La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio il decreto di confisca da circa 400 milioni di euro disposto nei confronti dell’imprenditore pugliese Antonio Ricci, titolare della Oia Services Ltd, la società che gestisce il marchio Betaland nel settore dei giochi e delle scommesse online. La decisione, adottata dalla Quinta sezione penale, rimette in discussione uno dei provvedimenti più rilevanti dell’inchiesta “Galassia” sull’infiltrazione della ’ndrangheta nel gaming digitale.

Il provvedimento, emesso nel gennaio 2024 dal Tribunale di Reggio Calabria e confermato in appello lo scorso novembre, riguardava l’intero compendio aziendale di tre società, due trust a Malta con i relativi portafogli finanziari, rapporti bancari e disponibilità assicurative.

Tuttavia, secondo la Suprema Corte, i giudici di merito non hanno dimostrato in modo sufficiente il collegamento tra le attività illecite e l’origine del patrimonio. «Non è stato possibile sceverare – scrivono i giudici – l’apporto di componenti lecite da quello imputabile a condotte illecite. Ciò non basta a fondare un percorso dimostrativo, invece necessario, in ordine alla pericolosità generica, idoneo a giustificare la conferma del sequestro dei beni».

Accogliendo il ricorso dell’avvocato Gaetano Sassanelli, la Cassazione ha inoltre evidenziato un «difetto di perimetrazione cronologica tra manifestazione della pericolosità e acquisizione dei beni confiscati», soprattutto in riferimento a quei cespiti patrimoniali accumulati da Ricci prima del periodo 2012-2018, al centro del procedimento “Galassia”.

«Il ragionamento dei giudici della prevenzione – si legge ancora nella sentenza – appare corretto fin dove si valorizza la condanna per associazione a delinquere del 9 luglio 2024, ma non può estendersi retroattivamente a beni acquisiti in epoca precedente».

Il fascicolo torna ora alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, che dovrà riesaminare il caso e valutare nuovamente la sussistenza dei requisiti per la confisca.