martedì,Aprile 23 2024

Caso Miramare, «Falcomatà dominus e ideatore. Ingiusto vantaggio a Zagarella, serviva gara pubblica»

Le motivazioni della sentenza con cui il Tribunale di Reggio Calabria ha condannato il sindaco e parte della prima giunta: «Debito di riconoscenza di Falcomatà a Zagarella». Marcianò ritenuta inattendibile. E rimangono lati ancora oscuri

Caso Miramare, «Falcomatà dominus e ideatore. Ingiusto vantaggio a Zagarella, serviva gara pubblica»

Giuseppe Falcomatà può essere qualificato come «dominus dell’intera vicenda ed ideatore del progetto di affidamento diretto del Miramare all’amico Zagarella, sia nella sua veste formale di sindaco, e dunque di soggetto che riveste la più alta carica all’interno della Giunta comunale, sia nella sua veste sostanziale, quale agente direttamente interessato all’approvazione della delibera Miramare, alla cui votazione ha partecipato non solo in violazione di legge, alla stregua degli altri imputati, ma anche in spregio all’obbligo di astensione su di lui gravante alla luce dei rapporti intrattenuti con lo Zagarella».

Si esprime così il Tribunale di Reggio Calabria nei confronti del sindaco sospeso Giuseppe Falcomatà e degli assessori della sua prima giunta nelle motivazioni della sentenza per il caso Miramare, depositate in queste ore e con le quali si è sancita la condanna degli amministratori reggini, raggiunti poi da provvedimento di sospensione.

Nello specifico, con la decisione del 19 novembre scorso, Falcomatà è stato condannato a un anno e 4 mesi di reclusione, mentre Giovanna Acquaviva, Saverio Anghelone, Armando Neri, Rosanna Nardi, Giuseppe Marino, Giovanni Muraca, Agata Quattrone, Maria Luisa Spanò, Paolo Zagarella e Antonino Zimbalatti sono stati condannati a un anno di reclusione.

Non fu modello partecipato o “mala gestio”

Secondo il collegio presieduto da Fabio Lauria, «lungi dal poter liquidare la presente vicenda – come pure suggerito da alcune difese nel corso dei propri interventi conclusivi – quale esercizio di un modello partecipato di amministrazione o, al più, quale forma “sciatta e superficiale” di gestione della cosa pubblica, si è al cospetto di un’ipotesi che a parere del collegio può essere definita paradigmatica del delitto di abuso d’ufficio, alla luce della solidità degli elementi ricavati dall’espletata istruttoria dibattimentale, nonostante le strettoie imposte alla fattispecie incriminatrice in esame dalla richiamata novella normativa del 2020».

Non ha dubbi il Tribunale reggino: «Gli odierni imputati erano soggetti altamente qualificati; hanno scientemente violato, nell’esercizio delle proprie funzioni, una pluralità di specifiche norme di legge che imponevano loro regole di condotta non discrezionali; hanno arrecato, tramite una delibera comunali, un vantaggio patrimoniale ad un amico del sindaco, procurando intenzionalmente allo stesso un’utilità suscettibile di valutazione economica, con correlativo danno ingiusti per i terzi potenzialmente interessati all’affidamento del Miramare».

“Il Sottoscala” velo del reale beneficiario

È un’analisi molto articolata quella effettuata dai giudici reggini. Si soffermano molto anche sul ruolo dell’associazione “Il Sottoscala” che viene definita come «niente più che un velo che copriva il reale beneficiario dell’operazione».

Un concetto che, a giudizio del Tribunale, può desumersi da una serie di indici inequivoci: le dimensioni estremamente esigue dell’associazione e la pressoché totale “inesperienza” della stessa, specie a fronte dell’assegnazione (sia pure parziale ed in via temporanea) di un “gioiello di famiglia”, il cui recupero e la cui valorizzazione erano state poste dal sindaco al centro del proprio programma politico ed avevano costituito una delle priorità dell’intera maggioranza; la totale assenza di verifiche sulla capacità economica e funzionale dell’associazione, specie considerando i lavori che erano stati prospettati per la rimessione in pristino della struttura e gli eventi che l’ente si proponeva di organizzare; la totale assenza di verifica sulla composizione sociale dell’associazione e, conseguentemente, in merito alle singole persone che la componevano; la totale assenza, più in generale, di una qualsiasi forma di istruttoria svolta dall’ufficio competente, in relazione alla delibera in esame prima dell’approvazione della relativa proposta».

