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«Non ho approfondito singolarmente i parametri, i dati, le domande che hanno scaturito quel sondaggio lì, dico oggettivamente che questi tipi di sondaggi sulla qualità della vita incrociano sempre dati molto complessivi. Di certo non è un dato sulla città, anche se mi pare di capire che c’è una narrazione che vuole che quel dato della qualità della vita sia localizzato su Reggio Calabria, e invece è su tutta la provincia».
Così il senatore e segretario regionale del Partito democratico Nicola Irto ha inteso commentare la recente polemica, innescata dal sindaco Giuseppe Falcomatà, sull’ultima classifica sulla qualità della vita de “IlSole24Ore”. Lo ha fatto all’interno di un nuovo spazio che come redazione de ilreggino.it ci stiamo ritagliando nel variegato mondo dei social attraverso un nuovo format dal titolo “A tu per tu”, in cui ospiteremo, proponendolo ai nostri lettori, personaggi noti e meno noti impegnati in vari campi. Spazieremo dalla politica, alla sanità, dal sociale allo spettacolo, senza dimenticare l’opinione dei cittadini che per certi versi deve rappresentare la bussola per chi siede nelle stanze dei bottoni.
E chi siede nelle stanze dei bottoni sa che i problemi ci sono e spesso resistono anche alle cure più ostinate, come nel caso della classifica sulla qualità della vita, sulla quale Irto ammette che «oggettivamente ci sono territori che oggi affannano in maniera drammatica, e che probabilmente hanno gli indicatori più bassi d’Italia. Quindi se quel dato lo guardiamo in tutta la provincia probabilmente qualcuno di questi dati impatta anche con la realtà drammatica di quei luoghi. Sulla città io vedo oggettivamente un cambio di passo, vedo che anche in maniera positiva si sta arrivando alla consegna alla collettività di tante importanti opere pubbliche e questo è sempre una buona notizia. Quindi vedo un dato molto positivo anche in considerazione del fatto che qualcuno pensa che le opere pubbliche si facciano da sole, ma bisogna pensarle, progettarle, appaltarle, insomma è un processo molto lungo che oggi però vede la luce e vedo a Reggio che c’è una certa attenzione verso questo sviluppo e finalmente si raccolgono i frutti di qualche anno di semina».
Segretario, qual è lo stato di salute del Partito democratico, secondo lei ha risposto alla “ri-generazione” lanciata con la sua elezione nel 2022? Due anni sono sufficienti per un primo bilancio
«Se dovessi valutare rispetto alle scadenze elettorali, devo dire che in Calabria abbiamo avuto degli ottimi risultati. Abbiamo rivinto Reggio, abbiamo vinto Cosenza, abbiamo vinto Catanzaro, e abbiamo vinto dopo più di 20 anni Vibo, a guida Partito Democratico. Insomma siamo riusciti anche a queste latitudini dove eravamo abituati a ben altre performance, ad avere dei grandi risultati alle amministrative. Per non parlare anche di altri comuni sopra i 15mila abitanti in cui abbiamo ottenuto grandi risultati. Ma soprattutto siamo riusciti a livello regionale a tirare fuori anche un pezzo di classe dirigente nuova che riesca a discutere dei temi, e questo è un tema sul quale io insisto molto: mai era venuta un’iniziativa politica di programma come avvenuto in questi ultimi due anni per noi. Penso alla Conferenza programmatica di Soveria Mannelli, penso alla riapertura molto imponente delle nostre feste, dei dibattiti in tutta la regione, penso agli Stati Generali della Montagna che abbiamo fatto sul Pollino che è stato un evento nazionale. Ecco, la Calabria almeno per il Partito Democratico, è tornata a essere centrale rispetto ai temi con uno sguardo nazionale. In qualche misura abbiamo detto, proviamo anche dall’opposizione a dire che la Calabria torna a parlare a livello nazionale. Perché se dovessi guardare anche alle ultime elezioni europee, abbiamo visto un governo Nazionale che quasi quasi si è vergognato di venire in Calabria, a parte qualche apparizione, ma senza parlare di nulla di concreto perché loro hanno effettivamente delle debolezze sul tema infrastrutturale, su cui non c’è un impegno, cioè l’imbroglio del Ponte sullo Stretto, non ci sono iniziative di sistema e penso all’uscita del commissariamento di questa Regione dalla sanità. Noi abbiamo provato a dire rimettiamo al centro i temi, discutiamo, chiamiamo le forze sane, le forze imprenditoriali, le forze sociali, a venire a discutere con noi così come abbiamo fatto e proviamo a lavorare, pezzetto dopo pezzetto, ad un programma politico».
