domenica,Aprile 28 2024

Sanità malata, Azzarà dopo i medici “imboscati”: «Non abbiamo ancora visto niente. Settore in mano a poteri forti come ‘ndrangheta e massoneria»

Il sindacalista che denunciò per primo e in solitaria la gestione dei medici dell’Asp reggina, dopo l’accesso agli atti chiede di non fermarsi e continuare a scavare e controllare

Sanità malata, Azzarà dopo i medici “imboscati”: «Non abbiamo ancora visto niente. Settore in mano a poteri forti come ‘ndrangheta e massoneria»

Medici imboscati a Reggio? Quella emersa potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. A sollevare la polvere che per anni era stata sapientemente nascosta sotto i tappeti dell’Asp reggina era stato oltre due anni fa Nuccio Azzarà che oggi, pur non ricoprendo più ruoli dirigenziali, continua quella che reputa una battaglia di civiltà.

«Sicuramente una denuncia forte. Un qualcosa che a quei tempi ha provocato diversi problemi sul piano personale e generale. Però come siamo stati sempre abituati alla base del nostro dire abbiamo messo sempre i fatti, i numeri, la consapevolezza di dire delle cose non per fare sensazione o per fare una denuncia fine a se stessa. Partivamo dal concetto che la sanità in Calabria non si poteva consentire quote così alte di medici non utilizzati per i propri compiti d’istituto. A

ll’interno del servizio sanitario nazionale i medici vengono assunti con dei concorsi pubblici per le loro specializzazione. Quindi se c’è necessità di cardiologi piuttosto che di anestesisti, di medici chirurghi si impartiscono i concorsi e si coprono quei posti. Se poi mancano cardiologi, anestesisti e medici al pronto soccorso e addirittura si arriva al paradosso di dover attingere ad altre nazioni per poter utilizzare medici allora qualcosa non va». A distanza di anni e di un accesso agli atti, il tempo ha dato ragione a quella denuncia ma il percorso non sembra essere concluso.

La necessità di una verifica accurata delle inidoneità

«Ringrazio l’onorevole Tavernise che sta dimostrando coraggio nel portare avanti questa battaglia ma deve portarla fino in fondo. Quando si parla di medici non utilizzati non si parla solo di medici inidonei per patologie o con delle limitazioni. Poi quelle inidoneità o limitazioni bisogna vedere se sono vere, verosimili o presunte. Bisogna controllare e ci sono i mezzi per verificarle, ci sono le commissioni apposite. Per cui si può stabilire se una patologia ad esempio è perennemente ed esenta un medico dal lavoro notturno o se rinunciamo anche all’utilizzo di medici che sono perfettamente idonei. Medici che invece di fare gli oculisti fanno altro. Che invece di fare i cardiologi fanno altro. È chiaro che poi vengono fuori i numeri esorbitanti. Ancora non abbiamo visto nulla perché se si va a fondo questo numero è destinato a crescere».

E a muovere il sindacalista a sollevare il caso dei medici “imboscati” furono i dati che ancora oggi lo Svimez conferma. Si parla di pazienti oncologici che ancora oggi sono destinati a ricorrere alla cure in altre regioni. Si parla del 42,8% della popolazione. E peggio ancora chi rinuncia alle cure. Per Azzarà si tratta di fenomeni cosi elevati che non si può passare sopra sul fatto che «gente che non fa più il Medico fa altro. Di fronte a una sanità così talmente malata altro che slogan “Calabria alzati”. Di che Calabria stiamo parlando?». E con l’autonomia differenziato il dato evidenziato potrebbe addirittura peggiorare. E anche se ad Azzarà alzare quel tappeto che nascondeva numeri impressionanti è costato tanto oggi torna a ribadire che anche all’interno dei sindacati bisogna fare autocritica.

Il tempo dell’autocritica dei sindacati

«Ci saranno prese di posizioni importanti dove si parla di come il lavoro sanitaria sia usurante e quant’altro. Io mi preoccuperei gerarchicamente prima del paziente e dei cittadini dopodiché mi preoccuperei della salute dei lavoratori. Forse ho fatto una sorta di inversione di tendenza da sindacalista. Parlare delle categorie altrui è facile. Mi facevo la domanda come mai ancora oggi il sindacato non viene fuori su materie importanti come questa e parlavo e dicevo ma che per caso c’è un sistema di privilegi per cui si va a contrabbandare la pace sociale con qualche prebenda? Era una domanda la mia però dicevo che il sindacato se vuole essere credibile deve assolutamente spogliarsi di questo.

Lo dice ancora oggi il mio segretario nazionale Pierpaolo Bombardieri che i sindacalisti non stanno nei palazzi. Devono uscire fuori e stare con la gente, se la devono anche ‘sfasciare’ con i politici. Non devono assolutamente avere dei termini di compensazione all’interno del sindacato. Quindi, lo ribadisco, se c’è qualcuno che è messo fuori posto è giusto che vada a lavorare. Non si può parlare solo dei medici».

Un’autocritica che ai tempi, e probabilmente anche oggi, non passa inosservata. E anche a livello sindacale la volontà di Azzarà di lasciare l’incarico dopo questa forte denuncia non è passata inosservata. «Se qualcuno guarda all’interno di uno spaccato della nostra società quale può essere anche quello sindacale nota che c’è qualcuno che ragiona si muove, denuncia in continuazione corruzione e male affare. Stiamo parlando di sanità, di 3/4 miliardi di euro che pesano sul bilancio della Regione Calabria. Parliamo del 70% del bilancio.

Impegno e credibilità

E siccome siamo a conoscenza che all’interno della sanità si va per bande armate, poteri forti, ‘ndrangheta e massoneria è chiaro che il sindacalista nel momento in cui esce con denunce di questo tipo che possono avere anche grandi interesse all’interno dell’autorità giudiziaria si gioca la sua credibilità. Crea un paragone con altri che hanno altri modi di fare sindacato che possono essere anche legittimi però sono modalità di stare sul territorio, di essere scomodi. Bisogna parlare il linguaggio della verità altrimenti non si è credibili».

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