Sono dati che appaiono significativi, scrive il Tribunale, anche alla luce del fatto che tutti gli imputati, tranne Falcomatà, hanno riferito di non aver mai sentito parlare dell’associazione “Il sottoscala”. Non si tratta, dunque, di una mera «sciatteria politico-amministrativa», ma una «perfetta consapevolezza che dietro “Il Sottoscala” si celasse Paolo Zagarella, amico del sindaco, delle cui capacità economico-imprenditoriali, oltre che della relativa assoluta assenza di pregiudizi penali o vicinanza con ambienti legati alla criminalità organizzata, tutti erano sicuri». È netto il collegio: «Solo la certezza che il Miramare non sarebbe finito “nelle mani sbagliate”, infatti, giustifica la totale assenza di attività istruttoria svolta per l’approvazione della delibera da parte degli uffici competenti».

Zagarella al Miramare senza titolo

Anche sul fronte della presenza dell’imprenditore Zagarella all’interno della struttura sita sulla via Marina alta di Reggio, i giudici sono trancianti: «A prescindere che lo Zagarella fosse stato sorpreso all’interno dei locali del Miramare in data 1 luglio o 29 luglio, la circostanza che lo stesso stesse effettuando dei lavori all’interno dell’immobile prima ancora che la delibera fosse stata pubblicata (il che è certo considerando che la delibera venne pubblicata all’albo pretorio solo il 5 agosto 2015), appare indice alquanto significativo della corsia privilegiata accordata allo stesso Zagarella, quale amico del sindaco». Né furono adottati atti che diedero esecuzione alla delibera, motivo per il quale «la presenza di Zagarella era, anche al 29 luglio 2015, completamente sine titulo, ed illegittimi erano gli interventi che lo stesso stava ponendo in essere su un immobile di pregio storico-artistico, in assenza del necessario nulla osta della Soprintendenza. Altrettanto grave appare la circostanza che lo Zagarella, sempre prima della pubblicazione della delibera, avesse la disponibilità delle chiavi dell’immobile, proprio al fine di poter effettuare liberamente lavori e sopralluoghi». Zagarella, insomma, viene individuato quale «concorrente morale nel reato in esame, essendo il beneficiario dell’atto illecito posto in essere dagli altri correi, dovendo ritenersi che abbia determinato al reato il sindaco Falcomatà Giuseppe, proponendogli l’iniziativa riguardante il Miramare, successivamente sfociata nella proposta del 10 giugno 2015».

Serviva una gara pubblica

Anche sul fronte del rispetto formale della legge in merito alle modalità con cui mettere a bando il Miramare, i giudici sostengono che «non può che concludersi che dovesse necessariamente applicarsi la normativa ai tempi fissata dal Codice degli Appalti e che, quindi, fosse precipuo obbligo del Comune di Reggio Calabria quello di indire immediatamente una gara pubblica, cosa che non venne fatta, invece, solo in un secondo momento, a seguito del tumulto generatosi in città a seguito dell’emersione della vicenda poi confluita nel presente procedimento. Né può sostenersi che il requisito normativo in parola fosse soddisfatto per la presenza nel bando della cd. “Estate reggina 2015”».  

Il debito di riconoscenza di Falcomatà

Secondo il collegio presieduto da Fabio Lauria, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, può ritenersi che quello di concedere a Zagarella un immobile di pregio della città al fine di organizzare evento, «possa essere qualificato come interesse “proprio” del sindaco. Ciò in quanto è indiscutibile che il primo cittadino, oltre ad avere un rapporto di amicizia con Zagarella, avesse nei confronti dello stesso anche un “debito di riconoscenza”, in quanto: suo sostenitore politico; compagno di una donna che si era candidata alle elezioni amministrative del 2014 in una lista civica a sostegno della sua candidatura a sindaco, ottenendo 332 voti; soggetto che gli aveva concesso in due circostanze, a titolo gratuito e senza la necessità di sottoscrizione di un contratto, al fine di farne una segreteria politica, un grande immobile di proprietà della madre, sito nella centrale via Possidonea, in occasione delle tornate elettorali del 2011 e del 2014». Situazione, questa, che non portò Falcomatà alla decisione di astenersi, in quanto non ritenne, il primo cittadino, che vi fossero cause tali da dover determinare una scelta simile.

