tutti affettuosamente chiamavano e ricordano come Mommo, affrescava così l’epoca della sua intensa militanza, in vesti diverse ma sempre accanto a chi lavorava la terra con fatica. Così descriveva il contesto storico e sociale nell’introduzione al libro “Il riscatto. Girolamo Tripodi, bracciante e sindacalista, parlamentare e sindaco” (Rubbettino 2007), curato da Marcello Villari, con la collaborazione della moglie Pasqualina e dei figli Tina, Michelangelo e Ivan.
Girolamo Tripodi si è spento a Reggio Calabria all’età di 91 anni, esattamente sei anni fa, il 14 marzo 2018, dopo una vita di lotte per il riscatto di chi del lavoro aveva conosciuto solo la fatica e la negazione dei diritti.
Il lavoro della terra
Da giovane bracciante agricolo, il suo impegno politico e sindacale era maturato nella vita contadina meridionale del Secondo Dopoguerra. Quelle istanze di giustizia sociale furono sue come di tutto il popolo contadino, fatto uomini e donne, dalle gelsominaie della fascia Jonica e alle raccoglitrici di olive della Piana. Uomini e donne che conobbero, con Mommo Tripodi tra loro e al loro fianco, il
sacrificio e l’urgenza di combattere per il diritto alla retribuzione, alla pensione e alla malattia. Una dignità fatta di fatica, lavoro e speranza di riscatto.
Il partito, il sindacato e la politica
A Polistena era nato nell’ottobre del 1927. Dopo l’impegno di consigliere comunale d’opposizione negli anni Sessanta, per oltre trent’anni del Comune natio fu indimenticato sindaco. Era stato eletto nelle fila del partito comunista, al quale si era iscritto poco più che ventenne. Un impegno nel partito e anche nel sindacato della Federbraccianti Cgil, di cui negli anni Sessanta fu vicesegretario, poi segretario e componente del Comitato centrale.
Sempre negli anni Sessanta fu componente del comitato direttivo e segretario della sezione del Pci di Polistena. Dal 1960 in poi le cariche ebbero rilievo provinciale e regionale, fino a diventare vicepresidente della commissione regionale di Controllo del Pci calabrese. L’impegno nel partito e poi nella politica. Divenne primo cittadino nella sua Polistena nel 1970, poi confermato nel 1975, nel 1980 e nel 1985 fino al 1991. Poi nuovamente dal 1995, acclamato dalla sua comunità che lo poté eleggere direttamente, fino al 2005.
Giustizia sociale e difesa del territorio
Non solo le battaglie per i diritti sociali ed economici dei braccianti agricoli nel sindacato, ma anche quelle per la difesa del territorio dalla costruzione della centrale di Gioia Tauro e per denunciare il malaffare e il potere della ‘ndrangheta dilaganti.
Il suo impegno fu anche legislativo. Fu eletto in Parlamento come Deputato tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta. Successivamente fu anche senatore. La sua attività parlamentare si protrasse fino al 1994. Fu scandita dal suo contributo nelle commissioni Antimafia, Trasporti, Marina Mercantile, Poste e Telecomunicazioni, Interni e Affari Costituzionali, Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici. Il suo impegno politico proseguì nella direzione nazionale e del comitato politico nazionale del partito di Rifondazione Comunista. Poi nel 1998 nel Partito dei Comunisti Italiani di cui fu fondatore.
La scuola e l’esempio
«Proprio in ragione della sua attività politica e sindacale, spesso papà era lontano da casa. In occasione degli scioperi delle gelsominaie e delle raccoglitrici di olive, per esempio, trattandosi di sciopero a oltranza, capitava che stesse fuori anche per 15 giorni consecutivi. Si allontanava anche quando doveva recarsi a Roma da parlamentare. La vita familiare – racconta il figlio Michelangelo Tripodi – è stata un po’ sacrificata anche se lo sentivamo comunque sempre vicino. Sempre è stato un solido riferimento per tutti noi, una presenza costante in termini di esempio e valori.
Un uomo che credeva profondamente nella scuola e nell’istruzione come mezzo di riscatto personale e sociale, proprio perché lui si era dovuto fermare alla quinta elementare. Così ha voluto che noi figli invece studiassimo e crescessimo con delle possibilità. Lui non aveva conosciuto agi. Non si era arricchito con la sua attività politica, finanche parlamentare. Anche per questo fu per noi figli un fermo esempio. Il suo rigore, la sua integrità e la sua onestà lo resero un politico, un parlamentare e un amministratore unicamente votato al servizio della collettività e al bene comune». Così racconta ancora il figlio Michelangelo Tripodi, tra i fondatori del partito di Rifondazione comunista, già assessore e consigliere regionale.
Scelte di vita e sacrifici
Una vita familiare sacrificata che lo stesso Mommo Tripodi aveva sempre riconosciuto.
«Facendo un bilancio delle mie scelte ideali e del mio impegno politico, sindacale, amministrativo e parlamentare sento di dover manifestare la mia riconoscenza e la mia gratitudine ai miei figli, Michelangelo, Maria Concetta e Ivan e soprattutto a mia moglie Pasqualina che hanno compreso e condiviso una vita di sacrifici e di lotte che per un cinquantennio mi hanno costretto a restare spesso lontano da loro. Senza gli immensi sacrifici sostenuti dai miei cari sarebbe stato molto difficile compiere quelle scelte di vita di cui sono fiero», scriveva Mommo Tripodi nell’introduzione al suo libro nel 2007.
Una gratitudine che i familiari, che hanno istituito una fondazione in sua memoria, oggi traducono in una fervente attività culturale soprattutto ma non solo nelle scuole, con incontri e borse di studio. Quest’anno, il sesto anniversario della scomparsa, si caratterizza per la prima edizione del premio a personalità calabresi che abbiano dato lustro ed onore alla nostra terra, molto spesso dopo avere dovuto lasciare la nostra regione.
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