Giudizio dunque positivo il suo…
«A questa latitudine il Pd queste cose non le ha mai fatte. Abbiamo risolto i problemi? Assolutamente no. C’è un grandissimo e imponente lavoro da fare, soprattutto c’è da tornare protagonisti su alcuni territori con l’iniziativa politica, ma sono convinto che se si mette a sistema e a rete questa attività che dicevo prima con il patrimonio amministrativo, perché abbiamo un numero enorme di amministratori locali che per noi rappresentano un’energia locale molto forte, possiamo disegnare un Partito Democratico e una Calabria diverse e migliori per il futuro».
Dopo l’annuncio della ricandidatura del presidente della Regione Roberto Occhiuto, anche nel centrosinistra si è cominciato a muovere qualcosa, con una serie di sindaci che hanno dato la loro disponibilità ad impegnarsi, da Stasi a Falcomatà passando da Fiorita e non ultimo Caruso. Come giudica questa vivacità?
«Intanto è una vivacità sicuramente positiva che noi abbiamo e altri non hanno. Significa anche che abbiamo amministratori che sono stati eletti nelle urne, non nominati, non cooptati, ma che hanno vinto le elezioni, governano, si sporcano le mani e i piedi ogni giorno per governare le difficoltà che le amministrazioni vivono in tutta Italia, figuriamoci in Calabria. Non credo, invece, serva il tema del partito dei sindaci, serve la costruzione di un’alternativa vera e profonda alla destra, e che ci sia un protagonismo dei sindaci credo che sia una cosa utile e giusta, e il loro impegno sarà un impegno utile alla battaglia che noi avremmo per le regionali e anche le politiche successive. Insomma un partito, una coalizione, un’alternativa a questo tipo di destra, che è una destra populista che anche sul piano nazionale si contrasta con un collettivo ampio. Non si può contrastare solo con i dirigenti di partito, con i parlamentari, con i sindaci, con i consiglieri regionali, tutti vanno messi a reddito. Quindi i sindaci, il loro impegno, l’essere anche loro un pezzo del cammino importante per le battaglie che avremmo davanti, rappresentano un patrimonio politico forte che noi vogliamo non solo mantenere, ma rilanciare e “usare” in senso positivo»
Torniamo a Reggio. Il Viminale sembra aver indicato per la primavera 2026 il ritorno alle urne. Conferma? Ci dà se ci sono notizie più puntuali in merito?
«Per me non è stata una novità, anzi mi appare curioso che c’è chi, nel centrodestra, voglia ancora continuare a dire che si vota prima, forse per provare a tenere insieme le truppe. Io ho sempre dato per scontato che la scadenza naturale era alla primavera 2026, perché per logica è sempre stato così. Se un’amministrazione va a finire in un momento in cui non sono previsti turni ordinari, si è sempre andato a quello successivo. Mi pare che il Viminale abbia un po’ confermato una cosa abbastanza scontata, quindi non sono stato né sorpreso né tantomeno avevo bisogno di dire il contrario per fare tatticismo. Cioè se ci sono poche cose che dovrebbero unire tutti, sono la data del voto e le grandi questioni che riguardano i nostri cittadini. Se anche su quella si prova a speculare è un errore clamoroso. Quindi, avremo una lunga e importante campagna elettorale nella città più grande della Calabria»
La Gallico Gambarie – anche se inaugurato con ritardo – in qualche modo ha dimostrato che l’unione fa la forza. Lei crede sia possibile un patto per la città che al di là della normale dialettica politica aiuti Reggio a risollevarsi?
«Sarebbe auspicabile anche nella misura in cui ci sia da parte del governo nazionale un impegno verso la città più grande della Calabria, che fino ad ora non c’è stato. La Gallico-Gambarie è stata sicuramente una buona notizia ma figlia di tutte le amministrazioni, di destra e di sinistra. Sono passati talmente tanti anni che per forza ci hanno lavorato tutti. È comunque un’opera importante e imponente, un’opera anche complessa nella sua realizzazione dal punto di vista orografico e infrastrutturale, però dà il senso che quando non si guarda al colore politico vuol dire che su quell’opera lì si è riusciti a mettere assieme il tema della priorità del bene supremo dei cittadini, che avevano bisogno di un collegamento tra il mare e la straordinarietà della nostra montagna.
Quindi un “patto per la città” sarebbe auspicabile e noi lo abbiamo chiesto spesso negli anni scorsi, ma a volte ci siamo riusciti a volte no. Il tema è capire che per il bene di questa città che è la città più grande della Calabria – che spesso viene vista come una città che non ha speranza e futuro, che ha dei problemi strutturali che non si riescono a risolvere – ci sono intelligenze e capacità, una struttura anche intellettuale, probabilmente anche nascosta, che bisogna raccogliere, svegliare e rilanciare per raccontarla meglio all’Italia e al mondo».

