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Cafiero de Raho non giocava a tennis con i reggini ma ora vuole il loro voto

Nel 2017 disse che in questo territorio «non si possono avere rapporti con altre persone». Ora è nelle liste del M5S

Cafiero de Raho non giocava a tennis con i reggini ma ora vuole il loro voto

Diversi anni fa, il giornale per il quale lavoravo in quel periodo mi aveva inviato a seguire non so più che convegno a Palazzo Alvaro, sede della Provincia. Uno degli ospiti era il procuratore di Reggio, Federico Cafiero de Raho, oggi capolista del Movimento 5 Stelle in Calabria alle elezioni politiche del 25 settembre.

Ricordo che iniziò a parlare e, a un certo punto, dalla platea, un giovane manifestò ad alta voce il suo dissenso rispetto a uno specifico ragionamento – a suo dire contraddittorio – del magistrato. Cose che accadono in tutti i dibattiti pubblici. Solo che quella volta il giovane – che non aveva messo in atto alcun atteggiamento violento e non dava affatto l’impressione di poter essere un pericolo per l’incolumità del procuratore, peraltro molto distante da lui – fu subito affiancato da due uomini della scorta di CdR, che (immagino, perché non udii quello che gli dissero) gli “suggerirono” di tacere. Il giovane non disturbò oltre, e CdR, abbastanza infastidito per l’interruzione, potè infine riprendere e concludere il suo discorso senza ulteriori problemi.

Riflettei con sarcasmo sulla possibilità che esistesse una legge non scritta che vietava ai cittadini comuni di contraddire in modo aperto un magistrato. L’episodio comunque non scalfì il mio giudizio complessivo sul procuratore, integerrimo uomo di legge che nella sua lunga carriera aveva messo la firma su imponenti operazioni antimafia, a Reggio come in Campania. Tuttavia quel risibile incidente a Palazzo Alvaro non giurava certo a favore di una amabile affabilità del capo della Procura.

Successivamente, in un’intervista a Tv2000 del settembre 2017, CdR spiegò con poche e schiaccianti parole il suo modo di intendere tutti i rapporti pubblici e sociali a Reggio: «Questo – disse – è un territorio nel quale non si possono avere rapporti con altre persone». Perché, ovviamente, c’è la ’ndrangheta, che è caratterizzata da una grande «capacità di confusione, d’infiltrazione e inquinamento dei vari settori». Quindi, spiegò il procuratore, «bisogna vivere sempre da soli». Lui, CdR, non intendeva certo correre rischi, per questo aveva smesso perfino di giocare a tennis: «Non lo posso più fare, perché anche quello determina entrare in un circolo, avere rapporti con persone». Troppo pericoloso, secondo il magistrato oggi in pensione.

Pure le pietre capirono il messaggio implicito in quel convincimento. Reggio e la sua provincia erano stati evocati come territori in cui prevale sempre l’indistinto, in cui bene e male si intersecano inevitabilmente e con più frequenza che altrove; una grande zona grigia e multiforme nella quale non esistono nettezze, contorni definiti, dove non possono mai essere garantiti fino in fondo l’irreprensibilità di un cittadino, l’onestà di un imprenditore, i rapporti leciti di un politico. Chissà se il giudizio assoluto che costrinse CdR a vivere in modo isolato nel territorio sottoposto alla sua giurisdizione ebbe un qualche ruolo per il buon prosieguo della sua carriera. Di sicuro l’esperienza reggina fu il suo trampolino di lancio verso l’incarico più prestigioso di capo della Procura nazionale antimafia. Un incarico assunto nel novembre 2017 e durato fino allo scorso febbraio.

Ora Giuseppe Conte, leader del partito più giustizialista rimasto in circolazione, ha trasformato CdR in un politico a tutti gli effetti, piazzandolo come capolista in Emilia Romagna e in Calabria. La sua elezione alla Camera sembra scontata, a essere incerta è solo la regione che gli regalerà il seggio. Non è questo che importa. Importa invece che l’ex procuratore, smessa definitivamente la toga, con la sua candidatura chiede il voto a tutti i calabresi, reggini inclusi. Il paradosso sta tutto qui: lo stesso magistrato che non faceva vita sociale per non incappare in certi reggini, adesso potrebbe ricevere in dote i loro voti senza fare un plissè.

Aldo Varano, sul Dubbio, pochi giorni fa ha lanciato una mirabile provocazione: «Per De Raho andrebbe bene se non pigliasse neanche un voto. Ma nemmeno uno. Sarebbe la dimostrazione che le cosche della ‘ndrangheta si sono scatenate contro di lui e potendo controllare l’elettorato hanno impedito di votare De Raho. In questo caso l’ex procuratore reggino non dovrebbe fare i conti con la cattiveria della sua profezia ma anzi potrebbe andar fiero per non essere stato imbrattato da un solo voto reggino. Per lui personalmente sarebbe un trionfo straordinario. Nessuno potrebbe accusarlo di niente e, del resto, entrerebbe ugualmente in Parlamento».

Senza voler entrare nelle dinamiche elettorali, è bene che i reggini sappiano: ogni voto per il M5S alla Camera accrescerà la contraddizione nella quale è caduto CdR. Però, bisogna stare tranquilli: ai seggi non ci sarà alcun agente di scorta.

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