«In Italia, la legge 194, ogni giorno subisce attacchi politici, culturali e istituzionali: da chi vuole decidere sui nostri corpi, da chi nega la libertà di scelta, da chi finanzia organizzazioni antiabortiste con fondi pubblici. È così che i nostri corpi vengono ridotti a strumenti riproduttivi e la nostra autodeterminazione continuamente minacciata. Qualche giorno fa è stata la Giornata internazionale dell’aborto, occasione per ricordare che, non è un “male necessario”, ma un diritto inviolabile». È quanto dichiara in una nota Caterina Muraca, responsabile questioni di Genere partito di Rifondazione comunista Calabria.

«Ospedali interi con il 100% di obiettori, accesso alla RU486 limitato, consultori ridotti a sportelli medicalizzati e senza personale.

Si parla spesso dei consultori come “non solo abortifici”. Un titolo che, se non contestualizzato, rischia di trasmettere l’idea che l’aborto sia “un male” da ridimensionare. Ma ridurre l’accesso all’aborto ad una fabbricazione seriale – come suggerisce il suffisso “-ficio” – significa svilire le libertà individuali. L’aborto è una pratica medica ed un diritto fondamentale, non un prodotto industriale. I consultori non sono né “abortifici” né semplici ambulatori: sono spazi politici, collettivi, che devono rispondere ai bisogni reali di tuttə, incluse le persone trans e non binarie che ancora oggi la sanità continua ad escludere.

Michelle Williams, ai Golden Globes 2020, ha detto: «Sono grata per aver vissuto in un momento della nostra società in cui esiste la possibilità di scegliere, perché come donne e come ragazze possono accadere cose al nostro corpo che non sempre sono una nostra scelta. (…) Non sarei stata in grado di scrivere la mia vita di mio pugno senza il diritto di scelta». Le sue parole ci ricordano che la libertà di scelta è la condizione stessa per vivere pienamente le nostre vite, non una concessione temporanea.

Non si tratta di ideologia: le basi sono scientifiche, culturali e sociali, radicate nel diritto all’autodeterminazione. I piani su cui l’aborto dovrebbe poggiare sono quelli della sanità e del welfare, non della propaganda. E i media hanno grandi responsabilità: parlare di Ivg usando immagini di gravidanze ad otto mesi, trattare la questione come un tema divisivo, significa fornire assist agli antiabortisti. Le narrazioni contano: perché i corpi si controllano anche attraverso le parole. E mentre si discute all’infinito come se fosse tutto materia di opinione, il tempo per cambiare davvero le condizioni di vita delle persone viene sottratto; e non tutto è negoziabile. Negare i diritti non è un’opinione: è una violenza.

L’attacco all’aborto e alla salute sessuale e riproduttiva, è parte di un sistema patriarcale, razzista, coloniale e guerrafondaio che vuole imporre ruoli, e sfruttare i corpi. La stessa propaganda che proclama la sacralità della vita contro il diritto all’aborto, è quella che sostiene guerre e genocidi».