Reggio, il carcere di Arghillà compie dieci anni tra traguardi e criticità – VIDEO

La Guardasigilli, del governo Letta, Annamaria Cancellieri, lo ha inaugurato esattamente dieci anni fa. Nel caldo luglio del 2013 (proprio il 23 luglio) ha iniziato, infatti, a operare il carcere di Arghillà. Il secondo di Reggio Calabria dopo lo storico istituto penitenziario Giuseppe Panzera, noto come San Pietro.

Destinato a detenuti di media sicurezza, esso ha iniziato ospitando circa 200 detenuti a fronte di una capienza complessiva di oltre 370 posti. Oggi, tuttavia, il carcere sta attraversando un difficile periodo di sovraffollamento.

Il sovraffollamento

La garante per i diritti delle persone detenute del Comune di Reggio Calabria, Giovanna Russo, in occasione della sua recente relazione, ha messo in luce dei dati. A fronte di una capienza di 377 persone detenute, i posti occupati erano al primo maggio scorso 369 e al 30 giugno 397, con un picco raggiunto il 9 giugno scorso con 402 di persone ristrette. Rispetto allo stesso periodo del 2022, la popolazione detenuta risulta superiore del 25%.

Oggi la situazione non pare migliorata. E certamente questa condizione preoccupa anche alla luce dell’atavica carenza di personale di polizia penitenziaria. Una criticità che riguarda anche l’altro carcere reggino. Entrambi sotto un’unica direzione affidata in questo frangente a Giuseppe Carrà che ha stigmatizzato come «i due istituti siano carenti di almeno di 100 agenti». Una carenza che genera insicurezza in un contesto in cui non sono mancati negli anni le aggressioni agli agenti medesimi e i suicidi, purtroppo non sempre sventati, di persone detenute.

La carenza di agenti di polizia penitenziaria

Nel carcere di Arghillà sono soltanto 121 gli agenti, di cui 18 donne. Nello specifico 2 commissari, 45 amministrativi e soltanto 74 sono gli agenti assegnati a reparti detentivi. Il sottosegretario alla Giustizia con delega al trattamento dei detenuti, Andrea Ostellari, di recente in visita a Reggio ha annunciato interventi per sanare queste carenze diffuse in tutto il Paese.

Le questioni strutturali

L’istituto penitenziario era nato con destinazione di casa de reclusione (detenzioni superiori a 5 anni ed espiazione di pena definitiva). È stato subito trasformato in casa circondariale (detenuti in attesa di giudizio o condannati a pene inferiore a cinque anni). Dunque, nonostante la relativa giovane età, richiederebbe degli interventi per esempio sul fronte del rafforzamento dei cancelli e della «video sorveglianza di vecchia generazione per l’80%». Come ha rilevato la garante comunale Giovanna Russo nella sua relazione.

Sanità penitenziaria

Ci sono però già delle buone notizie sul fronte sanitario. Grazie al tavolo interistituzionale sulla sanità penitenziaria voluto dalla stessa garante Russo, e grazie alle fruttuose sinergie istituzionali in primo luogo con l’asp e la direttrice Lucia Di Furia, la carenza di personale medico è stata superata. Dal primo maggio è stata ripristinata l’assistenza medica h24. Un traguardo importante mentre si attende il superamento delle altre criticità.

Un traguardo reso possibile dall’implementazione del personale. Un coordinatore sanitario, un dirigente medico, 6 medici di guardia medica, 12 specialisti, 12 infermieri, un operatore socio sanitario e nuovi specialisti (ortopedico, otorino, psicologo, neurologo, endocrinologo, dermatologo). Incrementare le ore di fisiatria e gli accessi dall’oculista e dal dentista.

L’albero di Falcone e la panchina rossa

Fuori dal carcere dallo scorso settembre cresce la talea del Ficus che campeggia in via Nortarbartolo a Palermo, davanti alla casa di Giovanni Falcone. Cresce nell’aiuola della legalità interamente realizzata dalle persone detenute. È la prima piantata in un carcere. La messa a dimora della pianta è anche avvenuta ad opera degli stessi detenuti, su iniziativa dell’ufficio Garante comunale dei Diritti delle persone detenute.

Dallo scorso 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, nella stessa aiuola della legalità anche la panchina rossa. L’iniziativa è stata dell’Ufficio distrettuale di esecuzione penale esterna (Udepe) di Reggio Calabria. Un segno significativo di partecipazione della popolazione detenuta, solo maschile nel carcere di Arghillà dove esiste la sezione Sex offender, riservata a uomini che hanno commesso reati a sfondo sessuale), al percorso ci sensibilizzazione della società civile contro ogni forma di violenza contro le donne.

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