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28 dicembre 1908, a Reggio e a Messina la terra tremò sollevando lo Stretto

Una catastrofe naturale che causò decine di migliaia di vittime, soprattutto sulla sponda siciliana. I primi a soccorrere furono i marinai russi di cui entrambe le città dello Stretto hanno memoria

28 dicembre 1908, a Reggio e a Messina la terra tremò sollevando lo Stretto

«Al grande cuore dei marinai russi, la città di Reggio Calabria in ricordo dell’eroico intervento della Marina Russa durante il terremoto in Calabria e Sicilia, il 28 dicembre 1908».

I popoli di Reggio e di Messina sono la gente dello Stretto unita in quell’alba infernale del 28 dicembre 1908 nel dramma del terremoto e nella gratitudine alla Marina Russa. E infatti la precedente versione della targa recitava: «Al grande cuore dei marinai russi. La gente dello Stretto riconoscente. In ricordo dell’eroico intervento della Marina Russa durante il terremoto calabro-siculo del 28 dicembre 1908».

Questo il messaggio riportato sulla stele che ritrae un marinaio russo con una bimba in braccio, con alle spalle lo Stretto, quieto dopo la tempesta, e solcato dagli incrociatori russi giunti per primo a soccorrere le popolazioni.

Posizionata dentro la villa comunale Umberto I di Reggio Calabria ricorda questo momento drammatico e questo slancio di grande solidarietà che arrivò da oltre confine prima che dall’Italia.

Accadde a Reggio come a Messina dove sul lungomare un altro monumento ritrae il soccorso prestato dai russi, definiti «eroi di misericordia e abnegazione», a donne e bambini rimasti sotto le macerie.

L’apocalisse nello Stretto

In trentasette secondi un’apocalisse nello Stretto. Messina e Reggio Calabria, in gran parte già rovinosamente segnate il sisma del 1783, distrutte dal terremoto e dal maremoto nell’alba del 28 dicembre 1908. L’orologio si fermò alle ore 5:20:27.

Di intensità pari a 7,20 gradi della scala Richter (XI Mercalli), la scossa infernale ebbe epicentro nel reggino tra Archi e Ortì Inferiore.

La catastrofe naturale europea per numero di vittime e italiana per dimensioni più grave mai registrata a memoria d’uomo e paragonata alla devastante eruzione del Vesuvio del 79 d.C. narrata da Plinio il Giovane.

Noto come il terremoto di Messina, per le perdite nettamente più numerose che la città subì e per il crollo del 90% dei suoi edifici, (case, scuole, chiese, caserme, ospedali, stazione).

Nel reggino la terra tremò dalla costa all’entroterra, da Palmi a Melito Porto Salvo ed il mare investì la costa da Punta Pezzo fino a Capo D’Armi.

L’accaduto, inizialmente sottovalutato, non ebbe un’eco immediata e i soccorsi si fecero attendere.

I russi i primi ma poi anche inglesi, svizzeri e norvegesi

I primi aiuti ad arrivare non furono quelli dell’Italia monarchica, guidata da re Vittorio Emanuele III di Savoia e dalla regina Elena di Montenegro, ma furono stranieri.

Nelle rade entrarono le navi russe, tra cui l’incrociatore Aurora, la cui bandiera è stata ammainata nel 2012 per divenire oggi un museo. Poi arrivarono anche le navi britanniche.

Non solo russi e inglesi ma, tra gli altri, anche svizzeri e norvegesi furono molto vicini alla popolazione sfollata con la costruzione baracche e l’invio di moduli abitativi collocati lungo le vie che oggi portano ancora il nome di via Villini Svizzeri e via Villini Norvegesi.

Storie di solidarietà ancora vive nella memoria della comunità, come in quella del quartiere collinare di Cannavò, precisamente a Riparo. Fino al 2007 la chiesa-baracca di Santa Maria del Riparo, costruita dopo il sisma del 1908 ha accolto ogni giorno e per oltre un secolo i fedeli della comunità che di essa hanno avuto amorevole cura.

Sullo stesso sito dal 2012 sorge la nuova chiesa di Santa Maria della Neve. Ma di quella storia e di quelle lamiere resistenti, donate dai norvegesi al popolo reggino in un momento di buio e disperazione e a lungo capaci di offrire calore e protezione, oggi la comunità ancora serba ricordi molto significativi.

L’Italia invece…

I soccorsi italiani, disposti in occasione della riunione del Consiglio dei Ministri, guidato da Giovanni Giolitti, furono tardivi. Un fatto che non passò inosservato e che destò anche polemiche. Ombre, inoltre, si consolidano con il passare del tempo circa l’inerzia del governo Italiano non solo nei soccorsi ma anche nella difesa della popolazione stremata da azioni di sciacallaggio, ruberie e saccheggi.
A commetterle non sarebbero stati certamente gli inglesi o i russi, che davvero e subito soccorsero e che sono ancora oggi giustamente ricordati con profonda gratitudine tanto dai messinesi quanto dai reggini.

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