Alla presenza del comandante provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, il generale di Brigata Cesario Totaro, avrà luogo questa mattina la commemorazione del 48°anniversario della morte dell’appuntato Stefano Condello e del carabiniere Vincenzo Caruso, barbaramente assassinati l’1 aprile 1977 a Taurianova, in quello che passò alla storia come la strage di Razzà.

Ecco il programma: alle ore 10 la deposizione di una corona d’alloro presso la piazza Condello-Caruso di Taurianova, alle ore 10.30 la santa Messa presso la chiesa Matrice e alle ore 11:30 la deposizione di un cuscino di fiori presso il cippo eretto sul luogo dell’eccidio sito in contrada Razzà di Taurianova.

L’auto sospetta

Lungo la strada statale 101 in contrada Razzà, nel comune di Taurianova, nei pressi di un casolare di proprietà del pregiudicato Francesco Petullà, sostano alcune autovetture, tra cui spicca quella di Girolamo Albanese, un altro pregiudicato della zona noto per avere favorito numerosi latitanti. Questo lo scenario che il primo aprile 1977 desta l’attenzione dell’appuntato Stefano Condello (47 anni) e dei carabinieri Vincenzo Caruso (27 anni) e Pasquale Giacoppo (24 anni), in servizio nell’aliquota Radiomobile della compagnia di Taurianova.

I militari dell’Arma si fermano a controllare. Quella scelta dettata dal dovere ha un epilogo drammatico. Il sospetto che in quel casolare stia accadendo qualcosa si rivela più che fondato.

Il summit interrotto

È in corso un summit di ‘ndrangheta al quale partecipano undici esponenti di spicco della Piana di Gioia Tauro, intenti a discutere dei subappalti del promesso Quinto Centro Siderurgico di Gioia Tauro e a decidere spartizioni delle tangenti e nell’indotto degli investimenti immobiliari. Quella scoperta da parte dell’Arma scatena un violento scontro a fuoco in cui quattro persone rimangono uccise. Tra queste anche i militari dell’arma Stefano Condello, originario di Palmi nel reggino, e Vincenzo Caruso, originario di Niscemi in provincia di Caltanissetta

In pochi secondi, una strage. La famiglia Avignone di Taurianova, una delle più aggressive nella provincia reggina, subisce la perdita di due componenti Rocco Avignone, 35 anni, e suo nipote, Vincenzo, di anni 20. Sopravvissuto allo scontro a fuoco il carabiniere Pasquale Giacoppo, inizialmente rimasto a guardia dell’autoradio, che nulla ha potuto fare per salvare i colleghi dopo avere sentito il fragore degli spari.

La ‘ndrangheta in evoluzione

Sono gli anni in cui si delinea anche la fitta geografia delle cosche della Tirrenica, della Jonica, dell’Aspromonte, della città di Reggio Calabria. Le stesse che oggi sono arrivate al Nord, oltre confine e oltre oceano e che dai sequestri di persona e dal contrabbando di sigarette sono approdate al traffico di droga e di armi, al riciclaggio di denaro sporco, alle infiltrazioni nell’economia e nelle amministrazioni pubbliche.

La vicenda processuale si è conclusa in primo grado nel 1981 con condanne per oltre 200 anni complessivi di carcere, trenta dei quali comminati al boss di Taurianova Giuseppe Avignone.

Medaglie d’oro al valore Militare

I due carabinieri, vittime nell’adempimento del loro dovere, sono stati insigniti della Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla memoria”. L’appuntato Condello è stato insignito di Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla memoria” con la seguente motivazione:

«Capo equipaggio di autoradio, notate alcune autovetture — di cui una appartenente a pericoloso pregiudicato — che sostavano nelle adiacenze di casolare isolato, dopo aver lasciato all’esterno un dipendente carabiniere, vi si introduceva senza esitazione e, affrontato da due malviventi, ingaggiava violenta colluttazione, riuscendo a disarmarli delle pistole che impugnavano. Raggiunto da colpi di fucile da caccia da parte di altri malfattori sopraggiunti, sosteneva, con l’arma in dotazione, cruento scontro a fuoco ferendo gravemente uno degli aggressori. Benché colpito in parti vitali, non desisteva dal suo fermissimo, eroico comportamento, fino a quando, stremato, si accasciava al suolo ove veniva barbaramente finito. Esempio luminoso di attaccamento al dovere spinto fino all’estremo sacrificio».

Il carabiniere Vincenzo Caruso è stato insignito di Medaglia d’Oro al Valor Militare “alla memoria” con la seguente motivazione:

«Componente dell’equipaggio di autoradio, lasciato di vigilanza all’esterno di casolare isolato nel quale si era introdotto per controllo un graduato capo servizio, interveniva subito per dare man forte al superiore, fatto segno a numerosi colpi di arma da fuoco da parte di pregiudicati, ingaggiando con essi, con coraggio e consapevole ardimento, un cruento scontro a fuoco. Benché gravemente ferito, persisteva nell’azione uccidendo due malfattori fino a quando, privo di forze, si accasciava, stremato, al suolo, dove veniva barbaramente finito».