Dal richiamo di Ciucci sulla fine nel 2033 dell’insularità della Sicila all’annuncio della protesta nazionale a Messina con oltre ottanta sigle, lo Stretto diventa campo di battaglia politica, economica e culturale di un Paese che guarda a sud con idee opposte
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Da una parte il mare che separa, dall’altra un Paese che continua a interrogarsi su come superarlo. Nel mezzo, una giornata che rimette il Ponte sullo Stretto esattamente dove è sempre stato: al centro di una frattura politica, culturale e identitaria che divide più dello Stretto stesso. Oggi a Roma, sabato 29 novembre in piazza a Messina. Due scene contrapposte ed un’unica domanda: che futuro immaginiamo per quel tratto di acqua che da secoli divide - e unisce - Sicilia e Calabria?
Nella Capitale si è discusso di prospettive. L’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, audito dalla Commissione bicamerale sull’insularità, ha rilanciato la visione del Governo con toni ambiziosi e definiti. Secondo lui l’opera non è solo ingegneria o mobilità, ma un cambio di status territoriale. «Il ponte supera il concetto di insularità per una regione con 5 milioni di abitanti», ha detto, legando infrastruttura e cittadinanza come se fossero la stessa cosa. Poi numeri, obiettivi, proiezioni: «Il costo annuale dell’insularità è di circa 6,5 miliardi di euro pari al 7,4% del PIL regionale». E ancora: «Nel 2033, con il completamento dell’opera, si aprono scenari del tutto nuovi» in termini di qualità della vita, di mobilità, di produttività.
Per Ciucci il ponte sarebbe un filo d’acciaio che ricuce due rive, ma anche due economie. Riduzione dei tempi di percorrenza - un’ora per i mezzi privati, fino a tre per i treni - continuità ferroviaria, approdo dell’alta velocità. Il tutto dentro la cornice europea del corridoio Scandinavo-Mediterraneo, lì dove Bruxelles vede una linea che dall’estremo Nord del continente arriva fino a Reggio Calabria e Messina, e da lì vorrebbe proseguire. «Una grande infrastruttura del territorio per il territorio, e al tempo stesso una grande opera per il Paese e per l’Europa», ha ribadito. Visione, orizzonte, promessa.
Eppure, mentre a Roma si ragiona di futuro, sulla scrivania della Corte dei Conti il dossier resta aperto. Il visto sulla delibera CIPESS non è ancora arrivato, e senza quel passaggio l’avvio dei cantieri resta sulla carta. Ciucci dice di essere ottimista: «Siamo fiduciosi e determinati a ottenere una registrazione piena nella convinzione di aver operato nel rispetto delle norme». Matteo Salvini, nelle scorse ore, ha parlato di «motivazioni attese in settimana» e di «partenza dei lavori a inizio anno» se tutto si allinea. Ma la distanza tra le intenzioni politiche e gli atti contabili resta più larga di quanto il Governo preferisca ammettere.
Ed è proprio in questo spazio sospeso che nasce la contro-narrazione. Perché mentre le istituzioni cercano formule giuridiche, sulla sponda dello Stretto c’è chi prepara megafoni, striscioni e un corteo. AVS-Sinistra Italiana Reggio Calabria aderendo alla manifestazione dei cugini messinesi non usa giri di parole nel suo comunicato: «Nonostante le bocciature della Corte dei Conti allo scellerato progetto del Ponte sullo Stretto, il Governo dichiara di voler andare avanti». E ancora: «Meloni e Salvini tentano di buttare fumo negli occhi con la storia del ponte», dopo «promesse non mantenute su accise, pensioni, blocco navale e mille altre». Qui il Ponte, per molti, non è emancipazione, ma distrazione. Non sviluppo, ma speculazione politica. Non futuro, ma rischio.
L’obiezione non è solo economica o paesaggistica, è identitaria. «Noi siamo contro il ponte e a favore dello Stretto», scrive il partito, capovolgendo prospettiva e linguaggio. Non una terra da collegare, ma un luogo da custodire. «Lo Stretto è patrimonio dell’umanità intera», aggiungono. Qui il mare non divide: tiene insieme.
Ed è per questo che sabato 29 novembre a Messina sfilerà una manifestazione nazionale. Più di ottanta sigle, provenienti da tutta Italia. Appuntamento alle 13 a Villa San Giovanni, imbarco Caronte, arrivo a piedi fino a piazza Castronovo. Uno slogan già definito: «No al ponte, sì allo Stretto».
Il Ponte divide ancor prima di esistere. Forse la vera domanda non è quando verrà costruito, ma chi deciderà cosa deve diventare lo Stretto. Tra aule parlamentari, carte contabili e piazze che si riempiono, la risposta - oggi - non è affatto scontata.

