giovedì,Aprile 25 2024

‘Ndrangheta, in manette 23 presunti affiliati alle cosche Piromalli e Mancuso

L’operazione coordinata dalla Dda di Bologna è stata eseguita in diverse province, tra le quali Reggio Calabria a Vibo. Sequestrati beni per 30 milioni di euro

‘Ndrangheta, in manette 23 presunti affiliati alle cosche Piromalli e Mancuso

Una vasta operazione contro le cosche Piromalli di Gioia Tauro e Mancuso di Limbadi è stata eseguita in diverse province d’Italia dalla guardia di finanza. Il coordinamento delle indagini è della procura di Bologna e ha riguardato 23 persone e ha portato anche al sequestro di conti correnti, beni immobili e quote societarie per 30 milioni di euro. I dettagli dell’operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa, che si terrà alle ore 12, nella sede del comando provinciale della guardia di finanza, in Bologna.

L’inchiesta ha preso le mosse dal monitoraggio di cospicui investimenti immobiliari e societari riconducibili a soggetti di origine calabrese. Secondo la procura sarebbe stata così fatta luce su infiltrazioni nel tessuto socio-economico dell’Emilia Romagna di organizzazioni criminali di stampo mafioso radicate in Calabria. Nell’operazione è rimasto coinvolto Francesco Patamia, 35enne di Gioia Tauro accusato di essere il collettore degli investimenti illeciti dei clan.

Le indagini sono state eseguite dagli specialisti del Gico della guardia di finanza di Bologna, con il supporto dello Scico. I presunti investimenti illeciti, molti dei quali avvenuti in piena emergenza epidemiologica da Covid-19, avrebberoriguardato nel tempo esercizi commerciali ubicati principalmente lungo il litorale romagnolo e in diversi settori economici, tra cui l’edilizia, la ristorazione e l’industria dolciaria. Dopo mesi di complesse investigazioni sarebbe emersa la presenza nel territorio regionale di piccoli gruppi di matrice ‘ndranghetista, ognuno dei quali guidato da personalità di spicco, con propri interessi economici e, soprattutto, provvisto di legami con diverse famiglie e mandamenti della casa madre in Calabria, spesso menzionati nelle varie conversazioni captate.

Grazie al ricorso a indagini tecniche, telefoniche e ambientali, oltreché all’esame di oltre un centinaio di rapporti bancari, è stato documentato un vorticoso giro di aperture e chiusure di società che, formalmente intestate a soggetti prestanome, venivano utilizzate come mezzo per riciclare denaro ovvero per consentire l’arricchimento dei reali dominus, il tutto mediante sistematiche evasioni fiscali perpetrate per lo più attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture false, sovente preordinate al trasferimento di ingenti somme di denaro e al compimento di vere e proprie distrazioni patrimoniali, con palese noncuranza delle possibili conseguenze in termini di procedure fallimentari.

Quegli illeciti si sarebbero consumati in un contesto criminale connotato da ripetuti episodi di intimidazione e minacce, oltreché, in alcuni casi, di vere e proprie violenze ai danni degli imprenditori che si sono rifiutati (o hanno tentato di farlo) di aderire alle richieste dei sodali.

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