sabato,Aprile 27 2024

Rosanna Scopelliti: «La battaglia di verità sulla morte di mio padre appartiene non solo a noi familiari ma a tutto il Paese»

Tra i papà perduti per aver sacrificato il bene supremo della vita per il bene della comunità c’è anche Antonino Scopelliti, il giudice ucciso a Piale, nel reggino, nell’agosto del 1991 in un agguato mafioso ancora senza giustizia

Rosanna Scopelliti: «La battaglia di verità sulla morte di mio padre appartiene non solo a noi familiari ma a tutto il Paese»

«”Svolta nelle indagini per l’omicidio di Antonino Scopelliti”. Era il 17 marzo 2019. Sono passati 5 anni. Altri 5 anni. Aspettiamo. Ancora. E allora si, facciamo finta che la vicenda Scopelliti troverà una fine giusta». Parole che sono macigni per una famiglia distrutta oltre trent’anni fa. Parole che dovrebbero essere macigni anche per uno Stato che non è ancora riuscito a garantire verità e giustizia.

Le parole sono di Rosanna Scopelliti che deve trascorrere questa giornata, come le altre 364 di ogni anno da oltre 32 anni, nella memoria e nell’assenza del suo papà, il giudice Antonino Scopelliti che ha perso quando aveva soltanto sette anni.

Il ricordo

«Avevo imparato ad andare in bicicletta senza rotelle e, quella sera d’estate l’unico desiderio che avevo era di dirlo al mio papà. Una volta salito dal mare, dalla casa dei miei nonni paterni a Campo Calabro mi avrebbe chiamato e io glielo avrei detto. Ma il telefono non squillò perché a casa non arrivò mai». Aveva solo sette anni ma Rosanna ricorderà sempre quella giornata finita nel dolore più inconsolabile quando, invece della telefonata del suo papà, irruppe nella sua vita la notizia più terribile.

L’agguato

In località Piale, tra Campo Calabro e Villa San Giovanni, nel comprensorio di Reggio Calabria, mentre era alla guida della sua auto, il giudice Antonino Scopelliti veniva ucciso in un agguato, il 9 agosto 1991. A settembre di quell’anno avrebbe dovuto rappresentare la pubblica accusa nel giudizio di appello avverso le condanne seguite al Maxiprocesso di Palermo istruito da Falcone e Borsellino; il processo penale più imponente di sempre. Gli fu impedito.

Da sostituto procuratore Generale presso la Suprema Corte di Cassazione proprio nella casa a Campo Calabro quell’estate, Antonino Scopelliti, studiava i faldoni contenenti le carte redatte e messe insieme da Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, che subito dopo l’agguato si era recato arrivò a Campo Calabro per manifestare vicinanza ai familiari.

Un’impunità che pesa

Un delitto che a distanza di quasi 33 anni non ha ancora avuto verità e giustizia. Per questo la figlia Rosanna, una donna impegnata con la fondazione intitolata al suo papà, in occasione della commemorazione dello scorso 9 agosto ha scelto il silenzio.

L’amarezza espressa in un post

In questi giorni così si rincorrono le date: l’annuncio rivelatosi vuoto nel 2019, un’altra festa del papà senza il papà che le è stato brutalmente strappato e l’imminente giornata della Memoria e dell’impegno in cui anche il nome di Antonino Scopelliti sarà pronunciato ad alta voce unitamente a quello delle altre vittime innocenti, Rosanna affida ai social parole di grande amarezza.

«Facciamo finta che un domani potró finalmente raccontare alla mia bambina perchè il nonno è stato ucciso. Perché oggi non può abbracciarlo e farsi raccontare da lui la storia della buonanotte e perchè questa battaglia di verità, che spesso mi porta lontano da lei per giorni, appartiene non solo a noi, ma a tutto il Paese».

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