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Ponte sullo Stretto, il 2024 è l’anno clou della mega infrastruttura: sarà favola o realtà?

Secondo il cronoprogramma del Governo la volontà di costruire la mega opera di collegamento tra Calabria e Sicilia dovrebbe concretizzarsi con l’apertura dei primi cantieri e gli espropri

Ponte sullo Stretto, il 2024 è l’anno clou della mega infrastruttura: sarà favola o realtà?

Numeri esorbitanti, cronoprogrammi e spot politici. In realtà è dal 1870 che il Ponte sullo Stretto continua a far parlare di sé e ciclicamente torna a essere protagonista delle agende di Governo che, in ogni occasione si sono trovate a fare i conti con il nodo cruciale che riguarda le cifre del progetto.

Un salto nel passato

Nessuno sa con esattezza quanto sono costati questi decenni di progettazioni, studi e false partenze. Nel 2009 la Corte dei Conti ha stimato che soltanto nel periodo 1982-2005 siano stati spesi quasi 130 milioni di euro. Altre stime portano il costo totale a circa 600 milioni di euro. Ma siamo arrivati tra corsi e ricorsi all’anno del Signore 2024. L’anno che secondo il vice premier leghista Matteo Salvini sarà l’anno del Ponte. In realtà tutto il 2023 ha consegnato centinaia di comunicati, progettazioni e nel caso specifico vere e proprie resurrezioni. Proprio così perché il Ponte sullo Stretto sembrava essere stato definitivamente archiviato. E invece no, canterebbe Laura Pausini.

Così come l’araba fenice è risorto dalle ceneri per volontà di un Governo di centrodestra che in mono univoco da Roma arrivando in Calabria e Sicilia ha detto si alla mega opera. Indebolito il fronte del No ma non del tutto sopito, la lotta tra favorevoli e contrari è ripresa così come negli anni d’oro. Era il 2011 quando Berlusconi inaugurò a Villa San Giovanni il primo cantiere che ha regalato quello ribattezzato ad oggi come l’ecomostro di Cannitello. Un’intubata ferroviaria al momento totalmente inutile rimasta li in attesa del ponte che non c’è. Almeno per ora considerando che Salvini sull’inizio dei lavori non ha dubbi. Questo ponte sa da fare. E con una legge passata dalle camere fermare il sogno di Berlusconi non sembra più cosa possibile. Anche se, secondo i nopontisti la valutazione dell’impatto ambientale potrebbe ancora ribaltare le carte e frenare nuovamente la corsa al ponte. 

Impatto ambientale 

Da Bagnara a Villa San Giovanni e, in egual misura su tutto il versante messinese, la terra continua a franare, dando chiari segnali sulla fragilità di questi territori afflitti da un dissesto idrogeologico imperante. Eppure, nonostante frane e terremoti di diversa natura abbiano messo a dura prova le popolazioni delle due sponde dello Stretto, uno degli argomenti più frequenti del dibattito politico continua a essere il Ponte sullo Stretto.

Proprio adesso è utile rimettere sotto i riflettori il punto in assoluto più conteso e che ha scomodato legioni di esperti e ispirato dozzine di volumi: l’elevato rischio sismico che caratterizza i comuni interessati e la resistenza o debolezza della gigantesca opera sospesa. Da più di 20 anni, la fazione dei contrari continua a domandarsi se, visti i precedenti, non sarebbe meglio lasciar perdere. I meno disfattisti e più propositivi, invece, continuano a chiedersi perché, le energie e i soldi pensati per il Ponte non possano essere reinvestiti per mettere in sicurezza un litorale che continua a franare e le tante abitazioni, scuole, ospedali e luoghi pubblici che di norme antisismiche ne conoscono ben poche. 

La favola

Alla lunga e intrigata “favola” del Ponte sullo Stretto hanno contribuito il fior fiore degli ingegneri, italiani e stranieri, pronti a progettare un ponte anti-sisma. Ma ogni geologo e sismologo che si sia approcciato al progetto ha avuto le sue remore, tutti pronti a confermare e smentire allo stesso tempo. 

Insomma, dopo 50 anni passati a raccontarci di un ponte che non c’è, quel che sarebbe utile capire è come la Calabria e la Sicilia collegate dall’ipotetica struttura sospesa, reagirebbero in caso di sisma. Ma se il confronto tra sostenitori e detrattori può che far bene alla discussione, ciò che semina forti dubbi, è la volontà riportare alla luce un simile progetto. Soprattutto alla luce degli interrogativi scaturiti, ad esempio, dalle continue morti sulla Ss 106.

Gli espropri 

Le amministrazioni regionali e locali interessate dalla costruzione dell’opera hanno ottenuto, rispetto al passato, una interlocuzione con il Governo che, però, continua a fare da padre padrone. E a Villa San Giovanni è già incubo espropri. Le due città dello Stretto, infatti, dovranno fare i conti con gli avvisi che nei primi mesi di questo 2024 arriveranno gettando i cittadini coinvolti nel panico. Quanto vale una casa? I ricordi? Gli affetti e i legami? Come saranno risarciti da questa scelta? Questo sarà il primo capitolo che le amministrazioni dovranno affrontare nell’anno appena iniziato.

I fondi

Intanto dal Governo arrivano rassicurazioni sui fondi che, fino alla fine sono stati il vero cruccio del sogno di Salvini. Nella legge di Bilancio vengono confermate le risorse per far partire il cantiere per la grande opera voluta dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini: stanziati 11,630 miliardi fino al 2032, anno fissato per il termine dei lavori, per finanziare l’intero piano dell’opera. Ma la cifra seppur invariata è stata rimodulata da un emendamento del governo che quindi ha ridotto l’impegno a carico dello Stato «scaricandolo» sul Fondo di sviluppo e coesione. Circa 2,3 miliardi di euro saranno perciò presi da lì e però ne faranno le spese le regioni del Sud cui quei fondi sono destinati. Così Sicilia e Calabria, regioni interessate dal Ponte, si troveranno a dover «cedere» 1,6 miliardi di euro per finanziare una parte dell’infrastruttura. Per il 2024 vengono stanziati 780 milioni per avviare i primi lavori.

Dunque, con un ponte che continua a tenere banco e a interessare diverse schiere di politici e non solo, i pareri si accavallano e si contraddicono. Un dato rimane certo tanto in Calabria quanto in Sicilia, e se è vero che la storia insegna non dovrebbe essere ignorato: abusivismo edilizio e dissesto idrogeologico la fanno padrona in una zona ad altissimo rischio sismico. Che il ponte resista o meno a un terremoto, l’interrogativo rimane insoluto: è davvero questo ciò di cui l’Italia ha bisogno? 

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