Il vantaggio economico di Zagarella e dell’associazione

Ci fu anche un vantaggio economico per l’associazione “Il Sottoscala”. Così affermano i giudici reggini. Tramite la delibera Miramare, infatti, si è «verificato un accrescimento della sfera giuridica soggettiva dell’associazione “Il Sottoscala” (oltre che dello stesso Zagarella), ciò sia in termini di ritorno di immagine e di curriculum per il prestigio che l’ente aveva acquisito avendo la possibilità di organizzare eventi all’interno di un edificio iconico della città di Reggio Calabria, sia, soprattutto, per la possibilità di avere l’immediata disponibilità dei locali del Miramare. Ciò senza considerare che l’organizzazione degli eventi culturali all’interno del Miramare, prevedeva espressamente la possibilità di richiedere un corrispettivo per il biglietto d’ingresso, oltre all’allestimento di una zona bar per la vendita di bevande e cocktails e l’opportunità di ottenere delle sponsorizzazioni per gli eventi, tutte potenziali fonti di ulteriori introiti di carattere economico».

Una situazione che, a parere del Tribunale, integra tanto il vantaggio ingiusto (affidamento diretto e contra legem), quanto il danno ingiusto, in quanto «l’attribuzione in via diretta dell’immobile ad un amico del sindaco, abbia precluso, in assenza di una procedura ad evidenza pubblica, a tutti i potenziali aspiranti di concorrere all’assegnazione dell’immobile».

Nessuno scopo pubblicistico

«Non può sostenersi in alcun modo – conclude il Tribunale – che nella vicenda di cui ci si occupa il fine pubblicistico sullo sfondo costituisse l’obiettivo esclusivo o primario degli agenti: se così fosse stato, nessuna difficoltà avrebbero gli stessi trovati ad indire immediatamente una procedura ad evidenza pubblica, in modo tale da poter affidare l’immobile al miglior offerente – e non in via diretta e privilegiata ad un amico del sindaco – cosa che poi fu effettivamente fatta dopo circa due mesi a causa del clamore che si era nel frattempo sollevato attorno all’affidamento diretto del Miramare ed al conseguente passo indietro del Comune rispetto alla delibera n. 101».

Racconto della Marcianò non attendibile

È nella parte relativa al reato di falso (per il quale vi è stata assoluzione), che i giudici si soffermano sulle dichiarazioni di Angela Marcianò, ex assessore comunale e grande accusatrice di Falcomatà, anche lei condannata in primo grado con giudizio abbreviato per la vicenda Miramare.

Ebbene, alla luce degli elementi raccolti dall’istruttoria dibattimentale, i giudici ritengono che «le dichiarazioni della Marcianò non solo non sono positivamente riscontrate ma risultano, al contrario, in diversi punti, caratterizzate da riscontri “in negativo”. Va sottolineato che tali riscontri negativi riguardano aspetti centrali della presente vicenda, quali la presenza della Marcianò alla seconda parte della seduta di Giunta del 16 luglio 2015 e la conoscenza in capo all’assessore della pubblicazione della delibera avvenuta il 5 agosto 2015».

Non vi fu reato di falso

Quanto alla retrodatazione della delibera, che sarebbe scaturita dalla necessità di giustificare la presenza di Zagarella all’interno dei locali del Miramare, «la ricostruzione effettuata dal pm non è condivisa dal Tribunale, in quanto gli indici menzionati non sono idonei a ritenere accertata, con il coefficiente di certezza processuale imposto dal vigente sistema penale, che la delibera n. 101 fu approvata in un diverso dal 16 luglio 2015. I richiamati avvenimenti, infatti, sia presi singolarmente che letti nel loro complesso, non forniscono la priva che venne effettuata una retrodatazione del giorno di approvazione della delibera, poiché la quasi totalità degli stessi ha un significato quanto meno ambiguo».

I lati oscuri ancora esistenti

Per il Tribunale esistono ancora dei lati oscuri: «Non è emersa con nitore, in particolare, la dinamica dei fatti accaduti il giorno della seduta di Giunta del 16 luglio 2015. Se, come si è detto, non può essere ritenuta attendibile la teste Marcianò, unica accusatrice degli odierni imputati rispetto al delitto di falso, d’altro canto anche le versioni rese dagli imputati nel corso degli esami e degli interrogatori non è apparsa pienamente convincente».

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