A Perfidia la svolta garantista di Di Maio: «Siamo cambiati un po’ tutti»
Attacco frontale al «partito di Conte» che candida i suoi adepti nel listino bloccato con de Raho, Scarpinato e il suo notaio. Poi la crociata sul reddito di cittadinanza: «Va modificato e io so come farlo»
Quella con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, leader di impegno civico, è sicuramente il momento clou della prima stagionale di Perfidia. Antonella Grippo per metterlo a suo agio e farlo entrare nel clima incandescente della trasmissione gli chiede la perfidia ricevuta che più sente sulla sua pelle. Di Maio ci pensa su qualche secondo: «Sicuramente vedere la mia vecchia forza politica ridotta ad un partito personale di Conte, non è una cosa bella».
Proprio Conte e quello che il ministro considera ormai l’ex Movimento 5 stelle, rimangono centrali per tutto il collegamento nonostante Di Maio affermi che di tutto hanno bisogno gli italiani tranne che sentire politici discutere tra loro. Di certo, il ministro non si sente un “traditore”: «non è che non ci sono più soltanto io lì dentro. Non è stato ricandidato Fico, non è stato candidato Di Battista, cioè tutti quelli che appartenevano a quella stagione non ci sono più, quindi quello è un partito personale in cui Conte candida il suo notaio, per esempio, quindi questo è quello che è successo».
Un concetto chiarito più tardi quando ha affermato che «quello è diventato il partito di Conte perché quando ho fatto le liste 5 anni fa, io ho fatto le liste con le parlamentarie e mi sono fatto votare dai militanti. Questa volta lì si sono fatte le votazioni on-line salvo poi creare un listino bloccato dove hanno messo i loro adepti. Poi che abbiamo messo due figure della magistratura (i magistrati Cafiero de Raho e Scarpinato, ndr), ok, ma tutto il resto, incluso il notaio di Conte, fanno parte del listino bloccato con cui hanno annullato la partecipazione civica delle persone. E non me ne sono andato solo io da quel partito ce ne siamo andati in 70 parlamentari».
La svolta garantista
Ma è l’abbandono del fronte giustizialista quello che fa più notizia. Alla domanda se occorra ancora una risposta giudiziaria per riformare il sistema, Di Maio parte da lontano: «Penso che in questo momento i problemi legati alla giustizia in Italia siano legati a investimenti che si devono fare anche grazie al Piano Nazionale di ripresa e resilienza per far funzionare meglio la macchina burocratica e la macchina amministrativa. Certo è che in tutti questi anni sono cambiate tante cose, per questo io scrissi una lettera al Foglio in cui prendevo una determinata posizione. Però il cambiamento mio non è solo mio, perché noi stiamo venendo da una pandemia e da una guerra che hanno stravolto la vita pubblica e privata degli italiani. Siamo un po’ cambiati tutti. Abbiamo affrontato delle cose, poi io non credo assolutamente agli uomini della Provvidenza che arrivano e risolvono tutti i problemi. In questo momento ci dobbiamo metterci al lavoro».
Ma l’evoluzione garantista si completa quando il Ministro ammette che «veniamo da un’epoca in cui si è utilizzato molto la giustizia per fare le campagne elettorali. C’ero anche io in quelle campagne elettorali, fortunatamente sono cambiate tante consapevolezze, e in questa campagna elettorale non sta succedendo per esempio per ora, e vale per tutte le forze politiche, quindi evidentemente qualcosa è cambiato in tutto il paese, non solo la consapevolezza di alcuni di noi».
L’impegno civico
Per il ministro questa campagna elettorale non avrebbe dovuto esserci, perché oggi andare al voto con il contorno dei problemi economici ed energetici, non è un problema dei partiti ma solo dei cittadini. Così Di Maio offre la sua ricetta: «Noi oggi siamo impegnati come Impegno civico a fare una proposta molto chiara sulle bollette. La prima è una campagna che portiamo avanti ovviamente anche come paese, che porta avanti anche un ministro degli Esteri a livello europeo come governo sul tetto massimo al prezzo del gas. Perché le bollette così costose sono speculazione, causata da Puntin ma costruita intorno ad una speculazione al cosiddetto ttf di Amsterdam che è una borsa del gas del gas che è arrivato anche a 300 euro a megawattora, mentre prima della crisi eravamo a 40 euro. Questo tetto deve bloccare la speculazione. Dopo che otteniamo il tetto massimo dobbiamo fare subito un decreto che paga almeno l’ottanta per cento delle bollette alle imprese, dal più piccolo bar alla grande azienda, e alle famiglie che rischiano la povertà energetica, e ce ne sono tante anche in Calabria. Ci sono 9 milioni di Italiani che rischiano la povertà energetica. E poi ultimo, bisogna azzerare l’Iva sui prodotti di prima necessità come gli alimentari. Questi interventi si possono fare perché lo stato sta incassando di più per effetto dell’inflazione, incassa di più dall’iva, incassa di più dalle accise, e quindi io sono qui per dire che questa proposta è finanziabile, la vogliamo sostenere».
Il voto utile per salvare il Reddito di cittadinanza
Quella sul reddito di cittadinanza è una difesa d’ufficio che ammette i limiti della misura continuando però a ritenerlo fondamentale. «Io ho fatto il reddito cittadinanza. L’ho firmato come ministro del Lavoro, lo difendo perché Giorgia Meloni in questo momento e tutto il comparto della coalizione di destra vogliono abolire il reddito. Cioè non è che lo vogliono migliorare, sistemarlo, vogliono proprio abolirlo. Quindi io l’ho fatto e io lo difendo e so anche come migliorarlo. Ma migliorarlo non vuol dire toglierlo alle persone, perché dobbiamo chiarirci molto su questo, vedo che c’è una tendenza a dire miglioriamolo e recuperiamo invece un po’ di soldi dalle persone che lo percepiscono per darlo ad altre idee che ha la destra. Ora chi vota Meloni, chi vota Salvini, chi vota Berlusconi, in questo momento sostiene di abolire il reddito. Siccome la matematica non è un’opinione l’unica coalizione che può vincere contro quella della Meloni oggi è l’unica altra esistente, che è una coalizione di cui faccio parte col Pd, +Europa e con gli ambientalisti, questo è un voto utile»
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