domenica,Maggio 5 2024

Mala Sanitas, condannati in appello Grasso, Tripodi e Vadalà, i medici del “reparto degli orrori”

Nell'inchiesta emerse un vero e proprio sistema di copertura degli errori medici commessi nei reparti dell’ospedale reggino. Sistema messo in atto anche falsificando le cartelle cliniche dei pazienti

Mala Sanitas, condannati in appello Grasso, Tripodi e Vadalà, i medici del “reparto degli orrori”

La corte d’appello di Reggio Calabria ha chiuso oggi il processo “Malasanitas”. La sentenza letta dal presidente Olga Tarzia in riforma della sentenza emessa in data 24 luglio 2019 dal tribunale di Reggio Calabria, ha dichiarato inammissibile l’appello del p.m. assolvendo Daniela Manunzio, Giuseppina Strati e Alessandro Tripodi perché il fatto non costituisce reato. Inoltre, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Maria Concetta Maio, Antonella Musella, Filippo Luigi Saccà, Massimo Sorace e Pasquale Vadalà per intervenuta prescrizione.


Rideterminata la pena nei confronti di Alessandro Tripodi in due anni e quattro mesi di reclusione, e di Pasquale Vadalà tre anni di reclusione. Confermata, invece, l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni nei confronti di Vadalà e revoca l’interdizione perpetua, legale e temporanea nei confronti degli altri imputati. La corte d’appello ha confermato nel resto la sentenza appellata. Una conferma, due condanne con pena ridotta, un’assoluzione e sei prescrizioni.

L’unica condanna confermata, a 2 anni e 3 mesi di reclusione, è quella dell’anestesista Luigi Grasso. In appello è stata, invece, ridotta la pena per l’ex primario del reparto di Ostetricia e ginecologia Pasquale Vadalà, condannato a 3 anni di carcere (4 anni e 9 mesi in primo grado) per aver manipolato la
cartella clinica di una partoriente il cui neonato è deceduto dopo poche ore di vita a causa di una meningite fulminante e sepsi precoce. Per lo stesso reato è stato condannato a 2 anni e 4 mesi il ginecologo Alessandro Tripodi (4 anni e 8 mesi in primo grado).

Nei suoi confronti, inoltre, è stata dichiarata la prescrizione per altri reati. Difeso dall’avvocato Giovanni De Stefano, invece, Alessandro Tripodi è stato assolto da un’altra accusa di falso. Accusa per la quale, con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, sono state assolte anche l’ostetrica Giuseppina Strati che in primo grado era stata condanna a 3 anni, difesa dall’avvocato Francesco Calabrese, e la ginecologa Daniela Manunzio. Per quest’ultima, condannata in primo grado a 6 anni e 2 mesi di reclusione, la Corte d’Appello ha dichiarato la prescrizione per tutti gli altri capi di imputazione.

Significativo è il risultato processuale conseguito dalla ginecologa Daniela Manuzio che, tra assoluzione e proscioglimento per prescrizione, ha ottenuto la piena riforma della condanna a sei anni e due mesi di reclusione comminatale in primo grado.


La Manuzio, difesa dagli avvocati Andrea Alvaro e Giuseppe Marvelli (sostituto dell’avvocato Natale Polimeni), aveva riportato in primo grado la condanna più severa, anche in ragione nel numero dei reati che le erano stati contestati, condanna detentiva cancellata adesso interamente.

Primo grado

Erano stati inflitti oltre trentasei anni di carcere ai medici degli ospedali Riuniti per quello che è stato definito il reparto degli orrori. Nello specifico, la pena più pesante era stata inflitta a Daniela Manuzio, con 6 anni e 2 mesi di reclusione. Poi le condanne a 4 anni e 9 mesi per Pasquale Vadalà, a 4 anni e 8 mesi per Alessandro Tripodi, 4 anni e 6 mesi Filippo Luigi Saccà. 4 anni di reclusione, invece, per Antonella Musella e Maria Concetta Maio. Tre anni per Giuseppina Strati, 2 anni e 3 mesi per Luigi Grasso. Assolti Annibale Maria Musitano e Mariangela Tomo.

Il reparto degli orrori


Secondo l’accusa vi sarebbe stato un vero e proprio “sistema” di copertura degli errori medici consumatisi nei reparti dell’ospedale reggino, attraverso la falsificazione delle cartelle cliniche dei pazienti. Nel corso dell’operazione, eseguita nel 2016, diversi medici furono anche arrestati e posti ai domiciliari, mentre per altri, fra cui un’ostetrica, scattò la sospensione dalla professione medica. I pubblici ministeri, avevano ripercorso tutte le tappe dell’inchiesta che aveva svelato quello che, per la stampa, fu il cosiddetto “reparto degli orrori”. Particolarmente dure furono alcune intercettazioni raccolte dagli inquirenti che contestarono ad alcuni imputati anche il reato di associazione per delinquere.

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